Horizon 2020. Finora abbiamo perso 2,8 miliardi, sarà la volta buona per invertire la tendenza?

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Dal 2007 al 2013 con i programmi quadro per la ricerca l’Italia ha “perso” circa 400 milioni l’anno, cioè il saldo tra soldi dati e soldi ricevuti ha un bel passivo di 2,8 miliardi. La settimana scorsa è stato approvato Horizon 2020, nuovo nome scelto per l’VIII programma di finanziamento alla ricerca, ma non è questa la vera novità. Sul piatto possono esserci 1,6 miliardi di euro l’anno per l’Italia, quasi il triplo di quello che abbiamo racimolato in passato. Riusciremo a non farci sfuggire questa opportunità? Vediamo i dettagli di questa sfida e scopriamo come ci stiamo “armando” per vincerla.

9 Dicembre 2013

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Eleonora Bove

Dal 2007 al 2013 con i programmi quadro per la ricerca l’Italia ha “perso” circa 400 milioni l’anno, cioè il saldo tra soldi dati e soldi ricevuti ha un bel passivo di 2,8 miliardi. La settimana scorsa è stato approvato Horizon 2020, nuovo nome scelto per l’VIII programma di finanziamento alla ricerca, ma non è questa la vera novità. Sul piatto possono esserci 1,6 miliardi di euro l’anno per l’Italia, quasi il triplo di quello che abbiamo racimolato in passato. Riusciremo a non farci sfuggire questa opportunità? Vediamo i dettagli di questa sfida e scopriamo come ci stiamo “armando” per vincerla.

E’ stato ufficialmente approvato dalla Commissione Europea Horizon 2020, il nuovo programma di ricerca e innovazione dell’UE.  Con un budget di circa 80 miliardi di euro, da stanziarsi nei prossimi sette anni, Horizon non è solo il più grande programma di ricerca dell’UE, ma uno dei più grandi del mondo finanziato con fondi pubblici. Già a partire dall’11 Dicembre ricercatori, imprese, enti e organizzazioni interessate potranno inviare le richieste di finanziamento rispondendo ai bandi pubblicati.

Un programma di finanziamenti  totalmente nuovo sul panorama internazionale, non solo per il nome, deciso con una competizione on-line lanciata dalla Commissione Europea dal titolo "You Name it" (le vincitrici sono 2 insegnanti, Marcela Endlova della Repubblica Ceca e Beata Zyngier, Polonia), non solo per il budget sostanzioso che riunisce per la prima volta tutti i finanziamenti a livello europeo per la ricerca e l’innovazione, ma per come è stato pensato. Tanto che Máire Geoghegan-Quinn, Commissaria europea per la ricerca, l’innovazione e la scienza, ha dichiarato: "Accolgo con grande favore la decisione presa oggi, ma il vero lavoro comincia adesso. Nel corso dei prossimi sette anni useremo ogni centesimo di Horizon 2020 per costruire un’Europa più forte e innovativa”. Cosa suscita tanta fiducia in questo nuovo programma? Vediamolo insieme, ma poi però chiediamoci se il nostro Paese è pronto a cogliere questa opportunità. Ci stiamo dotando di strumenti adatti ad affrontare questa sfida non solamente europea, come vedremo, ma internazionale? Per l’Italia è un’occasione da non perdere, tradotta in cifre: 1,6 miliardi l’anno, ovvero circa 2,7 volte il ritorno che abbiamo ottenuto nel VII PQ.

Horizon 2020

I Programmi Quadro non hanno ridotto il divario tra l’Europa e gli Stati Uniti, non hanno fronteggiato l’ingresso nei posti più alti della classifica di Cina e Corea. L’Europa non tiene il passo e così con Horizon avvia un ripensamento radicale del sistema: responsabilizza gli Stati membri attraverso strumenti quali la Programmazione Congiunta della Ricerca o la creazione di grandi Infrastrutture di Ricerca che siano d’interesse europeo e la sperimentazione di fonti di finanziamento innovative basate sulla condivisione del rischio. Presentato dalla Commissione Europea il 30 novembre 2011, Horizon 2020 esplicita il contributo che i sistemi di ricerca e d’innovazione dei Paesi Membri e degli Stati Associati al Programma sono chiamati a fornire per conseguire gli obiettivi della Strategia Europa 2020. Nel tentativo di potenziare la competitività globale del Sistema Europa, si riconduce ad un quadro unico l’insieme degli investimenti dell’UE per la ricerca e l’innovazione, lungo un percorso che va dalla knowledge driven alla sua traduzione in innovazione technology driven, fino alle applicazioni industriali e commerciali (society driven). E’ forte quindi l’attenzione affinché le nuove conoscenze si traducano in prodotti e servizi innovativi che contribuiscano al miglioramento della vita dei cittadini. Va però compiuto un ulteriore sforzo: ridurre le formalità burocratiche. Si prevede così, ad esempio, l’adozione di un tasso forfettario unico per i costi indiretti e da procedure di valutazione dei progetti ed erogazione dei finanziamenti più rapide, per attrarre un maggior numero di ricercatori e, in particolare, di piccole imprese innovative.

