Una gita fuori porta lungo la strada dell’innovazione

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Possiamo dire che in Italia sia stata superata, se non nei risultati, quanto meno a livello anagrafico, la prima fase dell’e-government, quella dei portali online, e della corsa a chi esponeva più servizi nel proprio portale. Oggi stiamo vivendo la corsa a chi ha il numero maggiore di dataset sui portali opendata, e a chi è più trasparente. Forse, fra un po’, avremo la corsa a chi ha il numero maggiore di apps di mobile government da offrire ai propri cittadini, e poi forse a chi ha il numero maggiore di sistemi “cloudizzati”. Sulla corsa alle smarter cities, invece, ancora non è ben chiaro quale sarà il parametro di misurazione per essere più smart di altri…

10 Luglio 2012

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Gianluca Vannuccini

Possiamo dire che in Italia sia stata superata, se non nei risultati, quanto meno a livello anagrafico, la prima fase dell’e-government, quella dei portali online, e della corsa a chi esponeva più servizi nel proprio portale. Oggi stiamo vivendo la corsa a chi ha il numero maggiore di dataset sui portali opendata, e a chi è più trasparente. Forse, fra un po’, avremo la corsa a chi ha il numero maggiore di apps di mobile government da offrire ai propri cittadini, e poi forse a chi ha il numero maggiore di sistemi “cloudizzati”. Sulla corsa alle smarter cities, invece, ancora non è ben chiaro quale sarà il parametro di misurazione per essere più smart di altri…

In effetti, la sensazione è quella di andare un po’ secondo il vento, seguendo ora questo trend, ora quest’altro, tipicamente secondo movimenti globali che in genere nascono fuori dai confini nazionali o europei, e senza saper bene quali siano le conseguenze da aspettarci.

Ma queste fasi, queste tappe evolutive, sono le stesse per tutte le realtà? O si sono succedute in modo diverso in territori diversi? E perché tali differenze? E chi ha già superato da tempo una fase, cosa ne ha colto, in termini di costi e benefici, e di valutazioni sui risultati?

E’ scontato dirlo, ma per sapere quanto si sta “navigando” bene, prima di tutto occorre guardarsi attorno, e uscire dall’auto-referenzialità.

Il principio di questa cover è proprio questo: fare una piccola pausa di riflessione rispetto al panorama nazionale, e dare uno sguardo fuori dai confini, per vedere se, dopo tutto, là fuori si sono vissute esperienze simili, oppure si sono scelte strade diverse, e per quali motivi.

Facendo una rapidissima panoramica a volo d’uccello sulle iniziative di innovazione legate alla Pubblica Amministrazione, senza alcuna pretesa di rigore analitico o di esaustività, si può osservare come in territori diversi si sia partiti da punti diversi di questo percorso evolutivo, e alcuni passaggi siano stati addirittura saltati. 

In India, ad esempio, dove i numeri in gioco sono tali da permettere un enorme bacino di utenza per il mobile e per il web, ma ci sono dei limiti infrastrutturali dovuti alla situazione ancora arretrata di alcuni territori locali, le tappe del percorso di innovazione hanno seguito una sequenza particolare. Il National eGovernance Plan 2003-2007 ha avuto fra i suoi asset principali l’India State Data Center, la creazione di una State Wide Area Network e un Common Service Center: un approccio interessante, se si considera che altrove il processo di consolidamento dei datacenter governativi è arrivato ben dopo le prime azioni di eGovernment, avendo in pratica un vero e proprio boom con il movimento del cloud computing di questi ultimi anni.

A livello di apertura dei dati, addirittura, il Right to Information Act movement, nel 2005, ha anticipato alcuni concetti della Open Government Directive di Obama del 2009, dando un primo avvio all’apertura dei dati, che però nei fatti non è mai partita, tant’è che solo nel Marzo 2012 è stata emessa una National Data Sharing and Accessibility Policy e nel Maggio successivo è stata lanciata una iniziativa di partnership-riuso a livello planetario fra due potenze mondiali, con la Open Government Platform (OGPL) che di fatto ha ripreso l’esperienza del portale US Data.gov in chiave open source, assieme al governo indiano.

