Verso una PA sostenibile

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Dopo le vacanze estive si cerca tutti di tornare al lavoro con idee nuove che ci evitino vecchi errori. Per noi inoltre questo è il momento di buttar giù le prime riflessioni per preparare il prossimo FORUM PA 2007 (dal 21 al 25 maggio dell’anno prossimo) e le decine di appuntamenti congressuali in tutta Italia che lo prepareranno, cominciare dai convegni di ottobre che trovate annunciati nella sezione EVENTI.

18 Settembre 2006

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Carlo Mochi Sismondi

Articolo FPA

Dopo le vacanze estive si cerca tutti di tornare al lavoro con idee nuove che ci evitino vecchi errori. Per noi inoltre questo è il momento di buttar giù le prime riflessioni per preparare il prossimo FORUM PA 2007 (dal 21 al 25 maggio dell’anno prossimo) e le decine di appuntamenti congressuali in tutta Italia che lo prepareranno, cominciare dai convegni di ottobre che trovate annunciati nella sezione EVENTI.
In questi giorni ho letto con evidente interesse le dichiarazioni di politici ed esperti e di una in particolare, quella nata dalle provocazioni di Pietro Ichino sugli impiegati pubblici "nullafacenti", diamo ampio resoconto nella sezione TESI, ma mi pare che siamo lontani da quel pensiero innovatore che oggi servirebbe in presenza di domande del tipo:

  • Quale pubblica amministrazione immaginiamo in tempo di "crisi fiscale permanente"2 quando a bisogni sempre crescenti sia in quantità che in consapevolezza corrispondono continui tagli di risorse?
  • Quale pubblica amministrazione è adeguata ad una società complessa e multilivello, in presenza di molteplici portatori di interessi e di diversi centri decisionali concorrenti e quindi in uno stato di negoziazione continua?
La nostra tesi parte dalla convinzione che se il quadro di riferimento cambia così radicalmente è necessario non un aggiustamento "conservativo", ma un cambio sostanziale di paradigma3. Ci sembra infatti che la grande enfasi data negli ultimi anni alla "buona gestione" e alla "compatibilità economica" delle spese nel settore pubblico e l’attenzione prevalente alla quantità e destinazione dei tagli necessari per rispettare parametri prefissati, sia fortemente fuorviante. Proponiamo quindi di affiancare e gradatamente sostituire per la PA il paradigma della compatibilità economica e dell’efficienza con quello della sostenibilità e dell’efficacia.
L’assunto di partenza è abbastanza semplice: "l’efficienza, l’efficacia e l’economicità dell’azione amministrativa"4 non possono ovviamente essere definite né tanto meno "controllate" in assoluto, ma solo attraverso la determinazione di una funzione che colleghi risorse impegnate e quantità e qualità degli outcome attesi. Ciò detto proviamo a chiamare PA sostenibile quella che definisce di volta in volta un equilibrio flessibile e dinamico tra bisogni e risorse sulla base dell’obiettivo della crescita del "capitale sociale" dato dalla qualità della vita dei cittadini e dalla ricchezza delle loro relazioni. Come uno sviluppo economico "sostenibile" deve parametrarsi sulla base della conservazione e della crescita del "capitale naturale", così una PA sostenibile deve garantire l’utilità marginale delle risorse impiegate in termini di "capitale sociale" ossia di crescita del benessere dei cittadini, della loro qualità della vita, della competitività dei singoli territori e del sistema Paese.
In questa ottica non ha senso chiedersi se si spende troppo o troppo poco per il settore pubblico in percentuale del PIL, la domanda giusta da porsi è se si spende bene, ossia se le risorse sono impiegate in modo "economico" e quindi producono incrementi marginali di benessere, di qualità della vita e di competitività in linea con gli impegni, oppure in modo "antieconomico" ossia portano benefici non proporzionali agli sforzi fatti.
Questo approccio ci porta a considerare privo di senso il giudizio che la PA "costa troppo" o troppo poco. Una PA sostenibile per definizione costa ai cittadini né più né meno che il prezzo5 che essi sono disposti a pagare ricevendone benefici commisurati. Tutte le ricerche sul campo dimostrano, infatti, un’alta propensione a privilegiare (ed anche a pagare) un servizio pubblico che sia effettivamente di qualità e che sia offerto a tutti in modo tale da accrescere le condizioni di sicurezza di ciascuno.
Una PA che opta per una politica "conservatrice" (sia di destra come di sinistra) sceglie invece il paradigma della compatibilità che ha come stella polare la riduzione dell’incidenza della PA sul PIL (misura quanto mai parziale della ricchezza e del benessere) e persegue così più un uso efficiente delle risorse che non il loro uso economicamente efficace.
Una volta assunto il concetto di "sostenibilità" come corretto rapporto tra prezzo dell’amministrazione e benefici per i cittadini sottoforma di crescita di "capitale sociale" cerchiamo di definire meglio quale PA si adatta a questo schema:
  1. Una PA sostenibile è per definizione una "PA aperta", non può infatti lavorare esclusivamente al proprio interno: il raggiungimento dei suoi obiettivi (benessere, qualità della vita, competitività) dipendono, infatti, anche da fattori del tutto esogeni (demografici, politici, di economia internazionale, ecc.) e legati ad una dinamica dei bisogni in continuo mutamento. In questo senso la ricerca della qualità interna e il miglioramento dell’efficienza sono importanti, ma non bastano. È fattore chiave la capacità di creare stabili reti di alleanze con i soggetti singoli o associati portatori di interessi e di bisogni.
  2. Una PA sostenibile si configura quindi come una "amministrazione condivisa"6 che facendosi forte del dettato costituzionale (Art. 118 u.c. " Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà") scardina il "paradigma bipolare" che vuole da una parte l’amministrazione come unica fonte sia di potere che di prestazioni e dall’altra i cittadini amministrati (clienti, assistiti, pazienti, ecc.) comunque soggetti passivi dell’intervento pubblico. "…la novità sta nel fatto che la sussidiarietà cambia alla radice il rapporto tra amministrazioni e cittadini, impostando il rapporto tra questi poli da sempre in conflitto in termini di collaborazione nell’interesse generale, consentendo in determinati casi di superare la contrapposizione pubblico-privato."7
  3. Una PA sostenibile è per definizione anche conviviale8 (nel senso dato al termine da Ivan Illich)ossia è uno strumento democratico e partecipativo che i cittadini singoli o associati possano controllare e usare, con fiducia, per realizzare i propri fini.
  4. Una PA sostenibile persegue, quindi, l’empowerment dei cittadini e si propone come una PA "abilitante" ossia capace di creare libertà. Siamo abituati a pensare alla PA come ad una limitazione della libertà, ed in un certo senso con la sua potestà autorizzativa regolamentare lo è, ma essa ne è anche garante attraverso le sue attività di inclusione, le sue azioni positive verso le fasce deboli, il suo compito alto di garantire diritti e regole nella società democratica. In accordo con l’impostazione di Amartya Sen9 indichiamo come compito del "Government" quello di "abilitare capacitazioni" (capabilities). In parole povere proponiamo una visione della PA come strumento per rendere capaci tutti i cittadini e le imprese di realizzare "funzionamenti", ossia essere protagonisti di scelte tali da permetter loro di realizzare al meglio le loro intenzioni.
  5. Una PA sostenibile è una PA capace di misurare e di misurarsi: colonna portante di questo ragionamento è, infatti, la valutazione ossia la possibilità di "misurare" gli outcome della PA sia in termini oggettivi (misurazione del benessere10), attraverso indicatori condivisi, sia dal punto di vista della soddisfazione dei cittadini, sia infine dal punto di vista della produttività delle singole strutture organizzative e dei singoli dipendenti. D’altra parte niente di meno dobbiamo pretendere: si legge infatti nel programma di questo Governo tra le priorità la necessita di "sostituire alla cultura burocratica la cultura del risultato, della soddisfazione dell’utente e della loro valutazione"11.

