Info sharing e interoperabilità, così la PA può gestire l’emergenza

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Come stanno rispondendo le amministrazioni all’esigenza di definire e implementare sistemi integrati di governo della
sicurezza del territorio e delle infrastrutture critiche? Il tema, in un’ottica di integrazione di soluzioni
organizzative, procedurali e tecnologiche, è stato al centro del dibattito promosso da FPA il 4 aprile a Roma, che ha visto la partecipazione di Consip, AgID, Ministero dell’ Interno, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Regione Lazio, Sogei e Dipartimento della protezione Civile

5 Aprile 2017

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Eleonora Bove

Interoperabilità, ricerca e condivisione delle informazioni: questi i punti principali emersi dall’incontro “Tecnologie ICT a supporto del crisis management”, organizzato da FPA in collaborazione con Huawei, presso il Museo MACRO di Roma.

L’evento è stato occasione di confronto tra i rappresentanti della PA centrale maggiormente coinvolti nella definizione di politiche e strategie di sviluppo di infrastrutture digitali e i responsabili dei sistemi informativi: Olindo Rencricca, responsabile progetti per l’Agenzia Digitale di Consip e Francesco Tortorelli di AgID hanno aperto il dibattito illustrando le attuali iniziative e i prossimi step. Da una parte il Piano Triennale AgID di prossima pubblicazione, che definisce il percorso di attuazione del “Modello Strategico di evoluzione del sistema informativo della PA”, all’interno del quale verranno classificate le spese per amministrazione o categorie di amministrazioni in coerenza con gli obiettivi da raggiungere. Dall’altra la gara SPC Cloud di Consip, che prevede Servizi di identità digitale e sicurezza applicativa e Servizi di interoperabilità dati e cooperazione applicativa. Azioni che definiscono le infrastrutture cardine di un nuovo modo di gestire i processi pubblici. Accanto a loro, ad illustrare le opportunità offerte dalla tecnologia, Alessandro Cozzi, Country Director, Italy Enterprise Business Group Huawei.

Alla discussione sono intervenuti inoltre Mario Nobile del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Fabrizio Rauso di Sogei, Davide Pozzi del Ministero dell’Interno, Stefano Calabrese, dirigente responsabile servizio informatica e sistemi per le comunicazioni del Dipartimento della Protezione civile e Carmelo Tulumello, direttore agenzia regionale di protezione civile del Lazio.

La premessa ha trovato tutti concordi: l’amministrazione dell’emergenza, che ricordiamo include molte e varie operazioni, dall’accertamento della situazione alla ricerca e salvataggio fino alla messa in sicurezza, comporta azioni ad alto contenuto scientifico e tecnico, ed è per questo che la relazione con la tecnologia, soprattutto quella di ultima generazione, diventa sempre più stretta.

Tuttavia la tecnologia non può fare tutto sola, la predisposizione di precisi “piani di emergenza” che verifichino puntualmente la vulnerabilità degli edifici, in caso di disastri naturali, ma soprattutto delle infrastrutture intese come sistemi, reti e funzioni di servizio rimane un fattore fondamentale. Quindi l’elemento culturale e una precisa organizzazione dei processi possono trovare nella tecnologia un fattore abilitante, in grado di supportare le attività di gestione delle prime fasi dell’emergenza rendendo più veloci le comunicazioni, più facile la logistica e permettendo agli operatori di guidare a distanza le ricerche dei sopravvissuti.

La tecnologia in poche parole aumenta l’insieme degli strumenti a disposizione dei decision maker, per definire le politiche di intervento e la gestione dei flussi di traffico. Significa anche maggiore sicurezza, snellimento degli oneri amministrativi e possibilità di accesso a soluzioni nuove per il mercato.

L’interoperabilità dei sistemi e la salvaguardia dei dati, che devono essere riconosciuti come un bene comune, sono la base di questo ragionamento, ma anche oggetto di valutazione su come questi dataset possano essere utilizzati per portare alla luce, visualizzare e da qui gestire questioni sociali di interesse collettivo.

Un disastro di origine naturale non è, infatti, solo un evento fisico, con chiari conseguenze tecniche. E’ prima di tutto un avvenimento che ha una sua natura sociale. Eventi catastrofici hanno conseguenze sulle relazioni umane, hanno effetti su un’intera comunità, le sue abitudini e il lavoro. Le gerarchie sociali vengono sovvertite, anche se il più delle volte i poveri diventano sempre più poveri. E’ qui che dobbiamo parlare di una società resiliente, come ha sottolineato il direttore di FPA Gianni Dominici, in grado di ripensarsi a seguito di eventi tragici o catastrofici. L’elemento comunitario prevale nettamente su quello tecnologico, che è solo uno strumento. Da una parte le organizzazioni intese come una struttura informativa, quindi, dall’altra la componente sociale, ovvero chi le abita, le alimenta e ne utilizza le elaborazioni sempre più in tempo reale. I dati raccolti dai sensori dislocati lungo le strade raccolgono informazioni che rielaborate rendono le nostre città più sicure.

Molto di questo è frutto di società e cultura, ma l’agire delle Istituzioni e la tecnologia a supporto delle attività possono riportare un evento dalle conseguenze critiche nei limiti, a tutela di quella dimensione collettiva che deve prevedere anche la partecipazione dei cittadini alle decisioni che riguardano politiche pubbliche.

Dall’altra bisogna realizzare un così detto “spirito di collaborazione” tra amministrazioni, che abbia come obiettivi principali la condivisione delle informazioni e l’interoperabilità dei sistemi. Se infatti leggiamo con un taglio più ampio, il principio costituzionale secondo cui i pubblici uffici sono organizzati in modo da assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione, possiamo anche tradurlo – senza rischiare di venire contradetti – nell’obbligo per la PA di salvaguardare l’integrità e la disponibilità del patrimonio informativo (dati e risorse software) in proprio possesso, per metterle in condivisione con le altre amministrazioni.

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In questa direzione l’impegno del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ad esempio, che sta costruendo una vision nazionale che contempera l’elemento tecnologico come fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi infrastrutturali del Paese, anche a beneficio di cittadini e imprese. Inoltre ha avviato iniziative volte a promuovere l’elaborazione di standard per la corretta evoluzione del processo di digitalizzazione a livello nazionale, con l’obiettivo di guidare il Paese verso la nuova stagione della digital transformation delle infrastrutture.

Si inserisce in questo quadro l’iniziativa Smart Road, presentata da Mario Nobile al MACRO, che attraverso l’innovazione e l’inclusione vuole contribuire a creare un ecosistema tecnologico favorevole per l’ interoperabilità tra infrastrutture e veicoli di nuova generazione, per l’adeguamento delle infrastrutture alle nuove modalità di fruizione della mobilità da parte viaggiatori e per la realizzazione di servizi innovativi per gli utenti e i gestori di infrastrutture e servizi. Tutto ciò garantendo adeguati livelli di sicurezza delle strutture, attraverso una conoscenza continua nel tempo del loro comportamento.

Parliamo di scenari in continua evoluzione che solo attraverso l’apertura verso formule di partnership pubblico-privato e lo scambio di informazioni tra pubbliche amministrazioni potrà pienamente realizzarsi per il sistema pubblico italiano.

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