In un periodo di forte riduzione delle risorse economiche come quello che stiamo vivendo, la semplificazione e l’efficienza della Pubblica Amministrazione sono fondamentali per l’oggi e per favorire la crescita delle future generazioni. L’efficienza del settore pubblico, infatti, costituisce – in un contesto di crescente integrazione dei mercati e di interdipendenza dei sistemi economici – un fattore determinante del grado di competitività e delle opportunità di sviluppo delle singole economie nazionali. Da questa premessa prende le mosse questo articolo di Giovanni Urbani – uscito sulla rivista di Altroconsumo
“Consumatori, Diritti e Mercato” – che riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Di seguito alcuni spunti che emergono dall’articolo, che vi proponiamo in allegato nella sua versione integrale.
La PA, in un’economia industrialmente avanzata, è un settore produttivo e, allo stesso tempo, una fonte di regolamentazione. Non è, quindi, casuale che a un Paese competitivo corrisponda una PA che funziona, oltre che un elevato senso civico. Esiste una
storica fragilità del nostro sistema economico-politico mai basato sul quattrittico meritocrazia-formazione-liberalizzazioni-servizi. Studi autorevoli spiegano come la PA abbia responsabilità pesanti sulla competitività del nostro Paese: per esempio, la Commissione europea ha stimato che, negli ultimi anni, i costi amministrativi sulle imprese sono pari al 4,6% del Pil (Prodotto interno lordo). Nella classifica mondiale della competitività (Wef) siamo intorno al 50° posto e i nostri cugini Germania-Inghilterra-Francia sono nei primi 15: come PA non va meglio, in quanto siamo oltre la 100ª posizione. Si dovrebbe promuovere, a questo proposito, una
grande e reale riorganizzazione del settore pubblico, partendo dalla sistematica comparazione dei singoli uffici, per far convergere i meno efficienti verso i migliori, in termini di semplificazione, costi e risultati: il D.Lgs. 150/09 e il recente D.l. 5/2012 (detto Decreto semplifica-Italia) vanno in questa direzione, in controtendenza con il passato. Semplificazione ed efficienza non devono essere due parole da usare nel vuoto, ma due frecce al nostro arco. «La crisi è il momento delle svolte» diceva il fisico e filosofo tedesco Albert Einstein delle innovazioni radicali di processo e di prodotto.
L’innovazione rimane la strada obbligata sia per ottenere non illusori e stabili risparmi e recuperi di efficienza, sia per ripensare un’amministrazione pubblica più “semplice”, organizzata sulle politiche da perseguire e, quindi, sui bisogni del Paese e non sulla sua stessa sopravvivenza.Il
cloud computing per la PA, ad esempio, può aiutare, se usato con accortezza, a risolvere alcuni tra i più importanti punti critici dei sistemi informativi pubblici. La gestione del cloud non è soltanto un’opzione per l’approvvigionamento di servizi tecnologici: si tratta probabilmente di un cambio di paradigma che può rappresentare il fattore abilitante di un nuovo modello di erogazione del valore pubblico alla collettività.Facendo propria anche un’idea più precisa per un
modello anti-corruzione delle pubbliche amministrazioni: ciascun ufficio dovrebbe mettere a punto un piano di valutazione dei rischi e individuare gli schemi organizzativi più consoni per scongiurare fenomeni di corruzione e concussione; il miglior modo per rendere innocuo il vampiro della corruzione è illuminare “a giorno” la gestione degli enti pubblici.Infine studi autorevoli dimostrano empiricamente che l’
orientamento verso il ciclo di gestione della performance a livello di sistema è un elemento correlato all’efficacia e all’efficienza della PA e, di conseguenza, alla competitività del Paese. L’Italia si presenta in netto ritardo sotto questo aspetto e l’introduzione reale del ciclo di gestione delle performance (D.Lgs. 150/09) può essere dunque una leva importante, ma molto dipenderà dall’implementazione concreta del principio.La vera innovazione nella PA è, quindi, la
valutazione utile, che non ha quasi mai Governi amici ed è anti-corruzione: l’innovazione è il principale driver di sviluppo e serve per creare “scenari”. La PA non sa valutare il suo operato e, quindi, non può crescere e non facilita la crescita del Paese, ma così ci declassiamo, da soli. Non è possibile che di un intervento pubblico non si conoscano gli esiti; è importante sapere cosa si è fatto, e come lo si è fatto e, soprattutto, cosa è andato a buon fine cosa no. Occorre fare in modo che i risultati – attesi e realizzati – diventino componente essenziale dei meccanismi operativi delle decisioni allocative e guidino la governance, per essere efficienti e positivamente semplici.
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*Giovanni Urbani, manager pubblico mantovano, è esperto di competitività del sistema produttivo, organizzazione e valutazione nella PA; già Segretario Nazionale dell’Associazione Italiana di Valutazione, attualmente è il coordinatore del Gruppo Tematico “Valutazione Performance della PA”. Collabora da decenni con diversi atenei per le materie socioeconomiche e in materia di valutazione.