Il programma risulta costruito su tre priorità, riconoscendo a ciascuna un stanziamento specifico e ampliando lo spettro delle attività da finanziare:

Excellent science: 24,4 miliardi di euro destinati a rinforzare la posizione dell’UE nella ricerca di frontiera. In quest’ambito, un forte sostegno finanziario è assegnato al Consiglio Europeo della Ricerca, alle borse di formazione e mobilità per i ricercatori (Azioni Marie Curie) e alle tecnologie future ed emergenti. Più fondi saranno infatti destinati agli Enti di ricerca grazie al nuovo budget approvato, ad esempio EIT riceverà 2,7 miliardi mentre l’Euratom 1,6 miliardi, come illustra bene il grafico a seguire.

Industrial Leadership: 17 miliardi a sostenere la ricerca e l’innovazione dell’industria europea, concentrando l’attenzione su tecnologie abilitanti e investimenti a favore delle piccole imprese.

Societal challenger: 29,7 miliardi destinati ad affrontare le grandi sfide globali nei settori della sanità, sicurezza alimentare, agricoltura, efficienza energetica, società innovative e inclusive, trasporti intelligenti, ricerca sui cambiamenti climatici, demografici e sociali.

L’obiettivo? Realizzare un vero e proprio Spazio Europeo della Ricerca, anche grazie ad una sinergia molto più pronunciata che in passato fra le risorse finanziarie del Programma ed i Fondi comunitari per la coesione 2014- 2010. Ora è più chiaro cosa i commissari europei intendano per Programmazione Congiunta della Ricerca: l’allineamento dei programmi nazionali.

Per saperne di più guarda l’intervento a SCE 2013 di Valeria Bandini, Responsabile dell’area Europa e Internazionale – Aster.

Sistema Italia: punti deboli e punti di forza

Un riflessione preliminare risulta necessaria; il potenziale di ricerca di un paese incide in maniera determinante sulla sua competitività nella società della conoscenza,intesacome capacità di rispondere in maniera adeguata ai bisogni espressi dai cittadini. Sappiamo che in Italia l’attività di management della ricerca latita, come la capacità di fare networking, di diffondere e valorizzare i risultati in forme diverse dalla pubblicazione scientifica, ma diamo qualche dato.

Uno dei principali indicatori che permettono la misurazione della capacità innovativa di un paese è l’Innovation Union Scoreboard (IUS) 2013. L’Italia si colloca, rispetto ai principali paesi europei, al 16° posto in classifica, all’interno di quel gruppo che viene definito come Innovatori moderati. Secondo il MIUR ecco da cosa dipende:

– mancanza di un chiaro programma di politica economica che punti sulla ricerca e l’innovazione, con interventi strutturali, strumenti e risorse adeguate;

– poca propensione all’investimento;

– frammentazione del sistema istituzionale di finanziamento, che parcellizza gli interventi, riconducibili a numerose amministrazioni, centrali e periferiche senza un coordinamento;

– mancanza di strumenti fiscali per sostenere gli investimenti e i tempi lunghi nella gestione degli strumenti pubblici di cofinanziamento;

– scarsa propensione a collaborare tra sistema pubblico di ricerca e il sistema delle imprese, in particolare piccole e medie, e la debole attenzione ai risultati applicativi dei risultati della ricerca;

– mancanza di un vero sistema di Finanza che sappia mettere a sistema strumenti pubblici e privati;

– struttura del sistema produttivo caratterizzata anch’essa da frammentazione, con un tessuto imprenditoriale costituito prevalentemente da PMI, meno propense a investire in attività di ricerca e sviluppo, e poche grandi imprese;

Ci sono però dei punti forti su cui far leva: secondo i dati OCSE 2012 l’Italia presenta, negli ultimi cinque anni, tassi di crescita superiori alla media europea per alcuni indicatori legati alle risorse umane per la ricerca, quali i nuovi dottori di ricerca e gli studenti di dottorato extraeuropei. Anche il dato relativo al numero di addetti alla ricerca e innovazione in relazione al totale della forza lavoro, che pure risulta in Italia inferiore alla mediaeuropea, presenta una dinamica positiva.

