Perché un territorio innovativo scommette sulle famiglie? Risponde Luciano Malfer

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Lavorando da tempo a un modello di welfare basato su innovazione tecnologica, sostenibilità economica e integrazione sociale, la provincia di Trento sceglie di puntare sulla famiglia. Seguendo le linee programmatiche del Libro Bianco adottato lo scorso luglio, si candida a territorio “amico della famiglia” e a capofila dell’innovazione sostenibile tra le amministrazioni che lavorano per un nuovo modello di politiche sociali. La scommessa è che lo sviluppo del territorio possa partire dal benessere delle famiglie. Ne parliamo con Luciano Malfer, dirigente del Progetto Speciale Coordinamento politiche familiari e sostegno della natalità.

27 Ottobre 2009

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Chiara Buongiovanni

Articolo FPA

Lavorando da tempo a un modello di welfare basato su innovazione tecnologica, sostenibilità economica e integrazione sociale, la provincia di Trento sceglie di puntare sulla famiglia. Seguendo le linee programmatiche del Libro Bianco adottato lo scorso luglio, si candida a territorio “amico della famiglia” e a capofila dell’innovazione sostenibile tra le amministrazioni che lavorano per un nuovo modello di politiche sociali. La scommessa è che lo sviluppo del territorio possa partire dal benessere delle famiglie. Ne parliamo con Luciano Malfer, dirigente del Progetto Speciale Coordinamento politiche familiari e sostegno della natalità.

Dall’e-welf@re al workfare, dal distretto dell’economia solidale ai nuovi piani abitativi, l’obiettivo per la Provincia di Trento è mettere al centro del proprio sistema la persona, rendendola parte integrante del sistema e non destinatario passivo di interventi assistenziali. Il risultato atteso è l’aumento dell’attrattività del territorio, attraverso il miglioramento esteso della qualità della vita, oltre alla creazione delle condizioni per lo sviluppo economico. Un passaggio fondamentale è rappresentato dalla Legge provinciale n. 13 del 2007 che prevede una serie di innovazioni importanti proprio nei campi citati.

Per saperne di più sull’ e-welf@re della Provincia di Trento guarda la presentazione di Luciano Malfer al FORUM DELL’INNOVAZIONE Nord Est

In questo quadro come si inserisce il lavoro che state portando avanti sulle politiche familiari?
La legge n. 13 del 2007, sebbene non si possa dire a regime, ha suscitato un deciso interesse nei soggetti imprenditoriali del Trentino, sia del settore profit che del settore non profit, nei confronti del distretto dell’economia solidale.
Questo ci ha permesso di siglare una serie di Accordi di obiettivo, orientando e armonizzando visioni e mission degli operatori per traghettare il sistema verso uno sviluppo basato sul benessere diffuso e sulla sostenibilità sociale.
L’esempio più evidente è l’Accordo di obiettivo siglato per l’edilizia pubblica. La spa pubblica che ha sottoscritto questo Accordo è entrata a far parte attivamente del distretto dell’economia solidale, il cui obiettivo è valorizzare nei processi produttivi quei lavoratori che sono al tempo stesso utenti in carico ai servizi sociali, con un chiaro effetto moltiplicatore dei benefici per l’intero sistema.
Il lavoro che stiamo facendo sulle politiche familiari rientra appieno in questo modello di sistema sociale. Stiamo mettendo in campo un “distretto famiglia” proprio perché siamo convinti che le politiche familiari (in quanto politiche sulle persone) equipaggiano i territori e consentono ai territori capaci di offrire migliori servizi di catturare intelligenze e di creare opportunità di sviluppo territoriale.

Per saperne di più sulle nuove politiche sociali della Provincia di Trento leggi l’intervista a Luciano Malfer del maggio 2008

Perché nasce e quali sono gli obiettivi del Progetto speciale Coordinamento politiche familiari e sostegno della natalità?
Il Progetto speciale nasce dall’analisi del contesto nazionale, caratterizzato da un tasso di natalità prossimo allo zero, dall’innalzamento progressivo della vita media con conseguente aumento dei soggetti in carico ai servizi socio-sanitari, dalla congiuntura negativa e da un equilibrio previdenziale strutturale scricchiolante, con un welfare che difficilmente potrà avere espansione ulteriore di risorse. La conclusione è che con questo modello il sistema è insostenibile.
Per questo la nostra amministrazione ha deciso di lavorare per distinguere le politiche per il benessere familiare dalle politiche assistenziali. Sulle politiche familiari interviene questo nuovo progetto, finalizzato al disegno di politiche strutturali a sostegno della famiglia per la creazione di benessere familiare e a sostegno alla natalità.

