Nuovi modelli cercasi per disseminare la cittadinanza digitale

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All’aumento dei servizi digitali online offerti dalle diverse PA locali bisogna
far corrispondere la crescita delle opportunità di utilizzo reale dei servizi
stessi da parte della popolazione e del sistema delle imprese locali,
monitorando l’efficacia delle politiche adottate in termini di domanda e offerta

1 Febbraio 2016

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Giuseppe Pirlo, Stati Generali dell’Innovazione, Referente dell’Università di Bari per Agenda Digitale e Smart City

Sebbene lo sviluppo dell’Agenda Digitale sia giustamente considerato uno degli elementi cruciali per la crescita culturale, sociale ed economica del nostro Paese, i principali indicatori nazionali ed internazionali non sono confortanti a riguardo degli effettivi risultati conseguiti. Come ben noto il Digital Economy and Society Index 2015 (DESI 2015), che analizza la prestazione dell’Europa in ambito digitale e la competitività dei singoli paesi europei, ha evidenziato il triste posizionamento dell’Italia a livello europeo. Secondo il DESI 2015, infatti, sulle cinque principali dimensioni di analisi che vanno dalla Connettività al Capitale Umano, dall’uso di Internet all’Integrazione della Tecnologia Digitale ed ai Servizi Pubblici Digitali, l’Italia occupa tristemente solo la 25-esima posizione tra i 28 Stati membri dell’UE, seguita solo da Grecia, Bulgaria e Romania.

Più di recente, il Digital Maturity Index (DMI) pone l’Italia in 21-esima posizione su 28 Paesi europei, caratterizzandola come uno dei paesi Digital newcomers, ovvero come un paese che non ha una buona copertura strategica e che solo da poco ha impostato le basi per programmi di innovazione digitale sulla gran parte delle aree di attuazione dell’Agenda Digitale.

Questo risultato fa emergere numerosi interrogativi sulla politica di sviluppo dell’Agenda Digitale nazionale e sulle strategie adottate dalle diverse regioni, imponendo un ripensamento importante ed immediato delle azioni messe in atto finora, che hanno sostenuto lo sviluppo dell’Agenda Digitale favorendo perlopiù la crescita delle reti di internetworking in banda larga e ultra-larga.

Queste azioni, che hanno richiesto un notevole impegno economico, non sono risultate però sufficienti a creare lo sviluppo desiderato ed anzi potrebbero rischiare di limitarlo se non sostenute da specifiche politiche di gestione integrata di accesso ed utilizzo della rete e delle risorse digitali, che allineino offerta e domanda di servizi digitali, polarizzandole sulle specificità dei diversi territori.

In relazione all’offerta di connettività, un punto di particolare criticità dell’attuale situazione è che questa è legata esclusivamente a parametri commerciali, dal momento che l’accesso alla rete dipende esclusivamente dagli operatori sul mercato (molto spesso operanti in regime di ridotta concorrenza). Il subordinare a pure regole di mercato l’accesso alla banda larga ed ultra-larga rende ovviamente difficile se non impossibile implementare politiche si sviluppo territoriali che tengano in considerazione le specifiche risorse e criticità dei diversi territori, favorendo lo sviluppo degli stessi secondo le specifiche vocazioni e possibilità. A livello sociale a risentirne maggiormente sono ovviamente le fasce più “deboli” della popolazione, sia in termini economici che culturali, fasce che quindi risultano emarginate da processi di cittadinanza attiva e che invece potrebbero – proprio attraverso la rete – avere nuove opportunità di inclusione sociale e di crescita. Di qui l’esigenza di sviluppare nuovi modelli di pianificazione all’accesso alla fibra a livello territoriale, attraverso ad esempio comunità di acquisto, che possano garantire l’accesso alla fibra attraverso strategie congrue alle specifiche prerogative dei diversi territori.

Nel contempo, è indispensabile favorire – in sinergia con le azioni atte ad aumentare la possibilità reale di accedere alla rete – lo sviluppo della domanda mediante attività di sostegno alla diffusione delle competenze digitali riferite in particolare proprio quelle fasce della popolazione alle quali si rende più favorevole l’accesso alla rete.

L’ipotesi da cui bisogna partire è quella che all’aumento dei servizi digitali online offerti dalle diverse PA locali bisogna far corrispondere la crescita delle opportunità di utilizzo reale dei servizi stessi da parte della popolazione e del sistema delle imprese locali, monitorando l’efficacia delle politiche adottate in termini di domanda e offerta, sempre nel contesto specifico dei diversi territori che – nel rispetto delle diverse specificità – devono acquisire maggiore consapevolezza delle potenzialità offerte dal digitale e della rete quale strumento privilegiato di inclusione e di sviluppo condiviso.

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