Acquisti green, le novità del nuovo codice appalti

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Per le stazioni appaltanti che non hanno ancora familiarizzato con il Green Procurement, si apre un capitolo nuovo della storia degli appalti, in cui la sostenibilità giocherà un ruolo primario

20 Giugno 2016

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Lidia Capparelli, responsabile GPP, Direzione Programma Acquisti, Consip Spa

Un inaspettato pacco dono per la sostenibilità negli acquisti pubblici: è quello che è stato recapitato appena trascorse le feste di Natale 2015, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge n. 221 del 28 dicembre 2015 (“Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali” c.d. “Collegato ambientale”) entrata in vigore il 2 febbraio 2016.

La norma, come noto, fornisce gli elementi giuridici per dare un forte impulso agli appalti verdi (articoli 16-19) mirati a premiare molto più incisivamente la qualità, specie quella ambientale, e i benefici in termini di risparmio di risorse finanziarie pubbliche e private che tale qualità ambientale determina, nonché valorizzandone la ricaduta positiva nell’arco del ciclo di vita dell’appalto. L’applicazione di tale approccio potrebbe avere conseguenze importanti per l’intero sistema socioeconomico del Paese.

Per chi, come Consip, ha sempre avuto una grande attenzione al pieno recepimento degli obbiettivi del Pan GPP e all’assunzione degli standard da esso previsti, nulla di nuovo. Per le stazioni appaltanti che non hanno ancora familiarizzato con il Green Procurement, si apre un capitolo nuovo della storia degli appalti, in cui la sostenibilità giocherà un ruolo primario. E se il tempo e le risorse non consentono un’integrazione autonoma dei Criteri Ambientali Minimi definiti dal MATTM, arrivano in soccorso gli strumenti del portale www.acquistinretepa.it, dove è possibile effettuare gli acquisti verdi e applicare i CAM selezionando prodotti e servizi contenuti in convenzioni, accordi quadro e bandi Mepa facendosi guidare da una fogliolina verde.

Il nuovo Codice dei contratti pubblici

Dopo molta assenza sul fronte della sostenibilità, neanche quattro mesi dopo l’approvazione del Collegato ambientale è entrato in vigore anche il nuovo Codice dei contratti pubblici, portando con sé ulteriori importanti novità che dirigono il Codice verso un nuovo tracciato, nel quale gli elementi di sostenibilità introdotti nelle passate formulazioni trovano nuovo vigore nella versione oggi vigente.

La prima disposizione che affronta l’argomento della tutela ambientale è l’articolo 4 (“Principi relativi all’affidamento dei contratti pubblici esclusi”) in cui sono individuati i criteri da seguire per gli affidamenti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del Codice: economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica. Sembra un avvio importante. Quindi, anche se il Codice non si applica, i principi della tutela ambientale e dell’efficienza energetica devono essere osservati.

Grande peso alla sostenibilità anche per la progettazione di lavori e servizi (art. 23) in quanto il codice richiede una particolare attenzione alla tutela della salute e dell’ambiente e della sicurezza oltre a richiedere un limitato consumo di suolo nella fase di progettazione delle opere, rispettare principi di risparmio e di efficientamento energetico, di valutazione del ciclo di vita e di manutenibilità delle opere, accessibilità e adattabilità per tutti gli utenti.

Con l’articolo 30 (“Principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni”) si entra nel vivo. Il testo dell’articolo riporta tutti i principi ispiratori del Codice. Si esplicita chiaramente, con una formulazione che è simile a quella contenuta nel precedente Codice dei contratti, la possibilità di subordinare il principio di economicità ai criteri previsti nel bando ispirati ad esigenze sociali, nonché alla tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico. Si afferma al comma 3 che, nell’esecuzione di appalti pubblici e di concessioni, gli operatori economici rispettano gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi e dalle disposizioni internazionali elencate nell’allegato X, disposizione quest’ultima che punta a richiamare tutte le principali convenzioni dell’International Labor Organization (ILO) come principi fondamentali in materia di esecuzione degli appalti.

I criteri di sostenibilità energetica e ambientale nel nuovo Codice

Il quadro delle norme inerenti la sostenibilità viene completato dall’articolo 34 inerente i criteri di sostenibilità energetica e ambientale. L’articolo riprende le disposizioni contenute nel Collegato ambientale e sancisce l’obbligo di applicazione dei Criteri ambientali minimi definiti dal MATTM, almeno per le specifiche tecniche e per le condizioni di esecuzione contrattuale. L’obbligo viene riferito al 100% del valore a base d’asta per tutti gli appalti dove si può conseguire efficienza negli usi finali e in particolare viene riferito agli acquisti di:

  1. lampade per l’illuminazione pubblica e relativo servizio di progettazione;
  2. attrezzature elettriche ed elettroniche;
  3. servizi energetici per gli edifici;
  4. servizi di progettazione e lavori per nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione e gestione dei cantieri pubblici.

Per le altre categorie di appalti per cui sono previsti i decreti di adozione dei Criteri ambientali minimi, l’obbligo si applica al 50% del valore a base d’asta, con una progressione estensiva dell’obbligo fino al 100% entro il 2020, così come definito nel decreto del MATTM del 24 maggio 2016 (Gazzetta ufficiale del 7 giugno 2016). L’obbligo si applica a tutte le stazioni appaltanti a prescindere dal valore dell’appalto. Si stabilisce inoltre nel medesimo articolo che i Criteri ambientali minimi sono tenuti in considerazione per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’articolo 95, comma 6 del Codice.

