Il POLA del Comune di Bologna: uno strumento per mettere a frutto le esperienze avviate

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Il Comune di Bologna è stato il primo ente a pubblicare il Pola (Piano Organizzativo Lavoro Agile), ai primi di gennaio. Come è stata “interpretata” la preparazione del documento? Quali difficoltà ha evidenziato e quali opportunità ha aperto la sua realizzazione? Lo abbiamo chiesto a Sandra Gnerucci, Dirigente dell’Area Personale e Organizzazione

5 Febbraio 2021

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Michela Stentella

Content Manager FPA

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Il percorso che dovrebbe portare le nostre amministrazioni all’adozione del Pola (Piano Organizzativo Lavoro Agile) è ancora in divenire. Nessuna proroga è stata introdotto per la scadenza, fissata al 31 gennaio scorso per le amministrazioni diverse dagli enti locali, mentre per questi ultimi la tempistica di approvazione dei Pola è quella stabilita dall’art. 169 del TUEL (secondo cui il “Piano delle performance” – di cui il Pola è una sezione – confluisce nel Peg, che deve essere approvato entro i 20 giorni successivi alla approvazione del bilancio di previsione). Ricordiamo, tuttavia, che l’adozione del Pola non è obbligatoria e non c’è stata, finora, una massiccia partecipazione da parte delle amministrazioni. Ma chi ha redatto il documento nei tempi previsti, come c’è riuscito? Come ne ha “interpretato” la preparazione? Abbiamo pensato di chiederlo a Sandra Gnerucci, Dirigente dell’Area Personale e Organizzazione del Comune di Bologna, primo ente a pubblicare il Pola. Il documento, presentato alle organizzazioni sindacali il 16 dicembre 2020, prevede tra l’altro che, a regime, ogni lavoratore che può svolgere la propria prestazione in modalità agile dovrà definire un accordo individuale con il dirigente della propria area.

L’importanza della preparazione e il focus sulla performance

Come è ormai evidente, in questi lunghi mesi durante i quali le amministrazioni si sono trovate ad affrontare le conseguenze della pandemia, chi aveva già avviato innovazioni tecnologiche e di processo si è trovato molto avvantaggiato ed è riuscito a rispondere meglio all’emergenza. E da qui si può partire anche per spiegare la capacità di preparare in tempi brevi un documento di programmazione come il Pola. Il Comune di Bologna già a fine 2018 aveva avviato la sperimentazione dello smart working, aderendo poi nel 2019 al Progetto VeLA (Veloce, Leggero, Agile), ed è grazie a questa esperienza che ha potuto fronteggiare efficacemente l’emergenza sanitaria del 2020 e gettare le basi per la redazione del Pola. Al 31 dicembre 2018 lavoravano in modalità agile 106 dipendenti comunali, saliti a 202 a fine 2019. Con la normativa emergenziale, nel 2020, il numero di dipendenti che possono lavorare, a rotazione, da remoto ha superato i duemila. Per l’esattezza, erano 2.078 al 1° dicembre 2020, sommate ai 103 telelavoristi si arriva a 2.181. il 96% della platea potenziale (si devono infatti escludere dal calcolo le persone che devono prestare la propria attività necessariamente in presenza).

“Quando è cominciata la pandemia stavamo consolidando un’esperienza pregressa – sottolinea Sandra Gnerucci – avevamo quindi già degli strumenti a disposizione per affrontare l’emergenza. Quando poi, nel maggio scorso, è stato introdotto il Pola ci siamo resi conto che, tutto sommato, non aggiungeva tantissimo a quello che avevamo già. Per noi rappresenta sicuramente un utile documento di riepilogo e sistematizzazione di misure già previste e intraprese. In particolare, abbiamo da tempo un consolidato sistema di misurazione e valutazione della performance, che è stato per noi il vero punto di forza. Ci ha permesso, infatti, di redigere il Pola in modo fluido, perché avevamo già una mappatura completa di tutte le attività e dei dipendenti associati a ciascuna di queste. Un aspetto che abbiamo esplicitato nel paragrafo del Pola relativo alle condizioni abilitanti. In pratica lavoravamo già per obiettivi, anche quando eravamo in ufficio, ora farlo da casa è un passaggio abbastanza immediato”.

