Agenda 2030: ripartire dai territori e dall’alfabetizzazione allo sviluppo sostenibile
La territorializzazione dell’Agenda 2030 si concretizza nelle città sulla base del principio di sussidiarietà. Si tratta di un processo complesso di medio e lungo periodo, che parte dal pensiero anticipante e dalla capacità di mettere a sistema tutte le connessioni, da realizzarsi in più mandati in ottemperanza al principio di continuità amministrativa. Spesso, tuttavia, non viene perseguito in quanto non genera consenso fra i cittadini. Diventa, quindi, imprescindibile l’alfabetizzazione allo sviluppo sostenibile dell’intera comunità, lavorando sul coinvolgimento e la comunicazione efficaci
24 Marzo 2022
Ilaria Caprioglio
Segretariato ASviS
Seconda puntata della rubrica mensile in collaborazione con ASviS, l’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile. Dopo l’articolo dedicato al rapporto fra Pubblica amministrazione e complessità, approfondiamo in questo contributo i nodi critici e le prospettive della declinazione territoriale dell’Agenda 2030, che non può prescindere dalla formazione e dal coinvolgimento di tutti gli attori sui temi dello sviluppo sostenibile
“La nostra battaglia per la sostenibilità globale sarà vinta o persa nelle città” aveva dichiarato l’ex Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon nel 2012 a New York in occasione dell’High-level delegation of Mayors and Regional authorities.
Le città sono i luoghi dove concretizzare le politiche di sviluppo sostenibile, declinando il Documento Unico Programmatico agli Obiettivi dell’Agenda 2030, attraverso criteri oggettivi e misurazioni, in coerenza alle politiche europee e alle politiche nazionali inquadrabili nella strategia nazionale di sviluppo sostenibile e al PNRR. Nelle città si possono realizzare le azioni necessarie per attuare la trasformazione mediante il contributo diretto dei cittadini e le alleanze con tutti gli attori civili, sociali ed economici in quanto “localizzazione e prossimità sono il cuore dell’accelerazione” come indicato nel Rapporto dell’UCLG (United Cities and Local Governments).
Sviluppo sostenibile: le sfide per gli amministratori locali
Le sfide da affrontare da parte degli amministratori locali sono molteplici, a partire dal pensiero anticipante necessario per trasformare le città in chiave sostenibile: i cambiamenti accelerano destabilizzando, servono quindi nuovi strumenti per capire quello che potrebbe succedere e per assumere decisioni con la consapevolezza dei mutamenti di medio e lungo periodo. Si devono, poi, rendere visibili le connessioni multidisciplinari, intersettoriali e multidimensionali fra i vari ambiti al fine di comprendere e declinare la complessità nelle varie forme. Tale pensiero anticipante e complesso è propedeutico per giungere, dopo l’analisi degli indicatori, alle fasi di co-creazione, attuazione, monitoraggio, trasparenza e comunicazione dei risultati, valutazione e revisione, il tutto in ottemperanza al principio di continuità amministrativa, in quanto suddette azioni non si esauriscono in un mandato amministrativo.
A causa delle peculiarità di ogni città è impossibile immaginare di territorializzare l’Agenda 2030 in maniera omogenea, ma ogni città necessita della presenza di attori del cambiamento formati e consapevoli, capaci di avviare verso la sostenibilità le città dove, entro il 2050, vivranno i due terzi della popolazione globale. Purtroppo l’Agenda 2030 è ancora poco conosciuta dagli amministratori locali e, raramente, viene utilizzata come punto di riferimento al fine di declinare, mettendole a sistema, le strategie di sviluppo sostenibile delle città. Inoltre ancora oggi molti amministratori locali tendono erroneamente a identificare come azioni di sviluppo sostenibile solo quelle afferenti alla sfera ambientale senza comprendere che, attraverso la pubblicazione dei 17 Sustainable Development Goals (SDGs), le Nazioni Unite hanno definito un quadro di obiettivi caratterizzati da una visione olistica e integrata dello sviluppo sostenibile, che contempla i tre pilastri sanciti dal Rapporto Bruntland, ossia ambiente, società ed economia. La sua conoscenza è, dunque, imprescindibile al fine di produrre gli indirizzi per progettualità mirate con le quali, successivamente, ricercare i finanziamenti tramite la partecipazione a bandi o il partenariato pubblico-privato. In tal modo si eviterebbe di disegnare le strategie di una città inseguendo i bandi e si inizierebbe a ricercare le risorse funzionali per le proprie idee strategiche. Si tratta, sicuramente, di un passaggio complicato anche a causa del cronico depauperamento del personale amministrativo.
