Smart Working nella PA: come trasformarlo in reale leva di cambiamento

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Il solo lavoro da remoto, se non inserito in una cornice più ampia di flessibilità e revisione dei processi, non porta benefici né a livello personale né organizzativo, ma può invece condurre a esiti più negativi persino rispetto a chi non ha alcuna forma di flessibilità. È una delle evidenze emerse dalla Ricerca 2022 dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano. L’auspicio è che nel prossimo anno le iniziative di Smart Working nel settore pubblico possano avere un nuovo impulso e che vengano approcciate in modo più completo e strutturato. Una scelta che porterebbe diversi benefici, non ultimo attrarre competenze e talenti

3 Novembre 2022

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Mariano Corso

Responsabile Scientifico, Osservatorio Smart Working Politecnico di Milano

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Fiorella Crespi

Direttore Osservatorio Smart Working, Politecnico di Milano

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Alessandra Gangai

Senior Researcher, Osservatorio Smart Working, Politecnico di Milano

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Dora Caronia

Researcher, Osservatorio Smart Working, Politecnico di Milano

Photo by Brooke Cagle on Unsplash - https://unsplash.com/photos/JBwcenOuRCg

Il Covid ha avuto sicuramente un ruolo di catalizzatore dell’adozione dello Smart Working nel settore pubblico: nel 2020 si è toccato il picco con oltre 1,8 mln di lavoratori pubblici che hanno lavorato almeno una parte del tempo da remoto. Tra la fine del 2021 e il 2022 vi sono stati molti cambiamenti nell’applicazione dello Smart Working. La determinazione politica a marcare una discontinuità superando l’applicazione emergenziale e riportando i lavoratori in ufficio, ha portato il Ministero a ripristinare il lavoro in presenza come modalità ordinaria nella Pubblica Amministrazione a partire dal 15 ottobre 2021 (Dpcm 24 settembre e Dm 8 ottobre). Già dall’autunno 2021, inoltre, è stato reintrodotto l’accordo individuale come elemento cardine per utilizzare lo Smart Working, a differenza di quanto accade nel settore privato dove, fino a fine 2022, sarà in vigore la procedura semplificata che non lo rende necessario.

L’insieme di queste azioni e il venir meno della situazione sanitaria emergenziale ha fatto sì che il numero totale degli Smart Workers andasse a ridursi dal già citato picco pandemico di 1,8 milioni per arrivare ai circa 570.000 lavoratori stimati nel 2022 (su un totale di 3,5 mln complessivi).

I dati previsionali per il prossimo anno stimati dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano mostrano però un leggero aumento complessivo dei lavoratori da remoto che deriva anche da un’ipotesi di incremento dei lavoratori pubblici.

Nel 2022 si sono ridotte anche le iniziative presenti oggi nel 57% delle PA del campione rispetto al 67% dell’anno precedente. Le motivazioni principali alla base di tali iniziative sono principalmente legate al miglioramento del benessere organizzativo e del work-life balance delle persone, fatto che denota un livello di maturità piuttosto basso. Sebbene siano innegabili le implicazioni positive su queste dimensioni, è importante non dimenticare che lo Smart Working non è solo uno strumento per gestire le situazioni di emergenza o incrementare il benessere delle persone, ma è soprattutto una potente leva di ripensamento organizzativo per migliorare le performance aziendali, valorizzando al contempo i talenti degli individui. Su quest’ultimo aspetto le PA sembrano però meno sensibili rispetto alle grandi realtà del privato, avendolo indicato come motivazione il 7% rispetto al 65% delle grandi imprese private. Trascurare questo aspetto in questo momento storico in cui la riforma della Pubblica amministrazione è uno dei pilastri dal PNRR potrebbe, però, complicare il processo di ammodernamento del settore pubblico.

Entrando più nel dettaglio occorre poi evidenziare che non tutte queste progettualità hanno agito in modo completo sulle diverse leve che connotano lo Smart Working (flessibilità di luogo, orario, revisione degli ambienti, introduzione di una cultura di lavoro per obiettivi). Nella maggior parte dei casi, infatti, si è scelto di agire solo sulla flessibilità di luogo permettendo alle persone di lavorare per mediamente 8 giornate al mese da luoghi diversi rispetto alla propria sede.

La ricerca svolta quest’anno sui lavoratori dall’Osservatorio Smart Working in collaborazione con BVA-Doxa, mostra tuttavia che agire solo su questa dimensione rischia di avere effetti controproducenti sull’engagement e sul benessere delle persone, oltre che sulle loro performance professionali. Lo studio ha suddiviso i lavoratori in 3 cluster: on-site worker, che lavorano stabilmente presso la sede di lavoro; lavoratori remote non smart, che hanno la possibilità di lavorare da remoto ma non godono di altre forme di flessibilità; e smart worker, che hanno flessibilità sia di luogo, sia oraria e lavorano secondo una logica orientata al raggiungimento degli obiettivi.

I remote non smart chesono pienamente coinvolti nel loro lavoro e coloro che stanno bene dal punto di vista fisico e relazionale sono meno sia degli smart worker sia degli on-site worker. Questo significa che il solo lavoro da remoto, se mancante di altre caratteristiche smart e non inserito in una cornice più ampia di flessibilità e revisione dei processi, non porta benefici né a livello personale né organizzativo, ma può invece condurre a esiti più negativi persino rispetto a chi non ha alcuna forma di flessibilità come i lavoratori on-site.

L’auspicio è quindi quello che nel prossimo anno le iniziative di Smart Working nel settore pubblico possano avere un nuovo impulso e che vengano approcciate in modo più completo e strutturato includendo anche altre forme di flessibilità e, soprattutto, favorendo l’adozione di un approccio di lavoro per obiettivi senza limitarsi al solo lavoro da remoto. Dei segnali positivi vengono dal 36% delle PA che, all’intero del PIAO (Piano Integrato di Attività e Organizzazione) ha inserito il POLA (Piano Organizzativo del Lavoro Agile). Questo significa che tali realtà hanno già impostato o imposteranno il progetto Smart Working in modo progressivo e graduale attraverso la stesura di un programma di sviluppo della durata di un triennio.

L’applicazione più sistemica dello Smart Working nel mondo pubblico oltre ai benefici connessi a una maggiore produttività porterebbe a cogliere dei benefici in termini di sostenibilità economica (sia per le persone sia per le organizzazioni) e ambientali. Inoltre, non bisogna dimenticare che tali forme di flessibilità sono una potente leva di attrazione per giovani e figure professionali digitali con competenze specialistiche che sono degli asset importanti per il processo di riforma e rinnovamento della Pubblica Amministrazione.

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