Acquisti ed eprocurement, perché non sono la stessa cosa

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Centralizzazione
e e-procurement
presentano un potenziale strategico e di creazione di valore di
portata molto più ampia, che richiede un cambiamento del modo con cui li
si considera.
Innanzitutto riconoscendo che sono strumenti e metodi di lavoro distinti
che presentano
caratteristiche, logiche, effetti diversi, ancorché evidenti sinergie

17 Febbraio 2016

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Manuela Brusoni, Presidente Azienda Regionale Centrale Acquisti, Regione Lombardia e Niccolò Cusumano, Università Bocconi

La politica di razionalizzazione (revisione) della spesa adottata dai primi anni 2000 si è articolata lungo tre assi: standardizzazione; centralizzazione; digitalizzazione.

Il primo asse si è tradotto principalmente nel tentativo di introdurre prezzi e contratti standard. Il secondo ha visto l’istituzione e il rafforzamento di centrali di committenza nazionali e regionali e la promozione di consorzi per gli acquisti territoriali. Il terzo asse ha riguardato l’adozione e implementazione di strumenti di e-procurement.

L’obiettivo della standardizzazione è diminuire la varianza dei comportamenti d’acquisto (bandi, capitolati, clausole contrattuali sempre diversi tra loro) e degli oggetti d’acquisto per renderli più confrontabili da un lato e aggregabili dall’altro. Se tutti acquistassero ai prezzi migliori ottenibili sul mercato si avrebbe un notevole risparmio. Allo stesso modo si ritiene che tanto più tutti gli enti acquistano beni simili, tanto più sarà possibile aggregare la domanda e quindi ricorrere a dei contratti centralizzati.

Per questo motivo la centralizzazione ha iniziato a operare partendo proprio da beni fungibili e standard, commodity, come l’elettricità, la cancelleria, e sempre per questo motivo si è stabilito che i prezzi e i capitolati predisposti da Consip diventassero il benchmark di riferimento per tutte le amministrazioni, che avrebbero potuto operare acquisti in autonomia solo nel caso in cui fossero in grado di ottenere condizioni migliori.

La seconda linea di azione, la centralizzazione, ha visto nel tempo la costituzione di soggetti specializzati a livello nazionale (Consip), regionale (es. ARCA Lombardia), territoriale (livello provinciale oppure intercomunale). Tradizionalmente le centrali di committenza si sono occupate di gestire le gare, lasciando in capo ai singoli enti l’attività (e la responsabilità?) di gestione ed esecuzione dei contratti.

Il terzo asse, la digitalizzazione o e-procurement, ruota attorno a due livelli di azione (come si può vedere anche dalle disposizioni contenute nella nuova Direttiva sugli appalti riportate in tabella 1: la digitalizzazione dei supporti documentali e l’adozione di strumenti elettronici per il confronto dell’oggetto di acquisto con effetto competitivo. La prima linea si traduce nel trasformare in formato elettronico la documentazione, lasciando però inalterato, di fatto, il processo di gestione della gara. Il secondo filone, prevede, invece il ricorso a strumenti diversi di selezione quali i sistemi dinamici di acquisizione, i cataloghi online e le aste elettroniche.

Tabella 1: digitalizzazione degli appalti nella direttiva 24/2014/UE sugli appalti


L’e-procurement, può essere considerato un mezzo per standardizzare, indirettamente, anche i comportamenti d’acquisto: le Amministrazioni che si avvalgono di questi strumenti vengono guidate in sequenze procedurali predefinite. L’e-procurement può essere considerato anche una modalità di generare un’aggregazione degli acquisti [1]. Gli appalti, specialmente quelli di minore entità (sotto soglia o in economia), che tradizionalmente sfuggivano agli obblighi di pubblicità e venivano gestiti in maniera totalmente autonoma dalle singole stazioni appaltanti, secondo le recenti disposizioni di legge, devono essere espletati, infatti, su piattaforme elettroniche uniche gestite dalle centrali di committenza (le principali sono MEPA gestito da Consip e Sintel gestito da Arca Lombardia).

Queste tre dimensioni si sono spesso sovrapposte, non sempre creando sinergie, ma un uso indifferenziato e non coerente che ha limitato o addirittura impededito il concreto raggiungimento degli obiettivi di policy.

