Normazione processuale: cercasi un centro di gravità permanente

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Gli operatori della giustizia, in sede d’interpretazione, si muovono con grande incertezza perché hanno in mente un diritto processuale che mancia su due binari: cartaceo e telematico. Tutti pretendono di interpretare il telematico con le stesse regole ermeneutiche che esistono per il cartaceo e ciò perché manca un coordinamento tra normazione processuale e tecnica, che dovrebbe essere assunto dall’AgID

25 Gennaio 2016

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Michele Gorga, avvocato

La mancanza di coordinamento tra norme, anche regolamentari, e regole tecniche si sta sempre più palesando come uno spettro minaccioso che si aggira sulla giurisdizione del processo civile telematico, del processo Amministrativo telematico e del Processo tributario telematico, che ne vanifica i buoni auspici della vigilia e disorientando i giuristi crea solo incertezze che si riflettono sulla stessa durata del processo e sulla piena adozione della telematica come utile soluzione per velocizzare le giurisdizioni.

Così mentre con una recentissima sentenza la n. 22871/2015 la Corte di Cassazione ha statuito che al processo civile si applica il codice dell’amministrazione digitale affermando che la sentenza redatta in formato elettronico dal giudice e da questi sottoscritta con firma digitale, ai sensi dell’art. 15 del d. m. 21 febbraio 2011, n. 44, non è affetta da nullità per difetto di sottoscrizione, attesa l’applicabilità al processo civile del cd. “Codice dell’amministrazione digitale” , dall’altra il legislatore, che quasi in contemporanea ha emanato le specifiche tecniche pubblicate nella G.U. del 07.01.2016, non ha ritenuto di dover assoggettare il documento informatico “giudiziario” alle Regole tecniche previste in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici, nonché di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni ai sensi della normativa del Codice dell’amministrazione digitale.

Sull’altro fronte, quello della giurisprudenza, mentre le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato la massima estensibile ad ogni tipo di notificazione, che la notifica a mezzo PEC degli avvocati ai sensi della legge n. 53 del 1994 nel processo, ha solo valore aggiuntivo ma che non rende inapplicabile le norme e i principi sulla domiciliazione nel corso del giudizio, dall’altro il Consiglio di Stato, con varie sentenze – n. 4270/2015, n. 4862/2015, n. 2682/ 2015 – ha, invece, ritenuto valida ed efficacia la notificazione a mezzo PEC atteso che nel Processo Amministrativo telematico trova piena applicazione la legge n. 53 del 1994.

La Giustizia Telematica, quindi, in tutte le sue forme di PCT; PAT e PTT, oggi vive un vero e proprio paradosso di estrema incertezza perché tutti gli operatori della giustizia, specie in sede d’interpretazione, hanno in mente un diritto processuale che mancia su due binari: cartaceo e telematico. Tutti pretendono di interpretare, il telematico con le stesse regole ermeneutiche che esistono per il cartaceo, e ciò perché manca, allo stato, un centro di coordinamento e di raccordo tra normazione processuale e tecnica.

Questo coordinamento ben potrebbe essere individuato in capo all’Agenzia per l’Italia Digitale, che ha per Statuto proprio tale missione e che è in capo ad un Ministero importante qual è quello della Funzione Pubblica, che ben potrebbe, d’intesa con il Ministero della Giustizia, effettuare un tale coordinamento in sede permanente. Questo permetterebbe di ripensare, in modo più organico e razionale, la normativa processuale e tecnica nel senso del pieno sviluppo informatico e telematico dell’attività processuale, superando antiche ed anacronistiche gelosie di “settori di competenze ministeriali” che sarebbe ora di rottamare perché il digitale presuppone la piena interoperabilità, la condivisione dei dati e il coordinamento normativo e tecnico.

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