D’altra parte, nel 2011 l’India ha rilasciato un documento con le linee guida per le organizzazioni governative per gestire i social media, dimostrando di essere al passo con altre nazioni su questo tema. Se ne potrebbe quindi dedurre che, essendo presenti più problemi di disponibilità di infrastrutture sul territorio – indispensabili ad esempio per poter collezionare dataset dalle singole realtà amministrative e caricarli su piattaforme open data – si sia preferito puntare sul coinvolgimento e la partecipazione tramite i social networks e reti mobili 3G, sfruttando quindi clouds esterni (Orkut di Google, etc), e in parallelo potenziare i datacenter dello stato centrale per poter sopperire in ottica cloud computing alle carenze dei territori locali. Il tutto saltando di fatto la tappa dell’open government. 

Il percorso degli Stati Uniti, in cui si è avuto un passaggio fondamentale nel 2009 con la Open Government Directive di Obama, è stato poi marcato dalla diffusione e adozione dei social media da parte della PA, dallo sviluppo di apps per dispositivi mobili, basate sugli opendata, ed infine dall’ancora timida adozione di soluzioni di cloud computing. Una sequenza che, in parte, stiamo ricalcando anche in Europa ed in Italia, pur essendo noi partiti da un processo di formalizzazione dell’eGovernment che dal 1997 ha prodotto significative ed evolute normative sull’utilizzo delle tecnologie ICT nella PA, poi riprese anche in Direttive Europee negli anni seguenti.

Peccato che negli Stati Uniti il processo dell’Open Government sia ora oggetto di dibattito, circa la sua effettiva utilità, come dimostra il taglio del 2011 del 75% dei fondi al portale Data.gov (da poco giunto al suo terzo anniversario), ed i numeri di download di dataset da Data.gov, passati da 252.000 download ad Aprile 2011, fino a 60.000 di Marzo 2012.

D’altra parte, i numeri dell’esperienza US sono di tutto rispetto, su Data.gov si contano circa 445.000 dataset, 1.260 apps fatte da amministrazioni, 236 da cittadini, e 103 mobile apps.

Analogo discorso vale per il Regno Unito, dove una lunga storia normativa e di diffusione di eGovernment, inteso nel senso originale, dei servizi transazionali ai cittadini e dell’e-procurement nella PA, è stata accresciuta dall’arrivo dell’onda dell’Open Government, pressoché in parallelo con gli Stati Uniti, con l’intervento autorevole di Sir Tim Berners Lee per delineare la strategia per il datastore nazionale Data.gov.uk in cui sono presenti oltre 8500 dataset, e 210 apps. 

La PA Australiana, nei primi mesi del 2010, ha emesso la “Declaration of Open Government”, ha creato il portale data.gov.au, contenente ad oggi circa 1100 dataset e 17 apps. Sul fronte dell’engagement con gli sviluppatori, nel 2009 è stata creata la Mashup Australia initiative, quest’anno divenuta GovHack2012. E’ significativo che l’iniziativa “Gov2au”, che aveva creato dal 2009 una task force per il government2.0, abbia chiuso nel Maggio 2010, con un profilo twitter con 0 tweet e 266 followers. 

In Canada si è lavorato molto su tutti i fronti dell’innovazione, ad esempio creando un Government of Canada Core Subject Thesaurus, contenente tutte le terminologie necessarie a descrivere il patrimonio informativo della PA Canadese, ottima base per i Linked Data; adottando linee guida per i social media, ed infine per il mobile government, con un portale nazionale di riferimento – assai semplice e in forma wiki – per un benchmarking su tutti i siti web ottimizzati o creati per il mobile.

In Canada già dall’Autunno 2010 un sostenitore del Green Party (in curiosa analogia con quanto accaduto a Vienna) aveva lanciato nel suo blog il tema degli Open Data, e dallo stesso Green Party è stata poi richiesta una policy federale sul tema. Dal Marzo 2011 sono state avviate azioni sull’open government, e nell’Aprile 2012 è stato emesso un Open Government Action Plan. Sul portale nazionale www.data.gc.ca sono presenti oltre 272.000 dataset, fra alfanumerici e geografici, con dati di download comunque non comparabili con i portali statunitensi.