Recuperare il principio di sussidiarietà
Ma la sfida più ardua risiede nel diffondere fra gli abitanti delle città la consapevolezza che sono, soprattutto, loro i veri artifici del vivere sostenibile, con semplici e piccole azioni quotidiane: sviluppare la resilienza nei cittadini rappresenta il passaggio più complesso che un’amministrazione locale deve compiere, sulla scorta di quel principio di sussidiarietà sancito dalla stessa Carta costituzionale. Per andare in tale direzione è necessario il costante coinvolgimento dei cittadini nei processi decisori, per quanto l’esperienza insegna come sia complicato attuare nel concreto percorsi partecipativi. Tale step è strategico poiché agevola la comprensione, da parte della cittadinanza, delle azioni programmatiche di ampio respiro, destinate a realizzarsi per gradi e non nell’arco di un mandato, poste in essere dagli amministratori locali. Compito della buona amministrazione, rispettosa dei cittadini e dell’ambiente nel quale essi vivono, è quella di iniziare a lavorare nel presente avendo a mente gli obiettivi futuri da realizzare.
Trovare nuove soluzioni rompendo le consuetudini
La pandemia, con la grave crisi socio-economica che ne è conseguita, non ha certamente giovato allo sviluppo sostenibile ma, in questo contesto, dovrebbe venire in soccorso la “capacità negativa” cioè la modalità di azione tesa, davanti all’attuale incertezza, a trovare soluzioni nuove, in rottura con schemi consuetudinari superati e volti a ripristinare situazioni che, ormai, non appartengono né al nostro presente né al nostro futuro.
Il nodo del consenso e della comunicazione politica
Dagli ultimi decenni del secolo scorso, inoltre, si è registrata una diminuzione di fiducia negli esponenti politici che si è estrinsecata in una riduzione dell’affluenza alle urne, inversamente proporzionale alla volatilità elettorale. Questo fenomeno ha comportato il passaggio dal voto di appartenenza a quello di emozione, con la conseguenza che la classe politica non opera più come classe dirigente bensì insegue i desideri, sempre più mutevoli e poco sostenibili, della società. Una società narcisistica e incapace di procrastinare la propria gratificazione: il soddisfacimento di qualsiasi bisogno deve essere immediato e il giovamento che se ne trae è destinato a rapida obsolescenza.
La sindrome consumista caratterizza la società dello scarto e, per tale motivo, i partiti professano il cambiamento per il cambiamento, a colpi di slogan elettorali, indipendentemente dal valore o disvalore dei predecessori. Ciò è reso possibile in quanto si vive un tempo non più ciclico, come quello che contraddistingue il processo sostenibile, bensì – usando la celebre definizione del sociologo Bauman – puntillistico, cioè composto da una moltitudine di istanti, privi di concatenazione fra passato e futuro, che autorizzano l’individuo a esistere esclusivamente per se stesso senza preoccuparsi dei predecessori né, tanto meno, dei posteri.
Al contempo la comunicazione in politica ha assunto una posizione predominante, con gravi conseguenze non solo per lo stato di salute delle nostre democrazie, ma anche per le azioni improntate alla sostenibilità: sovente si preferiscono soluzioni scadenti che si possono raccontare meglio, in quanto si diffondono nel web con uno storytelling efficace, invece di quelle ottimali per il processo sostenibile che, però, non si riescono a spiegare alla comunità.
È il tempo di compiere scelte coraggiose
Diventa improcrastinabile compiere ed esigere scelte coraggiose, superando la paura di perdere il consenso o di venire isolati. Si deve percorrere, inoltre, l’impervia strada che conduce a rapportarsi, con spirito critico, ai media: il concetto di educazione ai media affonda le sue radici negli anni Trenta, quando nel Regno Unito gli insegnanti iniziarono ad affermare la necessità di trasmettere al pubblico gli strumenti per affrontare criticamente la propaganda bellica, al fine di scongiurare manipolazioni. Una simile educazione non è ancora entrata a far parte dei programmi delle scuole nonostante, con l’avvento di internet, sia necessario insegnare ai giovani, e non solo, a porre in discussione le molteplici informazioni che viaggiano online.
Conclusioni
Per territorializzare in modo capillare l’Agenda 2030 è fondamentale, quindi, trovare una soluzione al divario esistente fra i tempi del mandato amministrativo e i tempi necessari alla messa a terra del processo sostenibile, rafforzando gli strumenti per formare e coinvolgere tutti gli stakeholders: solo mediante l’alfabetizzazione allo sviluppo sostenibile delle comunità verranno premiati gli amministratori che agiranno, nel medio e lungo periodo, in tale direzione.