Cittadinanza digitale, ecco come cambia con il nuovo Cad

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15 Febbraio 2016

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Fernanda Faini, giurista

L’art. 1 della legge delega 124/2015 reca la significativa rubrica “Carta della cittadinanza digitale” a voler riassumere il cambio di prospettiva e l’intenzione del legislatore di rafforzare e rendere effettivi i diritti digitali dei cittadini nei confronti delle amministrazioni pubbliche. E, infatti, nell’art. 1 della legge delega vengono esplicitati l’obiettivo di garantire a cittadini e imprese, anche attraverso l’utilizzo delle ICT, il diritto di accedere a tutti i dati, i documenti e i servizi di loro interesse in modalità digitale e la finalità di garantire la semplificazione nell’accesso ai servizi alla persona, riducendo la necessità dell’accesso fisico agli uffici pubblici. Questi obiettivi trovano forma nei principi e criteri direttivi che devono guidare il Governo nella modifica e integrazione del Codice dell’amministrazione digitale (CAD – d.lgs. 82/2005): fra questi criteri, incontriamo l’individuazione di strumenti per definire il livello minimo di sicurezza, qualità, fruibilità, accessibilità e tempestività dei servizi online delle amministrazioni pubbliche, prevedendo, a tal fine, speciali regimi sanzionatori e premiali per le amministrazioni stesse; il principio del digital first, ossia la ridefinizione e la semplificazione dei procedimenti amministrativi, in relazione alle esigenze di celerità, certezza dei tempi e trasparenza nei confronti dei cittadini e delle imprese, mediante una disciplina basata sulla loro digitalizzazione e per la piena realizzazione del principio «innanzitutto digitale»; l’alfabetizzazione digitale, la partecipazione con modalità telematiche ai processi decisionali delle istituzioni pubbliche, la piena disponibilità dei sistemi di pagamento elettronico nonché la riduzione del divario digitale sviluppando le competenze digitali di base. Per dare effettività a tali principi tra i criteri direttivi si trovano una serie di strumenti che le amministrazioni devono garantire, quali il domicilio digitale, l’identificazione tramite il sistema pubblico di gestione dell’identità digitale (SPID) e i pagamenti elettronici.

> Questo articolo fa parte del dossier “Speciale CAD, grandi firme commentano il codice della PA digitale”

Alla luce della legge delega e dei suoi principi, cosa cambia in merito alla cittadinanza digitale nel decreto legislativo che attua l’art. 1 della legge 124/2015, approvato in esame preliminare e di recente pubblicato sul sito del Governo?

La ratio di «spostare l’attenzione dal processo di digitalizzazione ai diritti digitali dei cittadini» viene esplicitata fin dall’inizio della relazione illustrativa di accompagnamento al decreto legislativo e si esprime l’intenzione di riconoscere direttamente i diritti a cittadini e imprese e costituire la base giuridica per implementare Italia Login.

Leggendo le disposizioni dell’articolato si trovano modifiche e integrazioni che vanno nella direzione di fortificare e rendere maggiormente effettiva la cittadinanza digitale, fin dalle definizioni fra le quali vengono inserite quelle di identità digitale e domicilio digitale.

Nel senso di favorire la cittadinanza digitale, sono da leggere le modifiche all’art. 3 relativo al diritto all’uso delle tecnologie, norma “madre” dei diritti digitali nei confronti dell’amministrazione pubblica, che vede un ampliamento soggettivo di applicazione nell’utilizzo del termine “chiunque” (e non più solo cittadini e imprese) e prevede che il diritto consista nel diritto di usare le soluzioni e gli strumenti del Codice nei rapporti con i soggetti cui si applica il CAD, anche ai fini della partecipazione al procedimento amministrativo: precedentemente si prevedeva il diritto a richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni, con una limitazione (alle comunicazioni) che depotenziava l’ampiezza e la vis del portato normativo. Peccato solo aver “perso” il termine «ottenere» idoneo a porre in testa all’amministrazione una sorta di obbligazione di risultato, che comunque si può ritenere ugualmente presente quando si parla di «diritto di usare», che presuppone l’obbligo per l’amministrazione di rendere concreto il diritto. E, proprio al fine di garantire effettività al diritto così ampliato, sono inseriti tre commi nell’art. 3, atti a chiarire gli obblighi che gravano sulle amministrazioni: il comma 1-quater prevede la gestione dei procedimenti amministrativi in modo da consentire, «mediante strumenti informatici, la possibilità per il cittadino di verificare anche con mezzi telematici i termini previsti ed effettivi per lo specifico procedimento e il relativo stato di avanzamento, nonché di individuare l’ufficio e il funzionario responsabile del procedimento», il comma 1-quinquies prevede il diritto all’assegnazione di un’identità digitale attraverso la quale accedere e utilizzare i servizi erogati in rete (funzionale quindi a poter esercitare il diritto all’uso delle tecnologie) e il comma 1-sexies prevede il diritto a essere identificati tramite identità digitale e a inviare e ricevere comunicazioni e documenti tramite un domicilio digitale. La disposizione dell’art. 3, pertanto, viene ampliata, rinvigorita e accompagnata da espliciti doveri in capo alle amministrazioni.