Parrebbe che in questi paesi l’open government stia entrando nella tipica fase di disillusione che segue il picco di notorietà, o addirittura in alcuni territori la disillusione è arrivata ancora prima del raggiungimento dell’apice dello hype su tali processi? Ebbene, è interessante notare come nel Maggio 2012, proprio in un momento di probabile stallo, sia stata emessa la US Digital Government Strategy, che potrebbe marcare una nuova milestone ed una nuova tappa evolutiva dell’eGovernment. Si prende, infatti, piena consapevolezza della potenza dell’accesso mobile a Internet, puntando gli effort sul mobile government, su accesso anywhere, anytime, on any device. Il mantra è “make opendata, content, web apis the new default”. Inoltre, si richiede alle agenzie di convertire almeno due servizi prioritari per i cittadini ad una piattaforma mobile entro un anno. Una misura estremamente semplice, misurabile, e che punta dritta al problema: la gente accede ed accederà sempre di più da mobile (superamento atteso nel 2015 in US, già avvenuto in India), e questo è un elemento di cui tenere conto! Dunque, il focus è sul mobile government lato cittadini, sul rafforzamento della sicurezza nell’accesso ai sistemi IT intranet lato dipendenti pubblici (chiaramente per poi poter affrontare lato mobile anche il mondo intranet).

In sostanza, prima di percorrere – con analogo effort – le stesse tappe evolutive che hanno portato negli US a questo passaggio, forse potrebbe valer la pena di rifletterci un po’ sopra, e puntare da subito a quest’ultima considerazione?

Se si ravvisano comunque elementi di somiglianza fra questi percorsi evolutivi per l’open government, pare invece più peculiare e singolare il processo che porta a tendere al concetto di smart city. Un benchmark di Boyd Cohen di Fast Company’s Co.Exist ha individuato nel 2012 le 10 smartest cities al mondo, indicando Vienna al numero 1, seguita da Toronto, Parigi, New York, Londra, etc.

E’ interessante notare come sia evoluto il concetto di smart city. Infatti, nel 2010, analogo benchmark dava al primo posto la città sud-coreana di Songdo, costruita si potrebbe dire “smart from scratch”. Città sviluppatasi interamente cablata, permeata in ogni casa o ufficio da sistemi di tele-presenza, e da sensori e attuatori in ogni strada o edificio. Parrebbe una buona pratica irraggiungibile per una smart city, anche se si potrebbe dire: “Troppo facile, partendo da zero, prova a farlo in una città d’arte europea!”. Ebbene, Vienna è stata ritenuta la smartest city del 2012, con una pianificazione che va da qui al 2020 per promuovere mobilità sostenibile, edifici intelligenti, etc. Se ne potrebbe individuare una maturazione del concetto di smart city. Partito come vision di una città iper-tecnologica, ed evoluto come città che valorizza il proprio patrimonio artistico e culturale, al tempo stesso massimizzando il rispetto per l’ambiente e la vivibilità e qualità della vita.

Sarà curioso vedere come saranno considerati, nelle metriche per misurare le smart cities, concetti ancora più spinti, come il people-centric sensing, un nuovo modo di “sentire” la città attraverso i cittadini ed i sensori posizionati su di loro (metrosense.cs.dartmouth.edu/, urban.cens.ucla.edu/). Potrebbero essere questi concetti la nuova tappa evolutiva dell’innovazione in città? 

Per capire dove si trova un Paese rispetto all’innovazione, una metafora visiva molto efficace è quella che si trova nella UE Digital Agenda Scoreboard, a cui ciascuna Nazione può far riferimento per vedere “dov’è”, in termini di risultati conseguiti.

Ma quali sono gli “stati” da raggiungere per ottenere questi risultati? Quali i passaggi focali da superare per arrivarci?

Per capire bene a cosa portano alcuni passaggi, a quali risultati e conseguenze, può essere anche utile vederne i loro effetti in diverse realtà, che su tali milestones sono passate prima di noi. Chiaramente, questo non ci dà un vantaggio molto ampio: con la velocità del Web e dell’economia globale, l’arretratezza rispetto ad un processo evolutivo di innovazione su scala mondiale, se la si vuol colmare, è colmabile ormai nel giro di una manciata di mesi. Ma l’avere anche solo qualche mese di vantaggio, rispetto ad altri paesi su certi stadi evolutivi dell’egov può essere comunque utile, per evitare di ripetere errori già commessi, o semplicemente per percorrere da subito la strada migliore, con maggiore consapevolezza.