Il legislatore nazionale, ad esempio, al comma 3-bis dell’art. 33 del Codice dei Contratti li pone entrambi sullo stesso piano, lasciando la possibilità ai Comuni non capoluogo la possibilità di scegliere se espletare i propri acquisti in forma aggregata – attraverso consorzi, uffici provinciali, soggetti aggregatori regionali – oppure telematicamente- naturalmente una gara aggregata può comunque essere lanciata in forma telematica. Da un lato si vuole, attraverso la centralizzazione limitare di fatto l’autonomia dei singoli enti, ma al tempo stesso il vincolo viene meno se si utilizzano strumenti elettronici che di fatto lasciano inalterata la sostanziale autonomia degli enti nella gestione dell’acquisto [2].

Questa confusione nasce in primo luogo a livello operativo e cioè cosa vuol dire centralizzare e digitalizzare. Al fine di rimettere po’ di ordine occorrere distinguere (Magnus, 2002) l’attività di procurement da quella di acquisto (purchasing):

  • Procurement: combinazione delle funzioni di acquisto, controllo del magazzino, del trasporto e indirizzo, ricezione e ispezione, stoccaggio, e operazioni di raccolta e smaltimento.
  • Acquisto: funzione di acquisizione di attrezzature, materiali, forniture e servizi. L’acquisto comprende la determinazione del fabbisogno, la selezione del fornitore al fine di raggiungere ad un prezzo e termini giudicati equi dalle parti, la preparazione del contratto e dell’ordine, e il follow-up per garantire la consegna puntuale.

La centralizzazione e l’e-procurement in Italia sono stati applicati, salvo eccezioni (vedi ad esempio l’esperienza Toscana delle ESTAV poi confluite nell’ESTAR), principalmente all’attività di acquisto, senza comprendere perciò tutto il ciclo del procurement.

Questa visione, schiacciata sulla selezione del fornitore, confina nei fatti e nelle prassi e-procurement e centralizzazione a un ruolo di controllo, trasparenza, più che di ripensamento della spesa e dei processi di procurement. Di fatto le centrali di committenza e le piattaforme diventano dei gateway, dei passaggi obbligati, attraverso cui si convogliano i fabbisogni delle amministrazioni al mercato: nel caso dell’e-procurement la titolarità del processo resta in capo alla singola stazione appaltante, che rende la propria attività completamente tracciabile, nel caso della centralizzazione la funzione di acquisto viene trasferita a un soggetto terzo.

Se da un lato è di fondamentale importanza che per combattere fenomeni di corruzione e per implementare un controllo stringente sulla spesa si ricorra non solo a controlli ex post come quello della Corte dei Conti, ma si faccia uso anche di strumenti organizzativi e tecnici, dall’altro centralizzazione e e-procurement presentano un potenziale strategico e di creazione di valore di portata molto più ampia, che richiede però un cambiamento del modo con cui li si considera.

Innanzitutto riconoscendo che e-procurement e centralizzazione sono strumenti e metodi di lavoro distinti che presentano caratteristiche, logiche, effetti diversi, ancorché evidenti sinergie. In secondo luogo riconsiderando gli obiettivi e le modalità di “ingaggio”, di coinvolgimento sia delle singole Amministrazioni, sia dei fornitori che ponga le centrali in un ruolo di coordinatore e facilitatore, oltre che di aggregatore. In terzo luogo occorrerebbe ripensare l’attività delle centrali e l’impiego degli strumenti IT lungo l’intero ciclo di procurement.



[1] Il considerando 72 della Direttiva 24/2014/UE si preoccupa di rendere più esplicito e chiaro questo orientamento “ I mezzi di comunicazione elettronici sono particolarmente idonei a sostenere pratiche e strumenti di centralizzazione delle committenze grazie alle possibilità da essi offerte per il riutilizzo e il trattamento automatico dei dati e per la riduzione dei costi legati all’informazione e alle transazioni. ” La digitalizzazione diventa quindi uno strumento di centralizzazione.

[2] Il considerando 69 della Direttiva afferma, a proposito dei compiti delle centrali di committenza, che esse “dovrebbero, in primo luogo, essere in grado di agire come grossisti comprando, immagazzinando e rivendendo o, in secondo luogo, dovrebbero poter agire come intermediari, aggiudicando appalti, gestendo sistemi dinamici di acquisizione o concludendo accordi quadro ad uso delle amministrazioni aggiudicatrici”. A questi compiti si possono aggiungere le cosiddette “funzioni ausiliarie” di affiancamento alle stazioni appaltanti.

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