Riformare la PA al tempo di Uber

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Spesso mi chiedono che ne penso della riforma Madia. Non
voglio sfuggire alla domanda, ma prima di giudicare una riforma o di immaginare
come declinare meglio i decreti delegati dobbiamo chiederci
quale PA vogliamo,
e per quale Paese
. Quale amministrazione ci serve di fronte in un’economia che “uberizzata”, di fronte a una nuova generazione di
manifattura che chiamiamo Industria 4.0.

11 Novembre 2015

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Carlo Mochi Sismondi

Spesso mi chiedono che ne penso della riforma Madia. Non voglio sfuggire alla domanda, ma prima di giudicare una riforma o di immaginare come declinare meglio i decreti delegati dobbiamo chiederci quale PA vogliamo, e per quale Paese .

Quale amministrazione ci serve di fronte in un’economia “uberizzata”[1] , di fronte a una nuova generazione di manifattura che chiamiamo Industria 4.0? Di fronte a cittadini e imprese che sono abituati ad interagire con agilità e velocità e a scegliere prodotti e servizi che sono disegnati e tagliati secondo le loro peculiari caratteristiche e i loro specifici obiettivi? Che agiscono immersi in un flusso continuo di informazioni e di comunicazione e in un mare di dati (Big Data) di cui sono sia produttori sia consumatori, secondo il paradigma dell’Internet of Things (IoT)?

Due recenti documenti dell’OCSE possono esserci utili per orientare la nostra riflessione: cominciamo con la riunione dei Ministri della Funzione Pubblica di Helsinki di fine ottobre che propone come obiettivo Public Governance for Inclusive Growth: towards a new vision for the Public Sector . Ma se la crescita inclusiva è l’obiettivo, quale amministrazione ci serve per raggiungerlo in questo contesto di quarta rivoluzione industriale? L’aggettivo “agile” che è ora molto usato anche per descrivere le nuove forme di lavoro, può venirci in aiuto e anche qui ci facciamo guidare da un prezioso documento OCSE quello su “ Achieving Public Sector Agility at Times of Fiscal Consolidation ”.

Tre sono le caratteristiche che deve avere un’amministrazione che, in tempi duri per la finanza pubblica, si ponga l’obiettivo di essere agile:

1. una “sensitività” strategica per saper anticipare i trend, sempre in evoluzione, e cogliere le opportunità appena emergono. Insomma l’amministrazione agile deve saper leggere il presente e immaginare il futuro con un approccio strategico e lungimirante;

2. una reale flessibilità, fluidità nell’allocazione delle risorse in modo da poter assegnare i budget a seconda dei bisogni del presente e delle missioni più urgenti senza essere imbrigliata dai dati storici;

3. una sostanziale unità di governance e di leadership, in modo da cogliere, pur nell’autonomia di ogni amministrazione, il commitment dei cittadini e produrre valore sociale.

Proviamo ad interrogarci quindi, posto l’obiettivo di un’amministrazione agile così come l’abbiamo appena vista, su quali sono le leve per questo passaggio e proviamo a leggere da questo punto di vista la legge 124/15 (“riforma Madia”). Per farlo metto in evidenza, in grande sintesi, tre strumenti principali:

1. Gestione del bilancio: siamo qui in presenza di un trade-off tra ricentralizzazione delle decisioni, che è la tentazione costante dei periodi di crisi, e responsabilità dei centri di spesa. Da questo dilemma si esce con i costi standard, il performance budgeting, l’abbattimento dei “silos”, l’accrescimento della responsabilità e della discrezionalità unito ad una severa analisi dei risultati. C’è questo nella legge delega? Per ora no. Manca anzi del tutto un aggancio ai documenti di bilancio, al processo di budgeting e alla valutazione delle politiche pubbliche.

2. Gestione delle risorse umane: anche qui c’è un trade-off tra necessità di risparmio e necessità di qualità e di innovazione. Ridurre è stato il motto degli ultimi anni, ma è spesso mancata l’intelligenza nella gestione delle risorse umane, ossia: pianificazione della forza lavoro, gestione degli skills e delle competenze, assunzioni mirate e flessibili, incremento della mobilità, rafforzamento delle diversità, sistema orientato di premi e punizioni, smart working, formazione e poi ancora formazione. C’è questo nella legge delega: per ora no. Mancano indicazioni per il turnover, per l’immissione di nuove professionalità, per una maggiore flessibilità, per le sperimentazioni di smart working, e, soprattutto, per la formazione.

3. Uso intelligente e pervasivo delle ICT in un’ottica di flusso continuo di dati e di informazioni. I cittadini vogliono interagire con le amministrazioni come fanno con il resto del mondo (home banking, prenotazioni alberghiere, viaggi, spettacoli, ecc.). D’altra parte le amministrazioni devono smetterla di usare il digitale per fare un po’ più velocemente quello che facevano prima in analogico. Devono cominciare invece a ripensare da capo i processi, a entrare anche loro in una logica 4.0 ossia di “flusso continuo delle informazioni” dal momento del design (o meglio co-design) dei servizi sino all’effettiva fruizione da parte dei cittadini che, anche qui ne sono nello stesso tempo produttori e utenti. C’è questo nella legge delega: in parte. La legge delega mette al primo articolo un concetto fondamentale, che è quello della “cittadinanza digitale”, ma poi lo declina in una delega a riscrivere il CAD (Codice dell’Amministrazione Digitale). Ecco lo dico con forza e convinzione: l’unica cosa che non ci serve ora è un nuovo codice . Se di fronte all’obiettivo ambizioso di ripensare un’amministrazione “nativa digitale”, ci poniamo ancora l’obiettivo di creare norme per rassicurare i funzionari dell’opponibilità in giudizio dei documenti digitali, abbiamo perso prima ancora di cominciare.
Le nuove tecnologie, e penso soprattutto al cloud computing, ai social media e alla “mobile technology”, possono veramente cambiare i paradigmi: aprire le amministrazioni nella logica dell’open government, abbattere i silos di dati e di procedure, permettere il “governo con la rete” e quindi la negoziazione continua con tutte le componenti della società in un’ottica si sussidiarietà. Basta non mettere però vino nuovo in botti vecchie e non affidare questa rivoluzione ai giuristi… Per favore evitateci un nuovo codice, ma dateci piuttosto manuali, cassette degli attrezzi ed esempi da copiare e noi metteremo su visionari e concreti cantieri d’innovazione.



[1] Secondo una ricerca fatta dall’ Institute for Business Value di Ibm la nascita di società come Uber è il vero spauracchio per tutti i manager delle principali società industriali http://www.corrierecomunicazioni.it/digital/37593_…

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