E’ a questo che abbiamo pensato, coinvolgendo alcuni colleghi del settore privato e pubblico, che lavorano sui nostri stessi temi, in paesi dove tali passaggi sono stati percorsi come minimo una manciata di mesi addietro.

Il primo intervento è di Brigitte Lutz, che lavora nell’ufficio del CIO della Città di Vienna. Brigitte è esperta di ICT in diversi settori: Project Manager, Senior Process Manager, ed esperta di eGovernment. Coordina le attività di Open Government della città di Vienna. Brigitte ci spiega cosa ci azzecca aprire una noce con l’Open Government.

Il secondo intervento è di Vin Sumner, Managing Director di Clicks&Links, una società IT specializzata in soluzioni web-based e innovative per il settore privato e pubblico. Vin ci racconterà il suo punto di vista sugli Open Data, e su come possono essere sviluppati su un territorio che permetta lo sviluppo di piccole e medie imprese, potenziando anche l’aspetto ludico e di intrattenimento delle applicazioni basate sugli Open Data stessi.

Il terzo contributo arriva da Kristy Fifelsky, CEO di DigitalGov Group, un’azienda IT basata a Reno, Nevada, ideatrice e fondatrice of GovGirl.com, ed ex-responsabile della Rete Civica della città di Reno, Nevada, nonché membro della National Association of Government Webmasters. Kristy ci fornirà alcuni spunti sulla sua proposta per promuovere i social media e l’open government in piccole cittadine degli Stati Uniti.


Gianluca Vannuccini, un breve profilo

LA VERSIONE INGLESE DELL’ARTICOLO

An out of town trip
by Gianluca Vannuccini

We could say that in Italy, at least historically, the first phase of the eGovernment has been passed over: the one related to online portals, and the race of publishing more online transactional services in its civic portal.

Now we’re living the race of the largest number of published datasets in Open Data portals, or more precisely the race of the most transparent administration.

Maybe in a few years we’ll see the race to exposing the largest number of mobile government apps, and then, who knows, to the most “clouded” government datacenters.

Regarding the race for the smartest city, it is still not so clear what metric will be adopted to be smarter than others…

In fact, it seems that governments are sailing as the wind blows, following one trend or the other, according to global movements that usually are originated outside of national boundaries, and without knowing what consequences are to be expected.

Are these phases, these evolutionary steps, the same in all the contexts? Or, instead, they succeeded to one another with different paths in different countries? And why such differences? And, moreover, who passed over one evolutionary phase, what costs and benefits registered? And what results?

It may seem straigthforward to note it, but in order to know how well we are “sailing”, it is necessary to look around, and to move out from self-referencing.

The rationale of this issue is just this: make a brief breathing-pause with regards to the national scenario, and give a look out of the window, out of the national boundaries, in order to check whether, after all, similar experiences have been lived, or instead different paths were chosen, and for what reasons.

If we give a brief birds-eye view on innovation initiatives in Governments, without any intent to be analytic or exaustive, we can observe that different countries started from different phases, and some evolutionary steps have been even skipped.

In India, for instance, where numbers are enough to enable a huge customer base regarding mobile Internet and Internet activities, severe infrastructural limits are present, due to an under-developed situation of some local territories. Such limits caused a specific evolutionary pattern with respect to eGovernment innovation.

The National eGovernance Plan 2003-2007 listed among its main assets the India State Data Center, the creation of a State Wide Area Network and a Common Service Center (http://www.mit.gov.in/content/data-centre): an interesting approach, when considering that government datacenter consolidation hype is only recent, and linked to the cloud computing global trend.

With regards to data openness, the Right to Information Act movement, in 2005, anticipated some concepts of the 2009 US Open Government Directive thus giving a first boost to open data which, however, has never really started. As a matter of fact, only in March 2012 we see a National Data Sharing and Accessibility Policy (http://india.gov.in/) and in the following May 2012 was launched a partnership-reuse initative among two super-powers, the so-called Open Government Platform (OGPL), which translated the US Data.gov experience into an open source platform, together with the India government. On the other hand, in 2011 India released a document containing guidelines for governments for social media adoption (http://www.mit.gov.in/sites/upload_files/dit/files/SocialMediaFrameworkDraftforPublicConsultation_192011.pdf), thus being aligned with other countries in this field.