Date queste premesse teoriche una prima idea per il prossimo lavoro in preparazione del FORUM PA 2007 è di mettere al centro della nostra riflessione la "produttività" della PA, ossia il rapporto tra risorse impiegate e "valore" restituito ai cittadini.

Fatemi sapere che ne pensate,
Buona lettura e buon lavoro


 
1 Il concetto si sostenibilità è chiaramente preso in prestito dall’ecologia. Io ne sono in buona parte debitore a Ivan Cavicchi sia per le interessanti considerazioni che ha avuto modo di propormi direttamente parlandomi di sanità sia per quanto esposto nel suo testo "Malati e Governatori", edizioni Dedalo, Bari 2006.
2 Vedi il libro assolutamente innovativo "Il prezzo dell’amministrazione", scritto da quel David Osborne che nel 1995 ci aveva fatto sognare con "Reiventing Government" e che ora, insieme a Peter Hutchinson, ci parla di come "ottenere i risultati che vogliamo in un’epoca di crisi fiscale permanente".
3 Il termine "paradigma" è usato nel senso in cui è proposto da Thomas Khun parlando della "Struttura delle rivoluzioni scientifiche" (1962) e ha molto a che fare con giudizi di valore e operazioni di attribuzione di senso.
4 Così come indicate dal D.L. 286 del 30/7/1999
5 Il concetto di "prezzo dell’amministrazione" è ripreso dal citato volume "Il prezzo dell’amministrazione" di David Osborne e Peter Hutchinson tradotto ed edito nel 2006 dal Formez. .Il prezzo dell’amministrazione è la quantità di potere di acquisto che ogni comunità è disposta a cedere al "government" in cambio di servizi. Non esiste un prezzo giusto per l’amministrazione, come non esiste per qualsiasi altro bene. Esiste invece un prezzo accettabile, che può cambiare da una giurisdizione all’altra a seconda della sua storia, dei suoi valori, dello standard di servizi atteso, ecc.
6 Per tutta la discussione sulla Sussidiarietà orizzontale e il suo ruolo per una nuova PA è prezioso il nuovo libro di Gregorio Arena, "Cittadini attivi", Laterza, Bari 2006
7 Gregorio Arena op. cit. pag. 6
8 Il concetto di convivialità è usato nel senso che gli attribuisce Ivan Illich (Conviavialità, ed. Mondatori): "Chiamo conviviale una società in cui lo strumento [e qui nel nostro caso leggo la Pubblica Amministrazione] non sia dominio riservato di una casta burocratica, non sfugga dalle mani di tutti esercitando selvaggiamente le funzioni intrinseche alla sua struttura, ma sia utilizzabile dalla persona integrata nella collettività, per realizzare le proprie intenzioni."
9 Amartya SEN "Liberta è Sviluppo" , Mondadori, 2001
10 La letteratura economica è ricca di studi e di indicatori che vanno "oltre il PIL" e si propongono di misurare la qualità della vita e il benessere, tra gli altri gli studi di Sen, Dasgupta, Nussbaum, e , per l’Italia, Marco Grasso (Università di Milano Bicocca) di cui è facile reperire interessanti working papers in rete
11 Programma di Governo dell’Unione "Per il bene dell’Italia", pag. 29

 

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