Competenze digitali: ecco perché dobbiamo puntare sulla formazione continua
Di fronte a un gap di competenze che nel nostro Paese compromette ancora il pieno decollo della digitalizzazione avanzata, l’unica arma possibile è la formazione continua, prima di tutto sul posto di lavoro, poi nei contesti e nelle situazioni formali e informali. Per questo è auspicabile che tra i dossier più urgenti sul tavolo del Governo appena nato ci sia quello della formazione digitale dei dipendenti pubblici. Servono percorsi di formazione costruiti sulle necessità delle amministrazioni, con l’obiettivo di non lasciare indietro nessuno
4 Novembre 2022
Laura Lapenna
Responsabile Area formazione, FPA
«Oggi l’Italia sconta un gap di formazione che rischia di aumentare le disuguaglianze territoriali e di genere, e rallentare la crescita economica del nostro Paese». Accompagnati da queste parole del ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale del Governo Draghi, Vittorio Colao, sono appena stati pubblicati due bandi del Fondo per la Repubblica Digitale per potenziare la cultura digitale tra i giovani Neet e le donne.
Già, perché esiste un digital divide che non possiamo più permetterci. E che non si ricava contando le connessioni internet o i dispositivi digitali disponibili nelle case degli italiani, ma analizzando la diffusione di competenze e abilità digitali. Un carico di esperienze e conoscenze che si trasforma nel nostro lasciapassare per il mondo digitale, determinando il ruolo che assumiamo: se da protagonisti o da comparse intimidite. Attraverso la consapevolezza e la disinvoltura nell’uso dei sistemi informatici e dei device possiamo sfruttare – o al contrario subire – i processi innovativi, ogni giorno.
Di fronte a un differenziale di competenze che nel nostro Paese compromette ancora il pieno decollo della digitalizzazione avanzata, l’unica arma possibile è la formazione continua, prima di tutto sul posto di lavoro, poi nei contesti e nelle situazioni formali e informali.
Per questo motivo è auspicabile che tra i dossier più urgenti sul tavolo del Governo appena nato ci sia quello della formazione digitale dei dipendenti pubblici, che forse è il campo in cui, negli ultimi dodici mesi, maggiore è stato il divario tra annunci e risultati. E, come abbiamo già precisato, se il piano di formazione annunciato dal Dipartimento della Funzione Pubblica ha raggiunto numeri decisamente insoddisfacenti è forse perché è mancato un vero e proprio marketplace di corsi di qualità, forniti dalle più avanzate agenzie formative pubbliche e private, a disposizione, attraverso voucher, di ogni dipendente per creare un suo percorso formativo assistito e certificato.
«Per superare i ritardi accumulati nel corso degli anni – si legge nel documento di presentazione del Desi 2022 (Digital Economy and Society Index) – rimane cruciale assicurare una continua attenzione alla semplificazione e alle competenze digitali dei dipendenti pubblici e dei cittadini italiani». Non c’è dubbio, infatti, che un ecosistema innovativo per funzionare senza squilibri ha bisogno che i singoli partecipanti si riconoscano tra loro, proprio perché parlano una lingua comune. L’obiettivo, quindi, è diffondere e promuovere una cultura digitale che diventi identitaria, che muova un agire collettivo votato all’innovazione nei flussi di lavoro e nei servizi e nelle attività offerti al pubblico e al territorio.
Sul bagaglio delle competenze necessarie per sentirci integrati nell’habitat digitale fa il punto il Syllabus delle competenze digitali per la PA, il documento che definisce l’insieme minimo delle conoscenze e abilità che ogni dipendente pubblico, non specialista del settore, deve possedere per sentirsi parte attiva della trasformazione digitale. E si tratta di un perimetro comune nel quale dovrebbero collocarsi tutti i dipendenti delle amministrazioni e degli enti pubblici.
A oggi, invece, in tema di upskilling digitale il risultato raggiunto è modesto. Mentre è solo attraverso la sinergia di tutti i soggetti dell’ecosistema, pubblico e privato, che è possibile raggiungere risultati importanti in tempi rapidi per sopperire e superare i ritardi strutturali e cronici noti a tutti da tempo. Si tratta di una consapevolezza condivisa, come riscontriamo spesso nell’incontro con i tanti enti fruitori dei corsi della FPA Digital School. Mettere al primo posto i bisogni formativi dei dipendenti è l’unico modo per evitare che si verifichino dislivelli e gap da colmare tra un ufficio e un altro, tra un dipendente e un altro.
«L’Inail ha utilizzato tra novembre 2020 e settembre 2021, i servizi di formazione di FPA erogando il percorso Competenze Digitali Base in autoapprendimento a circa 3.000 dipendenti attraverso la piattaforma FPA Digital School. Tale iniziativa ha consentito di ottenere significativi risultati in termini di miglioramento delle competenze digitali del personale, dando concretezza alla collaborazione che l’Istituto ha da tempo avviato con il Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri sul tema delle competenze digitali nella PA ed in particolare sul progetto Syllabus, su cui il percorso di FPA si fonda».
Francesco Saverio Colasuonno della Direzione Centrale organizzazione digitale dell’Inail
«Le Camera di commercio sono sicuramente all’avanguardia nell’erogazione e nella promozione di servizi digitali. Tuttavia, in pieno periodo di pandemia, abbiamo avvertito la necessità di attivarci per consolidare le competenze necessarie a svolgere al meglio le nostre funzioni istituzionali, anche in funzione dello sviluppo atteso di un’organizzazione ampiamente basata sul lavoro agile. Volevamo accertarci che nessuno dei nostri collaboratori restasse indietro ed abbiamo sondato il mercato per individuare le offerte formative più adeguate. Dopo aver attentamente visionato e testato il materiale didattico e la piattaforma per il percorso in autoapprendimento online, abbiamo scelto FPA Digital School, che garantiva un’offerta strutturata sul livello Base previsto dal Syllabus Competenze digitali per la PA del Dipartimento della Funzione Pubblica. Al termine del periodo di circa un anno concesso ai dipendenti per il completamento del percorso formativo, possiamo senz’altro dire che le nostre aspettative sono state pienamente soddisfatte: quasi il 90% dei dipendenti, inclusi quelli delle nostre strutture di supporto, hanno completato con successo il percorso».
Alessandro Gennari, Dirigente dell’Area Gestione Risorse e Sistemi e Vicesegretario Generale Vicario della Camera di Commercio di Maremma e Toscana
Il rischio oggi è che stia calando il silenzio sul tema, con un distacco che porta al disincanto, o nel peggiore dei casi, alla sfiducia vera e propria, nei confronti della formazione su queste materie. Nei tre anni passati l’adozione forzata dello smart working e la remotizzazione dei processi lavorativi hanno facilitato le nostre vite, ma al contempo ci hanno causato un sovraccarico cognitivo, una stanchezza che non avevamo conosciuto prima. E se la sensazione di affaticamento, di burn out è diffusa tra i singoli, tanto più arreca danno ai gruppi di lavoro, sospesi come acrobati tra nuovi processi e nuove modalità organizzative del lavoro.
Alla sfiducia, però, non c’è risposta più adeguata di percorsi di formazione costruiti sulle necessità delle amministrazioni. Dobbiamo insistere sulle competenze digitali, altrimenti corriamo il rischio di non cogliere le prospettive di crescita per il prossimo futuro e di lasciare indietro, per sempre, tanti soggetti sperduti come isole in un contesto globale ad alto tasso di innovazione.