We could then deduce that, in presence of a lack of infrastructures in the local territories, that are necessary in order to collect datasets from the single local governments, and to upload them in open data platforms, engagement and participation through social media and 3G networks were preferred, by exploiting external clouds (Orkut Google, etc) and, in parallel, empowering central state datacenters in order to avoid local shortages of infrastructures through cloud computing. Till now, the open government stage has been basically skipped. 

The evolutionary path of United States of America regarding innovation in government, that achieved a key milestone in 2009, through Obama’s Open Government Directive, has been marked by a huge commitment on social media adoption by governments and by a widespread adoption of apps by Public Administrations, mainly based on Open Data. Finally, cloud computing adoption is still under evaluation by the different US government levels.

A similar sequence is being reproduced in Europe, and in Italy too, even though a long formalisation and regulation process on eGovernment has been carried out in Italy since 1997, producing also significant acts that have been adopted also in European Directives.

Unluckily, in US the Open Government process is now under discussion, regarding its effectiveness, as shown by the 75% budget cut on Data.gov portal (that recently reached its third anniversary), and by the download statistics from the portal, falling from 252.000 in April 2011, to 60.000 in March 2012 (http://www.data.gov/metric/visitorstats/monthlyredirecttrend).

However, numbers regarding US innovation experience are astonishing, on Data.gov there are about 445.000 dataset, 1.260 apps built by governments, 236 built by citizens, and 103 mobile apps.

Same is true for the UK experience, where a longer regulation and law-enforcement process regarding the classical eGovernment concept, has been boosted by the effects of the Open Government wave, with the prestigious contribution of Sir Tim Berners Lee who helped envisaging the UK datastore, where more than 8500 datasets and 210 apps are present.

Australian Government, at the beginning of 2010, launched the “Declaration of Open Government”, and created the data.gov.au portal, containing today about 1100 datasets and 17 apps. Regarding engagement with developers, in 2009 the Mashup Australia initiative was started, which has been transformed this year into GovHack2012. It can be noted that “Gov2au” initiative created in 2009 a task force for government2.0, who closed its twitter profile in May 2010 with 0 tweet and 266 followers.

Canada has worked on several innovation fields, such as the Government of Canada Core Subject Thesaurus (http://en.thesaurus.gc.ca), including all the terminologies necessary to represent the knowledge base of canadian government, and being an optimal starting point for Linked Data initiatives; social media adoption guidelines were released to canadian governments, and a simple and wiki-based mobile government reference portal was created, enabling a fast benchmarking on usability of the different mobile-optimised or native-mobile portals of canadian public administrations (http://www.mobilegovernment.ca/).

In Canada, in Autumn 2010, a supporter of the Green Party (a curious analogy with what happened in the City of Vienna-see below) launched in its blog the issue of Open Data, and the same Green Party required a federal policy on the same theme.

Since March 2011 Open Government initiatives were carried out, and in April 2012 an Open Government Action Plan has been published. On the canadian portal http://www.data.gc.ca more than 272.000 datasets are present, with download stats not comparable with the neighbouring US experiences (http://eaves.ca/2012/03/08/calculating-the-value-of-canadas-open-data-portal-a-mini-case-study/).

Having said so, it may appear that in such countries Open Government falls within the typical disillusion phase, which follows the hype, or that in some countries this disillusion came even before the hype was reached.

Well, it is worthwhile noting that in May 2012, from a possible disillusion in the US, a new page could appear, with the US Digital Government Strategy publication (http://www.whitehouse.gov/sites/default/files/omb/egov/digital-government/digital-government-strategy.pdf), which may mark a new milestone in the evolutionary roadmap of eGovernment: as a matter of fact, a full and strong awareness has been achieved with respect to the power of mobile Internet access, focusing efforts on mobile government, and access anywhere, anytime and on any device.

The mantra is “make opendata, content, web apis the new default”. Moreover, agencies are required to convert at least two prioritary services on a mobile platform within one year.

A quite simple, measurable and focused measure: people will even more access the Internet from mobile devices (the surpass is awaited for 2015 in the US, it is already happened in India http://techie-buzz.com/mobile-news/mary-meeker-mobile-internet-usage-surpassed-desktop-internet-usage-in-india.html), and this is just something to take into account!