Il Pola come strumento di rendicontazione

“Il Pola – aggiunge Gnerucci – ha rappresentato anche uno strumento utile per sistematizzare e rendicontare all’esterno quanto avevamo già fatto sul tema, rendendo leggibile una realtà che non era conosciuta da tutti. Ci consideriamo in uno stato avanzato di introduzione della modalità agile, perché al di là della percentuale di lavoratori coinvolti, eravamo già attrezzati con una serie di misure tecnologiche, che ci hanno consentito di lavorare con agio a distanza. Parlo di una grandissima quantità di applicativi in cloud e dell’adozione, a fine 2019, di una piattaforma collaborativa per la condivisione di documenti accessibili da qualsiasi dispositivo, che aveva stimolato ulteriormente la trasformazione digitale dell’Ente”.

Lavorare su competenze e cultura

Centrale anche il tema della formazione e dell’accompagnamento dei dipendenti, anche in questo caso partito prima della pandemia. Come riportato anche all’interno del Pola, a fine 2019 era partito il progetto “OIBO’, Tutto un altro modo di lavorare”, con l’obiettivo di costruire e diffondere una cultura organizzativa capace di integrare le potenzialità della tecnologia e le competenze delle persone. Era nata quindi una comunità di facilitatori digitali con il compito di supportare i colleghi meno esperti e accompagnare l’ente in questa trasformazione. Una call for ideas ha permesso inoltre di coinvolgere i dipendenti nell’identificare i processi da migliorare o semplificare utilizzando le nuove tecnologie. Con la pandemia, le iniziative formative previste in presenza sono state riformulate e svolte in modalità da remoto, anticipando i tempi della completa diffusione della piattaforma digitale a tutti i dipendenti.

“Da un lato, molti dipendenti hanno acquisito in questo periodo, anche da soli, skill tecnologici che non avevano – spiega Gnerucci – ma il tema centrale non è tanto quello delle competenze tecniche quanto quello di lavorare per obiettivi. Su questo probabilmente ci sarà ancora da lavorare”.

Il tema della contrattazione

Il Comune di Bologna ha inserito nel Pola anche il tema della disciplina individuale, che sottolinea Gnerucci: “non è presente nelle Linee guida di Funzione pubblica che si sono comprensibilmente concentrate sul tema della performance, ma noi abbiamo pensato di disciplinare anche gli aspetti che riguardano il rapporto del lavoratore con il suo ente. Le maggiori difficoltà sono dovute al fatto che il lavoro agile è ancora incompleto dal punto di vista contrattuale, non ci sono ancora strumenti contrattuali adeguati che regolamentino una serie di istituti tipici del lavoro prestato in presenza, pensiamo al tema dei buoni pasto”.

Qualche suggerimento…

Lavorare bene sull’analisi dell’esistente, questo il suggerimento di Sandra Gnerucci per gli enti che sono alle prese con il Pola, perché “a volte non si fa sufficiente tesoro di qualcosa che si ha già in casa, invece un pensiero ragionato sulle condizioni abilitanti credo che meriti una riflessione approfondita. Prima ancora di guardare dove vogliamo andare, dobbiamo capire dove siamo e a volte si scopre che siamo un po’ più avanti di quello che lo smarrimento portato dalla novità poteva far pensare”.

In conclusione, dice Gnerucci “se il Pola viene visto in termini di adempimento, limitandosi a compilare gli indicatori proposti, è un’occasione mancata. Se invece le Linee guida vengono prese appunto come una guida, ma ognuno le cala poi nella propria realtà, allora diventa uno strumento decisamente utile e di corollario al piano della performance”

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