Tradizione e innovazione per assumere bene: ecco come ha lavorato il Comune di Milano

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Un concorso per 11 dirigenti amministrativi è stato l’occasione per introdurre elementi di forte innovazione, senza però abbandonare gli aspetti più rodati. Un approccio basato su un grande lavoro preliminare per la definizione delle competenze richieste e per la valutazione del rischio. Un aspetto centrale su cui lavorare è ora la professionalizzazione delle strutture che si occupano di selezione e reclutamento del personale nella PA

11 Febbraio 2021

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Michela Stentella

Content Manager FPA

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La realizzazione di un concorso innovativo parte da lontano, da un grande investimento nella fase pre-concorsuale per disegnare un bando di gara davvero rispondente alle necessità dell’amministrazione che si appresta ad assumere. È stato questo l’approccio seguito dal Comune di Milano nel progettare un concorso per 11 dirigenti amministrativi, che ha visto un mix bilanciato di tradizione e innovazione. Ne abbiamo parlato con Valerio Iossa, Direttore risorse umane dell’ente, e Paola Suriano, Direttore Area Acquisizione Risorse Umane, che ha guidato il percorso. Scopriamo quindi gli step seguiti e i punti di novità che hanno caratterizzato questo concorso.

Partire dalle competenze e dai fabbisogni

“Innovare i concorsi pubblici? Si può fare – esordisce Iossa – ma la precondizione è definire un modello di competenze che corrisponda al fabbisogno di ogni singola amministrazione e investire poi sulla progettazione di prove concorsuali che siano coerenti rispetto a questo modello di competenze”.

Ecco perché il Comune di Milano ha fatto un grande investimento su questa fase preliminare, partendo dalla Carta dei valori del management dell’ente per definire il modello di competenze atteso per il profilo di dirigente amministrativo. Un modello che comprende le variabili della conoscenza, del saper fare e del saper essere, declinate in quattro aree: pensiero, managerialità, relazione, efficacia personale. Sulla base di questa mappa di competenze, è stato definito un intreccio di prove concorsuali adatto a misurare il livello delle skill detenute dai candidati sulle diverse variabili e un modello di scoring per tradurre le prove in punteggi utili alla costruzione di graduatorie.

“Dobbiamo chiederci di cosa abbiamo bisogno per sostenere l’innovazione nelle nostre amministrazioni – prosegue Iossa; sono sufficienti le sole conoscenze tecniche? La risposta è no, la dirigenza pubblica è un’attività che richiede competenze complesse e multidimensionali. Una volta individuate queste competenze, si deve fare in modo che, nella cornice del pubblico concorso e sfruttando l’autonomia regolamentare dei singoli enti, le prove siano coerenti con la misurazione di questi item ed è quello che abbiamo fatto con questo bando”.­

Ridurre l’incidenza del rischio

Predisporre un concorso innovativo non significa gettarsi nel vuoto senza paracadute. È fondamentale mettere in atto una precisa pratica di management chiamata “gestione del rischio”.

“Si parla spesso del coraggio di innovare – dice Iossa – ma non si tratta di avere coraggio, si tratta di lavorare sulla analisi e gestione del rischio. Noi sapevamo che avremmo corso dei rischi e per questo abbiamo creato un team che ha presidiato la gestione del rischio dell’intera procedura”.

I tre elementi determinanti per il contemperamento del rischio sono stati: la professionalizzazione del team, un bando molto chiaro ma anche flessibile nella sua proposta concorsuale e, infine, una commissione di altissimo profilo e un team per attività di assessment center che ha seguito con grande attenzione tutto lo sviluppo della procedura concorsuale.

Unire tradizione e innovazione

Sempre nell’ottica della gestione del rischio, nella struttura del concorso sono stati innestati alcuni elementi fortemente disruptive mantenendo, però, anche elementi tradizionali e rodati. Sono stati previsti tre step nella selezione: una preselezione con test a domande chiuse e scelta multipla, affiancato però da un panel di test attitudinali molto orientati alle specificità del profilo ricercato; una prova scritta, composta da un elaborato che richiedeva un utilizzo di elementi di conoscenza molto critico rispetto a un case study, accompagnato da uno dei momenti più innovativi del percorso, ovvero una prova in basket[1], svolta in presenza in un’aula informatica appositamente testata;  infine una prova orale, composta da un colloquio su conoscenze tecniche (ma caratterizzato da fortissima interazione con la commissione per sondare la capacità di utilizzo critico delle nozioni) e poi la parte più attitudinale, composta da un assessment di gruppo, simulando una situazione di riunione, assegnando obiettivi e profili di ruolo ai candidati, e un’intervista per leggere anche il profilo motivazionale del candidato.

In particolare, con la prova in basket sono state sondate le competenze di pianificazione, di definizione delle priorità, le capacità relazionali e di delega, di iniziativa e gestione dello stress. L’assessment di gruppo voleva sondare, anche in questo caso, dimensione relazionale, capacità adattiva, problem soving, leadership e competenze manageriali.

“Una struttura di concorso come questa – spiega Suriano – da una parte riesce ad accertare oltre alla dimensione delle conoscenze tecniche del futuro manager o dirigente pubblico, anche quella delle competenze; dall’altro riduce il rischio di contenzioso perché mantiene elementi consolidati uniti a elementi di grande novità”.

Investire sulle strutture che si occupano di selezione e reclutamento del personale

“La diversificazione del concorso pubblico passa per una professionalizzazione delle strutture di recruiting della PA, perché si richiede un approccio molto diverso rispetto al passato – sottolinea Suriano – fare un concorso per la PA non significa saper scrivere bene un bando, ma saper cercare la professionalità che serve. Le conoscenze tecniche sono quelle che invecchiano più rapidamente, d’altro canto le dimensioni del saper fare e saper essere richiedono non solo valutazione, ma anche osservazione della competenza agita”.

“Ci attendono le sfide del Recovery plan e i settori più delicati, quello amministrativo e tecnico, sono quelli più anziani – conclude Iossa –. L’età media del personale dipendente nella PA è molto spesso superiore a 50 anni. Al Comune di Milano da metà 2016 abbiamo assunto circa 3300 persone, ma solo il 32% sono sotto i 35 anni. Abbiamo poi un tasso molto alto di laureati, anche in profili meno qualificati, il che pone un problema di retention, evidenziando una crisi di competitività rispetto a quanto può offrire il settore privato, se guardiamo a retribuzioni e possibilità di carriera. Un tema centrale è proprio quello dell’attrattività della PA per chi cerca un impiego”.


[1] Si tratta di una prova di assessment ad esecuzione individuale, durante la quale il candidato decide come agire (e se agire), motivando la scelta effettuata nelle diverse situazioni. L’insieme di scelta e motivazione fornisce indicazioni sulle caratteristiche manageriali e personali del candidato.

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