Therefore, according the recent US Digital Government Strategy, focus on the citizens side is on mobile government, whereas on the fed workers side, it deals with security enforcement in intranet access to IT systems access (clearly paving the way to the mobile working issue in the intranet domain).

We may conclude that before starting – with similar effort – the same evolutionary milestones that brought in the US to such conclusions, it may be useful to stand still for a while, to think about it, and to focus immediately on these last achievements?

If several analogies can be devised in the different evolutionary roadmaps regarding open government, it is more difficult to envisage such similarities in the different initiatives regarding smart cities.

A benchmark from Boyd Cohen at Fast Company’s Co.Exist (http://www.fastcoexist.com/1679127/the-top-10-smart-cities-on-the-planet) in 2012 listed the top 10 smartest cities in the world: Vienna ranked first, followed by Toronto, Paris, New York, London, etc.

It is interesting to note how the very concept of smart city evolved in time: in 2010, in a similar benchmark (http://www.fastcompany.com/pics/10-smartest-cities-planet-slideshow) the south-corean metropolis of Songdo ranked first, being built as we could say it as “smart from scratch”. A city that has been entirely cabled from the beginning, that is pervaded in every house or office by telepresence devices, and by sensors and actuators in every street.

It may seem as a very unreachable blueprint, with regards to the smart city idea, even if we could say “That’s too easy, starting from ground, but try to do that in an european historical city!”. Well, Vienna was ranked as the smartes city in 2012, with a lot of activities that have been already carried out, and a roadmap which goes through year 2020, to promote sustainable mobility, smart buildings, and so on.

We could envisage a more mature concept of the smart city idea. Started as a vision of an hyper-technological city, and ended with a more sustainable concept of a city which exploits its cultural and artistic heritage, at the same time optimising environment impact, and quality of life.

It will be nice to see how will be considered, in the smart-city metrics, concepts that may seem even more advanced, such as people-centric sensing, a new way of “feeling” the city through citizens and smart sensors attached to them (metrosense.cs.dartmouth.edu/, urban.cens.ucla.edu/ ). Maybe those concepts will be the new evolutionary milestone of innovation in cities and governments?

In order to understand where a specific country is positioned, with respect to innovation, a visual metaphor which is very effective is proposed in the UE Digital Agenda Scoreboard http://ec.europa.eu/information_society/digital-agenda/scoreboard/index_en.htm to which each State can refer in order to check “where it is”, in terms of achieved results.

However, what are the “states” to reach in order to achieve those results? What are the focal milestones to pass in order to reach them?

In order to understand where some steps lead to, to what results and consequences, it may be useful to see their effects in different countries, where the same milestones where passed time before than in Italy.

We have to be conscious that this advantage cannot be so large: the Web and global economy pace are so fast that a deficiency with respect to a specific innovation and technological process, if there is a clear commitment, can be solved with a few months.

However, even a few months of timing advantage with repect to other countries, and to specific evolutionary phases, may be useful in order to avoid to repeat already-recognised mistakes, or simply enough to be able to make the first step in the right direction, with a stronger awareness.

This is what we thought of, when we asked to some colleagues working on our same themes, in the private and public sector, but in countries where those milestones have been approached at least some months before than us.

The first contribution comes from Brigitte Lutz, who is working in the Office of the CIO, City of Vienna. In her employment history she is ICT expert for various fields, Project manager, Senior Process Manager (SPcM) and E-Government expert. She coordinates the Open Government activities oft he City of Vienna. Brigitte will explain to us what is the strange relation between the act of cracking a nut, with respect to Open Government.

Second contribution is from Vin Sumner, Managing Director at Clicks&Links, an IT company specialises on web-based and innovation solutions for the private and public sector, based in Manchester, UK. Vin will tell us his point of view on Open Data, and on how they can be exploited in a metropolitan environment enabling the development of SMEs, and also improving the entertainment side in the experience of those using the apps based on Open Data.

The third piece comes from Kristy Fifelsky, CEO of DigitalGov Group, based on Reno, Nevada, creator of GovGirl.com, and former public servant at the City of Reno, Nevada, and National Association of Government Webmasters.

Kristy will give us insights on how she is trying to exploit her past experience in promoting social media and open government in small towns throughout the US.

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