Partecipazione italiana ai Programmi Quadro dell’EU

Comparando il V, VI e VII risulta che il nostro paese si colloca al quarto posto, sia per proposte presentate che di finanziamenti ricevuti. Prima di noi troviamo Regno Unito, Germania e Francia. Il trend però dei finanziamenti ricevuti è andato via via peggiorando. Si è passati infatti da uno share del 9,4% nel V PQ all’ 8,4% nel VII PQ. Se consideriamo il differenziale tra il contributo italiano al budget europeo e i finanziamenti ottenuti sul VII Programma Quadro, il saldo netto per l’Italia è negativo per -3,94 punti, che tradotto in moneta vuol dire una perdita di oltre 400 milioni l’anno (stime MIUR). L’Italia ha infatti versato nel paniere comunitario, nel periodo 2007-13, circa 7 miliardi (il 14% dei 50 miliardi totali), recuperandone su base competitiva solo 4,2. A dicembre 2011, l’Italia aveva ottenuto finanziamenti pari a 2.221 milioni di Euro sui circa 27 miliardi di Euro nei bandi già assegnati. Rispetto ai precedenti PQ, l’Italia occupa il terzo posto in termini di proposte presentate e detiene, per le stesse proposte, il primato per numero di coordinatori, mentre scivola in quarta posizione nelle proposte in negoziazione. Se ne ricava quindi che il tasso di successo del coordinamento italiano (12,3%) è inferiore al tasso di successo generale delle proposte (15,9%). Per quanto riguarda i finanziamenti per la mobilità dei ricercatori, la performance dell’Italia è andata migliorando nel corso dei programmi e nel VII PQ il programma “Persone” risulta essere l’unico caso in cui il tasso di successo italiano supera la media europea. La mobilità in uscita (ricercatori italiani che vanno all’estero) rappresenta la quota più importante dei progetti finanziati. Già nel V PQ infatti l’Italia rientrava nel gruppo con il più alto tasso di ricercatori in mobilità in uscita, insieme a Paesi come Romania, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovenia e nel gruppo appena superiore alla media europea per numero di ricercatori ospitati[i]. Il divario tra mobilità in entrata ed in uscita si conferma nel VII PQ: il 78% della mobilità riguarda ricercatori italiani che vanno all’estero contro un 22% di ricercatori stranieri in Italia[ii].

Nel Programma Idee del VII PQ, il tasso di successo dell’Italia (3,2%) è nettamente inferiore alla media europea (14%). Un tasso che si può in parte spiegare con l’alto numero di progetti presentati: il maggior numero di propostepresentate allo European Research Council provengono infatti daricercatori italiani.I ricercatori italiani finanziati nell’ambito del programma sono 154 (65 pergli Advanced Grants, 89 per gli Starting Grants) e 86 di questi (oltre la metà dunque) risultano essere ospiti in strutture estere, un altro datoche genera preoccupazione. Rispetto al Programma Capacità, l’Italia registra un tasso di successo del 17,3%, inferiore alla media europea (19%). Infine, rispetto al VI PQ si registra un peggioramento sulla quota di finanziamento ricevuta sul totale per i programmi a beneficio delle PMI[iii].

Si può stimare che, alla conclusione del VII Programma Quadro avremo ottenuto finanziamenti per circa 4,2 miliardi di Euro (8,4%), in media 600 milioni/anno. Nello stesso periodo 2007-13 il finanziamento pubblico per la ricerca, assumendo che il 50% dell’investimento nel sistema universitario possa essere attribuito alle attività di ricerca degli atenei, è stato di 3,5 miliardi/anno per le università e 1,7 miliardi/anno per gli EPR, per un totale di 5,2 miliardi/anno. Le risorse europee hanno rappresentato dunque, in media, appena l’11% delle risorse investite.

EU chiama Italia. Nasce HIT 2020

Nel corso dell’ultimo anno, il Governo con i bandi per i Clusters Tecnologici e quelli per le Smart Cities & Communities ha dato un segnale importante. Ora con HIT 2020 si fa un passo avanti, si cerca di formalizzare il cambio di metodo dando una risposta alla Programmazione Congiunta prevista da Horizon 2020 che chiede agli Stati Membri si dotarsi di meccanismi di regolazione e finanziamento il più possibile complementari e integrabili.  Vi è quindi la necessità di allineare le procedure e degli strumenti vigenti con quelli indicati a livello europeo, in modo da facilitare le iniziative di co-programmazione e coordinamento, limitando incompatibilità procedurali e/o legate alle tempistiche. L’Unione inoltre pone una condizione per l’accesso ai finanziamenti europei, l’adozione di strategie di smart specialisation ritagliate sulle specifiche caratteristiche dei territori. Per procedere all’individuazione delle Smart Specialisation nell’ambito dell’HIT 2020 si realizzerà una mappatura delle competenze in materia di ricerca e innovazione che metta a sistema le analisi parziali già disponibili, dalle analisi sui cluster e sui recenti bandi, ai dati presenti presso le Regioni, dalle analisi realizzate dall’Istat, ai dati del Miur sulle competenze nel sistema pubblico di ricerca.

