Open Data, fare squadra per un cambio di passo: il sondaggio degli esperti

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Abbiamo chiesto ad esperti di open data di aiutarci a realizzare
un quadro d’insieme dello stato degli open data in Italia. Ecco una sintesi delle valutazioni

15 Luglio 2016

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Nello Iacono, Stati Generali Innovazione

Abbiamo chiesto agli esperti di riferimento del Cantiere Data Management di dare una valutazione sullo stato degli open data in Italia, cercando anche di raccogliere delle prime riflessioni utili per le iniziative da avviare e gli ostacoli da superare. Hanno risposto in 29 (provenienti dai diversi settori della società, con una prevalenza dalle istituzioni), il che ci consente di poter cogliere anche elementi di sintesi interessanti.

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Nel precedente articolo abbiamo iniziato a riportare le priorità emerse, mentre qui ci focalizziamo sulle valutazioni utili in particolare a definire lo stato di partenza, le carenze e i problemi principali. Nel prossimo articolo cercheremo di trarre così delle raccomandazioni di sintesi, anche riportando in modo puntuale le indicazioni dei nostri esperti.

Ma andiamo per ordine rispetto ai diversi temi trattati.

Valutazione dello stato di diffusione degli open data in Italia

La domanda chiedeva in particolare di fare riferimento alle esigenze nazionali e di non trattare il tema della diffusione in astratto.

Prevalgono le risposte che danno una valutazione media (16 su 29), quindi di sufficienza, anche se sono rilevanti (11) anche le risposte che danno una valutazione peggiore. C’è quindi un riconoscimento di iniziative positive, anche se la percezione è che rimanga ancora molto da fare.

Valutazione dello stato di conoscenza degli open data in Italia

Anche qui si chiedeva di effettuare la valutazione rispetto alle opportunità sociali ed economiche connesse, e quindi già pensando ai benefici del riuso, e al potenziale espresso anche dallo stato attuale di diffusione. Qui prevale una valutazione negativa (22 su 29) evidenziando la percezione di uno stato di consapevolezza ancora non raggiunto;

Valutazione dello stato di riuso degli open data in Italia

Naturalmente qui si chiedeva di effettuare la valutazione rispetto alle opportunità sociali ed economiche connesse, e in coerenza con le risposte precedenti la valutazione è stata largamente negativa (24 su 29), evidenziando la percezione di una dinamica ancora non avviata.

Di fatto, 11 su 16 che avevano espresso una valutazione di sufficienza sullo stato di diffusione, danno una valutazione negativa sul riuso.

Interessante a questo proposito l’individuazione delle cause di ostacolo al riuso, e quindi delle iniziative utili per migliorare la situazione. Abbiamo chiesto di valutare i fattori che più sono considerati anche a livello europeo come barriere e prevalgono chiaramente le risposte che evidenziano come fattori principali di ostacolo la carente qualità dei dati (20 su 29), la carente cultura del dato nella PA (20) e la bassa rilevanza dei dati pubblicati (17) mentre sono molto inferiori le risposte che individuano come fattori di ostacolo le competenze delle imprese, dei cittadini, la difficoltà di reperire i dati e le normative sulla privacy (indicate solo da 4 partecipanti al questionario). Tra le indicazioni di altri fattori non previsti dal questionario sono la poca consapevolezza dell’importanza data agli open data nelle PA (pochi esempi virtuosi), la scarsa digitalizzazione dei processi della PA (pre requisito determinante), la disomogeneità territoriale dei dati, e la mancanza di formazione al riuso per target specifici.

Strategia e situazione degli Open Data nei settori

A questo punto abbiamo chiesto di valutare i punti di partenza positivi e quindi i settori dove si poteva ritenere soddisfacente la strategia open data definita. Qui i nostri esperti hanno avuto maggiore difficoltà a rispondere (quasi un terzo delle preferenze non è stato espresso) e prevale la valutazione della strategia in ambito di Spesa Pubblica (17 su 29, probabilmente anche la recente inclusione di soldipubblici.it all’interno di un decreto legislativo ha favorito questa scelta), seguita da Trasporti (13), Beni Culturali (12), Ambiente (10). Significativa la bassissima valutazione sulla Sanità (3 su 29) che sa di bocciatura su un’area in cui gli open data hanno un enorme potenziale.

In stretta correlazione con la valutazione sulla strategia, è la situazione open data nei settori, anche qui con indicazioni positive sulla Spesa Pubblica (ma solo 11 su 29) e a seguire sempre Beni culturali (8) e Trasporti (7), mentre per gli altri settori la valutazione è del tutto negativa.

A conferma di queste valutazioni, il ritardo viene giudicato più pronunciato sulla Sanità (23), sull’Ambiente (15) e su Sicurezza e Infrastrutture (10), dove la valutazione di ritardo è anche una indicazione di gravità della carenza di dati disponibili in formato aperto in aree giudicate strategiche.

Governance

Prevalgono, anche se di poco, le valutazioni negative (16 su 29), e sono diversi i cambiamenti indicati come opportuni (a cui dedicheremo un prossimo articolo) tra questi molti evidenziano:

  • un coordinamento per l’attuazione dell’agenda nazionale, che è da realizzare in modo condiviso, e che si faccia carico anche del rispetto degli impegni (con indicatori specifici);
  • un maggior raccordo sul livello regionale e territoriale, anche con compiti espressi di coordinamento regionale e maggior valorizzazione delle competenze;
  • maggiore attenzione agli stakeholder (cittadini, imprese, ..), con pieno coinvolgimento nell’intero processo e supporto al riuso;
  • maggiore coinvolgimento del personale pubblico sull’intero processo di produzione, pubblicazione, riuso anche in ottica di miglioramento dei processi organizzativi;
  • spinta sull’obbligo normativo (es. sezione Open Data obbligatoria) con responsabilità dirigenziale e sanzioni correlate;
  • previsione della figura del Chief Data Officer in ogni PA;
  • rispetto delle leggi e degli obblighi che già ci sono.

I punti di forza sui quali poggiare le iniziative di cambiamento sono maggiormente legati al quadro normativo avanzato, alle esperienze in corso, anche notevoli, e alle competenze che ci sono ma non sempre riescano ad essere impiegate in sinergia tra loro, con un raccordo università-ricerca-imprese e settore pubblico che certamente è una risorsa fondamentale.

Insomma, un quadro d’insieme che permette di rappresentare abbastanza chiaramente le aree di miglioramento sulle quali intervenire e le cui indicazioni saranno oggetto del prossimo articolo.

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