Quindi, i Cam sono obbligatori al 100% quando si tratta di prodotti e servizi che consumano energia, per il 50% del valore a base d’asta per le restanti categorie, in entrambi i casi a prescindere dall’importo della gara. I criteri premianti individuati dai Cam possono essere utilizzati per la definizione dei parametri dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Altra novità per le stazioni appaltanti: all’articolo 38 si stabilisce che l’ANAC costituirà un apposito elenco delle stazioni appaltanti qualificate di cui fanno parte anche le centrali di committenza. I criteri per la qualificazione riguardano anche l’applicazione di criteri di sostenibilità ambientale e sociale nell’attività di progettazione e di affidamento. Attenzione a tale sistema in quanto, a decorrere dalla data di entrata in vigore del nuovo sistema di qualificazione, l’ANAC non rilascerà il CIG (codice identificativo gara) alle stazioni appaltanti non qualificate.

Grande importanza viene data anche alle clausole sociali all’articolo 50, dove si invitano le stazioni appaltanti a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato negli appalti e concessioni di lavori e servizi ad alta intensità di manodopera attraverso l’introduzione di specifiche clausole sociali.

Le specifiche tecniche

Un discorso a parte lo merita la questione delle specifiche tecniche alle quali il legislatore dedica un’attenzione particolare (articolo 68). Esse possono riguardare uno specifico processo o metodo di produzione o prestazione o uno specifico processo per un’altra fase del ciclo di vita anche non sostanziale, purché tali specifiche siano collegate con l’oggetto dell’appalto e proporzionate al suo valore o agli obiettivi. La novità è rilevante in quanto la proibizione dei codici precedenti di poter valutare i metodi di produzione viene definitivamente sdoganata a favore di una maggiore verticalità delle valutazioni tecniche negli appalti. Più in generale, le specifiche tecniche devono essere formulate o in termini di:

  1. prestazioni o requisiti funzionali, comprese le caratteristiche ambientali, a condizione che i parametri siano sufficientemente precisi da consentire agli offerenti di determinare l’oggetto dell’appalto e alle commissioni aggiudicatrici di aggiudicare l’appalto;
  2. mediante riferimento a specifiche tecniche che fanno riferimento alle norme europee, alle valutazioni tecniche, alle specifiche tecniche comuni, alle norme internazionali, ad altri sistemi tecnici di riferimento adottati dagli organismi europei di normalizzazione o, in mancanza, alle norme, omologazioni o specifiche tecniche nazionali per la progettazione, il calcolo e la realizzazione delle opere e uso delle forniture; ogni riferimento deve essere accompagnato con il termine “o equivalente”;
  3. a una combinazione delle specifiche di cui al punto 1) con quelle di cui al punto 2).

In sostanza, nel nuovo codice, la prescrittività e severità di individuazione dei requisiti ambientali sembrerebbe estendersi alle specifiche tecniche tout court definite. Viene fatto salvo il principio dell’equivalenza, che invertendo l’onere della prova, comporta verso l’offerente che decida di avvalersene, l’onere di provare con qualsiasi mezzo appropriato (articolo 86) che le specifiche o le caratteristiche funzionali proposte siano equivalenti rispetto a quelle richieste della stazione appaltante. Fin qui nulla di nuovo.

Ma veniamo alle etichettature. Qui la semplificazione è sostanziale nella possibilità di richiedere come mezzo probatorio un’etichetta specifica che contenga caratteristiche di tipo ambientale o sociale o di altro tipo purché:

  1. i requisiti delle etichette siano volti a definire le caratteristiche dell’appalto e siano ad esso connessi;
  2. i criteri siano oggettivi, verificabili e non discriminatori;
  3. il procedimento di definizione delle etichette sia aperto e trasparente, accessibile da tutte le parti e la valutazione sia effettuata da una parte terza indipendente.

Dal prezzo più basso al costo del ciclo di vita

Nell’ambito dei criteri di aggiudicazione dell’appalto (articolo 95), il prezzo più basso viene relegato a un ruolo marginale mentre trova spazio l’applicazione del metodo di aggiudicazione secondo il costo del ciclo di vita: per valutare l’offerta migliore le stazioni appaltanti devono stimare vari elementi di costo oltre a quello di acquisto. Tra tali costi sono esplicitamente citati i costi sostenuti per l’acquisizione, i costi connessi all’utilizzo, quali consumo di energia e altre risorse, i costi di manutenzione, i costi relativi al fine vita, come i costi di raccolta e di riciclaggio, i costi imputati a esternalità ambientali legate ai prodotti, servizi o lavori nel corso del ciclo di vita quali, ad esempio, i costi delle emissioni di gas a effetto serra e di altre sostanze inquinanti, i costi legati all’attenuazione dei cambiamenti climatici.

Insomma, il vecchio Total Cost of Ownership con l’aggiunta delle esternalità. Sembra semplice, eppure applicare tale metodo non lo sarà affatto, soprattutto riguardo alle esternalità.

Certificazioni e fideiussioni

Ultime non meno importanti novità sono legate alla riduzione della fideiussione provvisoria e definitiva per la partecipazione alle gare d’appalto. Importanti riduzioni sono derivanti dal possesso di certificazioni di processo e di prodotto quali certificazione della serie UNI CEI EN 45000, UNI CEI EN ISO/IEC 17000, UNI CEI ISO 9000, Registrazione EMAS, UNI EN ISO 14001, Ecolabel Europeo, UNI EN ISO 14064, rating di legalità, attestazione del modello organizzativo secondo la 231/2001, SA 8000, UNI CEI EN ISO 50001, UNI CEI 11352, ISO 27001.

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