Al FORUM PA 2023 la PA si “apre” ai giovani per ragionare insieme di attrattività, competenze e leadership

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La PA del futuro è potenzialmente il datore di lavoro ideale per le nuove generazioni, estremamente sensibili al concetto di bene comune, desiderose di lavoro purpose-oriented e di dare il proprio contributo in termini di valore pubblico generato per la collettività. Per vincere la sfida del ricambio generazionale serve però raccontare la PA in modo nuovo, ribaltando la narrazione negativa che ha pervaso il lavoro pubblico per decenni e lavorando all’interno delle amministrazioni per trasformarle in vere learning organizations. Ci proveremo il 16 maggio in apertura di FORUM PA 2023, con un “Open Day” di cui vi abbiamo già dato qualche anticipazione: un momento di vera e propria condivisione per dare alla PA l’opportunità di raccontarsi, ma anche e soprattutto per dare l’occasione ai più giovani di trasmettere le proprie aspettative verso il lavoro pubblico

6 Aprile 2023

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Mauro Tommasi

Junior content manager FPA

Foto di Timon Studler su Unsplash - https://unsplash.com/it/foto/BIk2ANMmNz4

Lo abbiamo annunciato ormai da qualche settimana, il FORUM PA 2023 si aprirà con uno spazio dedicato al ricambio generazionale nella PA e a tutto ciò che ne consegue. Come anticipato dal nostro Presidente Carlo Mochi Sismondi in questo articolo, il 16 maggio abbiamo messo in programma un momento di vera e propria condivisione, per dare alla PA l’opportunità di aprirsi – per questo motivo lo abbiamo chiamato “Open Day PA”, dando seguito alla suggestione lanciata qualche tempo fa da Antonio Naddeo, Presidente dell’ARAN – e raccontarsi ai più giovani, ma anche e soprattutto per dare l’occasione ai più giovani di trasmettere le proprie sensazioni e aspettative verso il lavoro pubblico ai vertici delle istituzioni del nostro paese. All’Open Day di FORUM PA 2023, al quale potete iscrivervi già ora, parteciperà il Ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo.

Dall’Anno Europeo dei Giovani a quello delle Competenze

Il 2022 è stato lo European Year of Youth – l’Anno Europeo dei Giovani – e ha rappresentato un’occasione unica, per le istituzioni e gli Stati membri dell’UE, di lanciare un forte segnale politico e così manifestare la propria volontà di affrontare nelle politiche future temi come la partecipazione e la valorizzazione dei giovani, ma anche la grande questione del divario generazionale e della disoccupazione.

Nel nostro paese, parlando di pubblica amministrazione, è stata l’occasione per sbloccare finalmente un turnover rimasto fermo per decenni, provando ad inserire quanti più giovani possibile all’interno delle proprie fila. Considerando però i tempi stretti e il grande sforzo a cui ci sottopone il PNRR – le discussioni di queste settimane sulla capacità di spesa e di realizzazione dei progetti della nostra macchina pubblica rendono ancora più attuale e dirimente il tema del ricambio generazionale nella PA – ancora molto c’è da fare.

L’età media dei dipendenti pubblici è di circa 50 anni (numero che si alza sensibilmente se non si tiene conto delle Forze armate e che gira intorno ai 55 anni se si guarda solo alla PA centrale) dove gli over 60 rappresentano il 16,2% della totalità dei dipendenti pubblici, mentre gli under 30 appena il 4,7%. Numeri che difficilmente potranno essere ribaltati nel breve termine: il fabbisogno di personale stimato per i prossimi anni ammonta a circa 750mila persone, e rappresenta un’opportunità unica per il settore pubblico di ringiovanire il parco dei dipendenti e inserire nuove competenze all’interno delle proprie organizzazioni.

