Smart Working: il 2019 è stato l’anno di svolta per la PA?

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Il 2019 è stato un anno di svolta per lo Smart Working nella PA, ma non bisogna accontentarsi, perché i dati, seppure incoraggianti, dimostrano che c’è ancora molto da fare. Abbiamo identificato almeno 6 buoni motivi per cui le PA dovrebbero superare gli ultimi timori e resistenze

6 Febbraio 2020

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Mariano Corso

Responsabile Scientifico, Osservatorio Smart Working Politecnico di Milano

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Fiorella Crespi

Osservatori Digital Innovation Politecnico di Milano

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Emanuele Madini

Associate Partner e Smart Working Evangelist, P4I – Partners4Innovation

Photo by Austin Distel on Unsplash - https://unsplash.com/photos/wawEfYdpkag

Il 2019 è stato sicuramente un anno importante per lo Smart Working nel settore pubblico. Sono infatti aumentate nell’ambito della PA le iniziative di sensibilizzazione e accompagnamento a livello nazionale. Tra queste da citare sono le iniziative inserite all’interno delle azioni del PON Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020 (ad esempio Lavoro agile per il futuro della PA) e il progetto VeLA, nato tra alcune Regioni e PA locali (capofila la Regione Emilia-Romagna) per condividere buone pratiche e sviluppare un kit di riuso di strumenti e formazione per l’avvio di progetti di Smart Working.

Le iniziative locali

Tra le iniziative attivate a livello locale risaltano l’organizzazione di ‘giornate del lavoro agile’ in alcune città (ad esempio Bologna) e la creazione di un protocollo d’intesa tra enti pubblici e aziende private attivato dal Comune di Genova dopo la tragedia del ponte Morandi, per promuovere lo Smart Working nel territorio e contribuire a limitare il traffico nelle strade della città. Altro esempio innovativo è quello del Comune di Milano che ha avviato il progetto Smart Lab – Milano Concilia 4.0, volto alla diffusione dello Smart Working nelle PMI e allo sviluppo di un modello di città sostenibile e del welfare territoriale.

Le iniziative degli enti

Allo stesso tempo sono cresciute le iniziative di Smart Working attivate degli enti. Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano c’è stato un significativo aumento in termini di diffusione dei progetti strutturati che sono raddoppiati rispetto allo scorso anno, passando dall’8% del 2018 al 16%. Aumentano anche le iniziative informali, che crescono dall’1% al 7%. Il 6% delle PA invece dichiara che avvierà progetti di Smart Working entro i prossimi 12 mesi. Così come nel settore privato, sono le grandi PA a guidare il fenomeno in termine di numerosità delle iniziative. Tale segnale è sicuramente positivo, occorre tuttavia evidenziare che tali progetti risultano ancora molto limitati rispetto alla diffusione poiché coinvolgono mediamente il 12% della popolazione dell’organizzazione.

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Ostacoli alla diffusione dello Smart Working nella PA

Questo rivela un po’ di timore nello sperimentare un modello organizzativo che nasce come flessibile e che non può essere vincolato in regolamenti troppo definiti. Tra chi non ha ancora attivato iniziative di Smart Working, il 30% delle PA considera l’introduzione come probabile e, rispetto al 2018, diminuisce la percentuale di incertezza sull’introduzione, che passa dal 38% al 31%. I principali ostacoli che in queste organizzazioni limitano ancora l’adozione dello Smart Working sono la percezione che non sia applicabile alla propria realtà (43%), la mancanza di consapevolezza dei benefici ottenibili (27%) e la presenza di attività poco digitalizzate, vincolata all’utilizzo di documenti cartacei e alla tecnologia inadeguata (21%). In molti casi, la percezione di inapplicabilità risente purtroppo ancora dell’associazione tra Smart Working e lavoro da remoto.

Le motivazioni per introdurre lo Smart Working

Il 2019 è stato dunque un anno di svolta per lo Smart Working nella PA, ma non bisogna accontentarsi perché i dati, seppure incoraggianti, dimostrano che c’è ancora molto da fare e lo Smart Working può davvero diventare un fattore indispensabile per accompagnare il delicato processo di cambiamento verso un modello di vera PA digitale. Sono diverse le motivazioni per cui le PA dovrebbero superare gli ultimi timori e resistenze e affrontare in modo deciso il percorso verso lo Smart Working. In particolare, abbiamo identificato almeno 6 buoni motivi.

Capacità di attrarre e trattenere talenti

Un tema molto sentito soprattutto in seguito dell’uscita prevista per i prossimi 3-4 anni di circa 450/500mila persone che dovranno essere sostituite e, per poter attrarre profili fortemente contesi dal mercato, occorrerà creare un ambiente attrattivo. I nuovi assunti, inoltre, sono portatori non soltanto di competenze professionali e capacità operativa, ma anche di nuove idee, punti di vista e attitudini: si tratta di potenzialità che le PA devono riconoscere e valorizzare per il miglioramento dei processi interni e dei servizi ai cittadini creando un modello di organizzazione del lavoro inclusivo e premiate. In caso contrario queste tenderanno in breve tempo ad atrofizzarsi o, peggio, aumenterà il senso di frustrazione e ‘disingaggio’.

Incremento della produttività

Soprattutto per riuscire a far fronte all’uscita dal lavoro pubblico degli addetti mantenendo un adeguato livello di servizio per il cittadino c’è bisogno di aumentare la produttività. Lo Smart Working consente infatti di ingaggiare interi uffici – e non soltanto singole persone – nell’applicare un rinnovato senso critico nell’organizzazione del lavoro e dei processi che può consentire di scardinare abitudini e prassi lavorativi consolidate da tempo, ma ormai inadeguate, che spesso minano la produttività e le performance lavorative delle persone e nascondo le reali ragioni di inefficienze organizzative.

Riduzione del tasso di assenteismo

Può essere legato sia a un aumento della motivazione delle persone, sia alla creazione di modalità di organizzazione del lavoro più inclusive e sostenibili rispetto anche a esigenze di salute o cure mediche.

Aumento dell’engagement delle persone

Così come percepito dalle organizzazioni private, loSmart Working può contribuire a migliorare il coinvolgimento delle persone restituendo un senso di realizzazione legato sia alla propria vita professionale che privata in quanto permette di aumentare il proprio impegno lavorativo senza sacrificare passioni o esigenze familiari.

Miglioramento delle competenze digitali

Lo Smart Working contribuisce in modo significativo al miglioramento delle competenze digitali delle persone perché costringe a sperimentare nuovi approcci lavorativi che presuppongono un’adozione più estesa e matura delle tecnologie. Lo Smart Working predispone inoltre all’apprendimento dei nuovi strumenti in quanto la persona è consapevole che, grazie a un miglioramento delle proprie capacità di utilizzo delle tecnologie, potrà anche aumentare l’utilizzo del lavoro da remoto.

Ottimizzazione della gestione degli spazi

Aspetto molto rilevante soprattutto se si pensa all’entità significativa del patrimonio immobiliare del settore pubblico e alla possibilità non soltanto di avviare un processo di razionalizzazione, ma, soprattutto, di restituire ai cittadini parte di questi luoghi valorizzandoli in ottica di spazi lavorativi di co-working e di socializzazione.


Questo articolo fa parte di FPA Annual Report 2019

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