Alcuni paesi hanno avviato già un percorso di sincronizzazioneburocratica e procedurale con l’Unione e si trovano quindi piùavanti nella costruzione dello Spazio Europeo della Ricerca, mentre altri sono più indietro e, tra questi, vi è l’Italia che deve affrontare i problemi connessi all’eccessiva frammentazione e parcellizzazione del sistema istituzionale di regolazione e finanziamento. Da cui consegue l’eccessiva burocratizzazione e limitata capacità di monitorare le ricadute economiche e sociali delle politiched’investimento. In questo quadro si inserisce HIT 2020, che si presenta come uno strumento d’indirizzo. Un quadro strategico di medio-lungo periodo per avvicinare alle prassi europee la programmazione nazionale.

Cosa lo differenzia dalle precedenti iniziative italiane? Vediamo:

  • Orizzonte temporale della programmazione degli interventi in sostegno della ricerca e dell’innovazione. La legge prevede che i Piani nazionali abbiano una durata triennale, HIT 2020 assume quello della nuova programmazione 2014-2020;

  • Meccanismi di finanziamento. Possibilità di accedere simultaneamente e in modo trasparente a più fondi, su linee di finanziamento diverse;

  • Predisposizione e implementazione delle politiche. Da un lato semplificazione e rapidità degli interventi, indicando un sistema comune di regole e strumenti diselezione, dall’altro i livelli di governo locale responsabili saranno attivi nel definire un ordine di priorità nell’identificazione delle azioni da intraprendere;

  • Selezione di un numero limitato di ambiti verso cui orientare gli investimenti;

  • Maggiore attenzione alle iniziative sviluppate nel resto d’Europa e all’identificazione di possibili partnership;

Si amplia la definizione di innovazione nel programma HIT 2020. Produttività, creatività, capitale umano, innovazione istituzionale e sociale diventano elementi di un nuovo modello basato sulla conoscenza.

Verso una nuova governance e nuovi strumenti

Abbiamo visto come HIT 2020 si ponga degli obiettivi importanti: competitività, concentrazione e integrazione delle fonti di finanziamento, identificazione di un quadro coerente e non ripetitivo di specializzazioni tecnologiche, ma per poter governare il percorso è necessario elaborare nuove modalità di regolazione, sia orizzontale che verticale.

E’ quindi tra le intenzioni del programma di dotarsi di misure dirette a razionalizzare gli assetti amministrativi e la ripartizione di competenze tra Stato, Regioni ed Enti locali e a semplificare regole e procedure.Alcuni degli obiettivi indicati dall’Unione richiedono competenze che spesso non sono possedute dagli Enti Locali. In quest’ottica, HIT 2020 opererà una distinzione dei ruoli e delle funzioni in materia di ricerca e innovazione sulla base delle competenze possedute dai vari enti e organismi istituzionali e che, al contempo, miri a realizzare una più organica integrazione.

La governance orizzontale nel HIT 2020 prevede un approccio maggiormente integrato basato sulla cooperazione interistituzionale tra il MIUR e il Ministero dello Sviluppo Economico, favorendo allo stesso tempo il coinvolgimento nell’attività di policy making Università ed Enti pubblici di Ricerca, il sistema delle imprese e attori locali.

Infine uno degli obiettivi principali è migliorare i rapporti tra la PA e le imprese, quindi nel quadro di HIT 2020 saranno indicati in anticipo i tempi di attuazione delle singole azioni, previste procedure di accesso semplificate, tempi di gestione e erogazione dei finanziamenti rapidi e incentivi per l’adozione del PCP. Strumenti innovativi per il nostro paese.


[i] Commissione Europea, Impact assessment of the Marie Curie fellowships under the 4th and 5th Framework Programmes of Research and Technological Development of the EU (1994-2002).

[ii] Commissione Europea, Directorate General for Research and Innovation, FP7-PEOPLE Marie Curie Actions – Country fact sheet: Italy, 18 Ottobre 2012.

[iii] Commissione Europea, DG for Research and Innovation, SME in FP7, Report, Autumn 2012.

 

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