Come si traducono questi obiettivi in azioni?
Nel Libro Bianco sulla Famiglia – che la Provincia di Trento ha adottato lo scorso 10 luglio e che a breve diventerà legge provinciale in virtù dell’autonomia locale – abbiamo individuato cinque grandi aree di intervento, definendo così le politiche strutturali per il benessere familiare:

  • La previsione di reddito di garanzia, cioè uno strumento che garantisca una certezza economica a fine anno alle famiglie
  • L’introduzione del “canone moderato”, ovvero un canone inferiore al canone di mercato, nell’ambito della legge sull’edilizia abitativa
  • Il riconoscimento del diritto per la famiglia ad avere risposta certa alla domanda di servizi dedicati alla popolazione compresa nella fascia 0-3 anni
  • L’introduzione di politiche "time saving" per le famiglie, ridisegnando i tempi della società  in armonia con le esigenze della famiglia (un esempio su tutti la rivisitazione del calendario scolastico)
  • La realizzazione del "distretto famiglia", ovvero un sistema di norme e di linee guida per la certificazione del territorio come “amico della famiglia”

Quanto è sostenibile un modello di sostegno alle famiglie così articolato?
E’ chiaro che nel modello a cui stiamo lavorando ci sono misure che possono generare un impatto finanziario significativo. Ma la sostenibilità nasce dal fatto che questo modello non è “improvvisato”. Il nostro territorio ha una storia di impegno durevole e continuato nel tempo, per cui in questo momento è possibile mettere a regime, in un contesto unico, politiche settoriali che prima andavano per conto loro.
È altrettanto chiaro che un modello simile non può essere replicabile in altri territori di punto in bianco. Faccio un esempio.
Nel nostro territorio con uno stanziamento annuale, importante ma non impossibile, dell’ordine di 4 -5 milioni di euro è possibile realizzare la presa in carico della fascia di popolazione tra 0 e 3 anni, assicurando alle famiglie una rete di servizi suddivisi sostanzialmente in quattro ambiti  – asili nido, tagesmutter, voucher conciliativi e autoorganizzazione delle famiglie secondo il principio di sussidiarietà. Ma a livello locale tali misure non risultano costosissime proprio perché abbiamo investito negli anni passati su queste politiche. E’ chiaro che, partendo da zero, è difficile replicare un sistema cosi articolato ed offrire, con lo stesso livello di spesa, gli stessi servizi.  Al tempo stesso si deve considerare che ognuno di questi "tasselli" può essere implementato con un percorso ad hoc e verificato da ciascun territorio, in modo che ciascuno possa trovare e migliorare il proprio modello.

Nell’ottica della condivisione dell’innovazione, come un modello di questo tipo si può  trasferire a realtà territoriali diverse?
Sul tema delle politiche a sostegno delle famiglie, la Provincia di Trento ha da sempre sperimentato processi innovativi. Abbiamo stipulato però convenzioni con altri territori, cito la Provincia di Verona, il Comune di Parma, la città di Lamezia Terme, con i quali stiamo facendo degli scambi di buone pratiche proprio per supportare queste amministrazioni nell’implementazione di un modello simile al nostro e al tempo stesso acquisire know-how sperimentato su quel territorio.
Attualmente abbiamo contatti con il Comune di Fano, per una nuova partnership istituzionale. Inoltre, proprio in questi giorni stiamo lavorando con la Commissione europea sul tema delle politiche familiari.
Dunque la condivisione, e a certe condizioni la trasferibilità, è possibile. Secondo me la vera necessità è quella di istituzionalizzare una rete di amministrazioni virtuose. Oggi in ambito nazionale e locale vi sono molte occasioni di incontro tra istituzioni in cui è possibile individuare le amministrazioni che hanno effettivamente sperimentato buone pratiche amministrative. Esiste però su questo aspetto un problema di continuità e di costanza di contatti e di efficacia nei trasferimenti delle competenze. Oggi non è più sufficiente individuare la “buona pratica”, occorre a mio avviso creare un network tra le amministrazioni virtuose e mettere in atto su questo specifico aspetto una chiara e ben definita strategia, adottando anche un sistema premiante, per stimolare il trasferimento del know how e rafforzare il network tra le istituzioni.

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