In questo senso, il 2023, lo European Year of Skills – l’Anno Europeo delle Competenze – sta rimettendo al centro il tema del riequilibrio generazionale nella PA come un bisogno reale, da sfruttare quale occasione per gestire la complessità e ripensare i modelli organizzativi della PA, cercando di raggiungere quell’equilibrio tra dinamismo e stabilità che contraddistingue e differenzia le organizzazioni agili dai modelli di lavoro estremamente fragili ma innovativi del mondo delle start-up e da quelli monolitici delle classiche burocrazie.

Ma i giovani vogliono lavorare per il pubblico?

Diversi sondaggi e ricerche ci dicono che il “posto fisso” non rappresenta più l’elemento differenziale – seppur rilevante – che spinge le giovani promesse del nostro paese a partecipare ad un concorso pubblico, bensì è la possibilità di produrre servizi utili per la collettività, di lavorare per il bene comune, ad attrarre l’interesse delle nuove generazioni. Il tutto però è controbilanciato dalla percezione – azzarderei pregiudizio – che la PA sia una realtà in cui i talenti non vengono valorizzati e dove è estremamente difficile ottenere riconoscimento del proprio lavoro.

Serve dunque scardinare questa convinzione, e per farlo bisogna raccontare il lavoro pubblico in modo nuovo, così come è evoluta la narrazione del mondo privato, che si sta adattando meglio al cambiamento radicale del mondo del lavoro in cui tutti, pubblico e privato, sono coinvolti. Basti pensare al paradosso del candidato che dice “le farò sapere” al datore di lavoro: il reclutamento del personale è molto più complesso oggi di quanto lo fosse un decennio fa.

Ce ne parla in un contributo pubblicato ieri su queste pagine proprio Antonio Naddeo, che come dicevamo ha per primo lanciato l’idea di un “open day” delle pubbliche amministrazioni e che sta portando avanti con FPA la Rubrica “Le persone al centro”.

Raccontiamo la PA: primo passo per immaginare il futuro

La verità è che la nuova generazione di professionisti e professioniste cerca nel lavoro un’esperienza di vita non un’esperienza di impiego, e la PA deve farsi trovare pronta ad accogliere queste richieste.

E allora la PA del futuro può davvero essere il datore di lavoro ideale per queste nuove generazioni, estremamente sensibili al concetto di bene comune, desiderose di lavoro purpose-oriented – come confermato da fenomeni tanto dibattuti come la great resignation e la yolo economy, ma anche dall’acuirsi della cosiddetta quarter-life crisis – e di dare il loro contributo in termini di valore pubblico generato per la collettività.

Un nuovo contratto sociale?

I giovani sono proprio coloro che, in questo momento, sono meno disposti a rassegnarsi a lavorare all’interno di strutture gerarchiche dove l’ascolto delle persone non è considerato una priorità. La PA del futuro, non potrà che proporre condizioni di lavoro nuove, attraenti per le nuove generazioni: non solo la garanzia di stabilità e di un buono stipendio, ma soprattutto l’adozione strutturata di elementi come lo Smart Working e la creazione di un ambiente lavorativo piacevole e stimolante, in cui i contenuti del lavoro vengono progettati insieme e i sistemi di valutazione e di scambio di feedback svolgono un ruolo chiave per creare e gestire le aspettative di crescita. Le nuove generazioni, poi, non scenderanno a compromessi sul tema della formazione continua: il lavoro pubblico dovrà necessariamente fornire garanzie in materia di aggiornamento professionale e di tempo dedicato al miglioramento delle proprie capacità.

La definizione di una nuova geografia del lavoro pubblico passa quindi necessariamente da un’imponente azione di employer branding da parte della PA, che dovrà farsi propositrice di una sorta di nuovo contratto sociale per i giovani, in cui flessibilità, riconoscimento e competenze dovranno essere le parole chiave, e così sfatare il rischio di inserire tra le sue fila persone estremamente motivate e preparate, in un ambiente in cui potrebbe essere molto difficile dare il proprio contributo.

Di questo e di tanti altri aspetti discuteremo insieme al FORUM PA 2023, non mancate!

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