Degne di nota anche le modifiche all’art. 7, relativo alla qualità dei servizi resi e alla soddisfazione dell’utenza, che esplicitano l’obbligo in capo ai soggetti cui si applica il CAD di rendere disponibili i propri servizi per via telematica nel rispetto delle disposizioni del Codice e degli standard e livelli di qualità anche in termini di fruibilità, accessibilità, usabilità e tempestività, stabiliti con le regole tecniche, consentendo agli utenti di esprimere la soddisfazione rispetto alla qualità del servizio reso e prevedendo la pubblicazione sui propri siti dei dati risultanti: si stabilisce, altresì, al fine di garantire effettività alla disposizione, che, in caso di violazione degli obblighi, gli interessati possano agire in giudizio, nei termini e con le modalità stabilite nel d.lgs. 198/2009, ossia con la cosiddetta class action.

Apprezzabile anche la modifica dell’art. 8 del CAD che sostituisce ad «alfabetizzazione digitale» il termine «cultura digitale» e che, lungi dall’essere questione solo terminologica, implica la volontà del legislatore di diffondere tra i cittadini, con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione, non solo conoscenze e competenze informatiche, ma anche consapevolezza e conoscenza in merito al valore, alle opportunità, alle regole e ai rischi collegati all’utilizzo delle tecnologie: viene altresì introdotto l’art. 8-bis che prevede di favorire la connettività alla rete Internet negli uffici e luoghi pubblici, a beneficio degli utenti. Anche l’art. 9, relativo alla partecipazione democratica elettronica, vede un ampliamento soggettivo dei destinatari (tutti i soggetti cui si applica il CAD e non solo le pubbliche amministrazioni) e un ampliamento oggettivo nella previsione dell’obbligo di «migliorare la qualità dei propri atti, anche attraverso l’utilizzo, ove previsto e nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, di forme di consultazione preventiva per via telematica sugli schemi di atto da adottare». Norma quanto mai opportuna, in considerazione del fatto che anche su questo decreto legislativo oggetto di analisi sarebbe stata quanto mai apprezzata la consultazione pubblica.

Nella direzione di garantire effettività ai diritti che compongono la cittadinanza digitale devono essere lette le modifiche all’art. 12, che prevede l’effettivo riconoscimento dei diritti dei cittadini e delle imprese in conformità agli obiettivi indicati nel Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione, l’introduzione del comma 1-bis nell’art. 13, ai sensi del quale le politiche di formazione devono essere volte anche allo sviluppo delle competenze tecnologiche e manageriali dei dirigenti per la transizione alla modalità operativa digitale e, infine, le sanzioni di cui all’art. 61 dove si prevede che con il decreto legislativo adottato ai sensi dell’art. 17 della legge 124/2015 sia definita la rilevanza, ai fini della responsabilità dirigenziale, della violazione alle disposizioni del CAD e del mancato o inadeguato utilizzo delle tecnologie ivi disciplinate. Sembrano mancare ancora nelle disposizioni quegli «speciali regimi sanzionatori e premiali per le amministrazioni» previsti nella legge delega.

Oltre a ciò, nelle modifiche e integrazioni al CAD, vengono regolati e favoriti strumenti quali il sistema pubblico di gestione dell’identità digitale (SPID), il domicilio digitale e i pagamenti elettronici, accompagnando quindi l’ampliamento e il rafforzamento della cittadinanza digitale con strumenti concreti, portando a concludere che è stata cementata la via per la cittadinanza digitale e che almeno sotto questo profilo qualcosa sì, si muove davvero.

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