Contratti pubblici informatici: cosa c’è da sapere sui nuovi obblighi

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Con la conversione in Legge del Decreto Crescita 2.0 è stato introdotto l’obbligo del contratto pubblico informatico. Il tema è così delicato che in pochissimo tempo sono stati pubblicati pareri ed interpretazioni (ufficiali e non) della norma che hanno cercato di delimitare il campo di applicazione di questa novità. Nell’ambito della collaborazione con lo Studio Legale Lisi presentiamo questo utilissimo intervento di Andrea Lisi che chiarisce lo stato dell’arte e plaude – nonostante tutto – questo ulteriore passo in direzione della dematerializzazione.

6 Marzo 2013

L

Andrea Lisi

Articolo FPA

Con la conversione in Legge del Decreto Crescita 2.0 è stato introdotto l’obbligo del contratto pubblico informatico. Il tema è così delicato che in pochissimo tempo sono stati pubblicati pareri ed interpretazioni (ufficiali e non) della norma che hanno cercato di delimitare il campo di applicazione di questa novità. Nell’ambito della collaborazione con lo Studio Legale Lisi presentiamo questo utilissimo intervento di Andrea Lisi che chiarisce lo stato dell’arte e plaude – nonostante tutto – questo ulteriore passo in direzione della dematerializzazione.

La legge 17 dicembre 2012 n. 221, di conversione del decreto legge 18 ottobre 2012 n. 179 (“Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”), entrata in vigore il 19 dicembre 2012 è già oggetto di innumerevoli dibattiti sul web e sulle più importanti riviste di diritto. Invero, la prima lettura della norma pone degli interrogativi sulla sua effettiva portata innovativa e sulla sua concreta applicazione.

Ci si riferisce in particolare al comma 13 dell’art. 11 del d.lgs. 163/06, così come modificato dall’art. 6 del decreto legge 18 ottobre 2012 n. 179, che ora così recita: "Il contratto è stipulato, a pena di nullità, con atto pubblico notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica amministrativa a cura dell’Ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice o mediante scrittura privata"[1].

Le divergenze interpretative[2], sorte all’indomani dell’entrata in vigore della legge n. 221/2012, si sono manifestate in una tesi restrittiva che sostiene l’obbligatorietà della modalità elettronica solo per gli atti notarili, e in un’altra estensiva che afferma la perentorietà della sottoscrizione di tutti i contratti in modalità informatica. Tali divergenze hanno ormai trovato risposta innanzitutto nel Dossier di documentazione della Camera dei deputati XVI Legislatura, AC n. 5626/XVI del 10.12.2012 redatto dal servizio del Dipartimento attività produttive, dove, in relazione all’art. 6, comma 3 del decreto legge n. 179/2012, si legge:

“La disposizione precisa inoltre che la "forma elettronica" del contratto non è in alternativa alla forma pubblica amministrativa, ma ne rappresenta una delle modalità.

Dal testo della disposizione novellata, quindi, si ricava che la stipula conseguente all’atto di aggiudicazione può avere una delle seguenti forme:
§ l’atto pubblico notarile informatico;
§ la forma pubblica amministrativa, con modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, a cura dell’Ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice;
§ la scrittura privata[3].

L’intento del Legislatore non è dunque di mantenere in capo alla PA la possibilità di scelta tra modalità informatica e cartacea per la stipulazione dei contratti, in quanto la “modalità elettronica” non rappresenta un tertium genus di forma rispetto all’atto pubblico notarile o alla scrittura privata, (come invece risultava nella vecchia formulazione della norma in questione), ma solo una modalità alternativa a quella cartacea che ora diventa obbligatoria sicuramente per il primo tipo di atti e per i contratti in forma pubblica amministrativa.

A sedare ogni dubbio è intervenuta altresì l’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che, con il provvedimento del 19 febbraio 2013, ha offerto delle indicazioni interpretative sull’applicazione dell’art. 11, comma 13 del Codice dei contratti pubblici, abbracciando la tesi qui sostenuta dell’obbligatorietà della “forma elettronica” per la stesura degli atti in forma pubblica amministrativa (oltre che per gli atti notarili, per i quali l’obbligatorietà della modalità elettronica è pacifica), affermando, però, che la forma cartacea resta legittima in caso di scrittura privata. Laddove la stipulazione per scrittura privata sia ammessa, sarebbe nelle facoltà delle parti sottoscrivere il contratto con firma digitale, oppure consentire che lo scambio delle lettere ex art. 334 del Regolamentodi attuazione ed esecuzione del Codice dei contratti (DPR del 5 ottobre 2010 n. 207) avvenga mediante “modalità elettroniche” (ad esempio mediante invio con PEC).

Chiarita, dunque, la reale portata innovativa della norma in questione, non pochi sono i problemi applicativi che ogni pubblica amministrazione deve affrontare, soprattutto nel caso di stipula in modalità informatica di un contratto in forma pubblica amministrativa: è davvero necessario che tutti i contraenti siano dotati di firma digitale? Come dovrà interfacciarsi la PA adempiente con l’Agenzia delle Entrate nel momento della registrazione del contratto?

Con riferimento al primo interrogativo, una soluzione “minima”, ossia realizzabile con il minimo sforzo per i privati che si trovano a relazionarsi con la PA (obbligata ad ottemperare agli obblighi ex art. 6 DL n. 179/2012) consisterebbe nel far sottoscrivere dalle parti contrattuali il documento con una firma elettronica non qualificata o addirittura “a penna”, lasciando poi all’Ufficiale Rogante l’onere di provvedere alla scansione del documento analogico, apponendo al documento informatico così creato la propria firma digitale. In questo modo verrebbe comunque soddisfatto il requisito dell’autenticità della firma e della sua riconducibilità all’effettivo titolare. Pertanto, l’unico obbligato a possedere la firma digitale risulterebbe proprio l’ufficiale rogante della pubblica amministrazione, che, apponendola in calce al documento informatico così creato, attesterà che le firme elettroniche o le firme autografe delle parti acquisite con procedimento di scansione sono state apposte in sua presenza, conferendo in tal modo al documento informatico o alla copia informatica dell’atto analogico la stessa validità che avrebbe se entrambe le parti lo avessero sottoscritto con la propria firma digitale ex art. 24 CAD. Infatti, l’art. 25 del Codice dell’Amministrazione Digitale prevede dal 2° comma che “l’autenticazione della firma elettronica, anche mediante l’acquisizione digitale della sottoscrizione autografa, o di qualsiasi altro tipo di firma elettronica avanzata consiste nell’attestazione, da parte del pubblico ufficiale, che la firma è stata apposta in sua presenza dal titolare, previo accertamento della sua identità personale, della validità dell’eventuale certificato elettronico utilizzato e del fatto che il documento sottoscritto non è in contrasto con l’ordinamento giuridico. L’apposizione della firma digitale da parte del pubblico ufficiale ha l’efficacia di cui all’articolo 24, comma 2”.

Inutile dire che se i contraenti avessero la firma digitale, si eviterebbe in nuce ogni tipo di problema connesso alla formazione dei contratti, alla loro autenticazione e trasmissione all’Agenzia delle Entrate. Per tale motivo, nel caso di procedura ad evidenza pubblica, sarebbe conveniente per le stazioni appaltanti imporre già nel bando alle imprese partecipanti di dotarsi di un sistema di firma che risponda alle esigenze di cui al comma 3 dell’art. 6 del d. l. 179/2012 convertito, senza che tale requisito appaia contrastare il favor partecipationis.

Con riferimento poi alla trasmissione dei contratti informatici all’Agenzia delle Entrate per la loro registrazione, non può non richiamarsi in questa sede quanto affermato dal comma 2 dell’art. 4 del Codice dell’Amministrazione Digitale: “Ogni atto e documento può essere trasmesso alle pubbliche amministrazioni con l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione se formato ed inviato nel rispetto della vigente normativa”. Tuttavia, la perentorietà dell’art. 6 del decreto legge 18 ottobre 2012 n. 179 non ha tenuto conto delle difficoltà pratiche che la stessa comporta per gli operatori che devono interfacciarsi con l’Agenzia delle Entrate, la quale non sembra abbia ancora provveduto a predisporre delle misure idonee alla messa in regime della registrazione dei contratti digitali. Non resta che trovare una soluzione di compromesso nell’utilizzo di quanto suggerito in una circolare[4] di cinque anni fa, emanata dalla stessa Agenzia delle Entrate, con cui la stessa ammette una modalità “ibrida” di registrazione dei contratti (cartacea e digitale), nelle more della realizzazione di una procedura di registrazione telematica dei contratti, a cui non ha, a quanto ci risulta, ancora provveduto. In sintesi, l’Agenzia invitava a presentare la richiesta di registrazione in modalità cartacea unitamente:

  • al supporto informatico contenente l’atto firmato digitalmente;
  • alla copia cartacea dell’atto contenuto nel citato supporto;
  • alla prova dell’avvenuto pagamento dell’imposta di registro (nella misura fissa di 168,00 euro per ciascuna disposizione negoziale contenuta nel documento) e dell’imposta di bollo, “nella misura di 14,62 euro sia per l’originale informatico sia per l’esemplare cartaceo, secondo le disposizioni vigenti”.

Tale modalità avrebbe dovuto essere temporanea, proprio perché creata al fine di tamponare le falle di un sistema ancora non pronto a ricevere atti nativi informatici. Tuttavia, non si esclude che la stessa modalità possa essere utilizzata tuttora per far fronte alle problematiche pratiche sorte a seguito della modifica al Codice dei contratti pubblici.

Più razionale, in realtà, sarebbe trovare una soluzione nel CAD, e, in particolare, nell’art. 23[5], sulla scorta del quale l’Agenzia delle Entrate può temporaneamente porre rimedio all’impossibilità di ricevere i contratti in formato digitale chiedendo che le venga inviata una copia cartacea conforme del contratto informatico. Una volta tornato dalla registrazione, sarebbe opportuno aggiungere al documento informatico, come allegato, la nota di registrazione. Al fine, poi, di facilitarne la conservazione, sarebbe necessario associare al contratto stipulato in modalità elettronica la relativa nota di registrazione (come allegato al primo), e poi portarlo in conservazione.

Rimane ferma la temporaneità delle procedure innanzi esplicitate, essendo assolutamente indispensabile che l’Agenzia delle Entrate provveda a informatizzare le procedure di registrazione dei contratti.

Al di là dei problemi applicativi menzionati che la norma pone, però, non può negarsi come la stessa, costringendo le pubbliche amministrazioni a utilizzare gli strumenti del CAD per la sottoscrizione dei contratti, pena la nullità degli stessi, rappresenti una forte sterzata nel segno della informatizzazione pubblica e la progressiva dematerializzazione dei procedimenti amministrativi.

 

*avv. Andrea Lisi – Digital & Law Department (www.studiolegalelisi.it)

 


[1] Il citato comma 13 dell’articolo 11 del Codice dei contratti pubblici, prima della novella, disponeva che “il contratto è stipulato mediante atto pubblico notarile, o mediante forma pubblica amministrativa a cura dell’ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice, ovvero mediante scrittura privata, nonché in forma elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante”.

[2] È stata formulata una lettura restrittiva da parte del Dott. Francesco Grilli apparso su leggioggi.it  il giorno 11.1.2013 http://www.leggioggi.it/2013/01/11/contratti-della-pubblica-amministrazione-solo-informatici-ma-e-davvero-cosi/ e un’altra estensiva in un articolo apparso su italiaoggi il 4.1.2012 http://rassegnastampa.cittadinanzattiva.it/130104/1pvz1r.pdf).

[3] Dalla semplice lettura del dossier parrebbe che la facoltatività della modalità elettronica rimanga possibile solo per le scritture private. In realtà, la modalità cartacea dovrebbe costituire una forma residuale anche per i contratti a mezzo di scritture private, in quanto è da preferirsi sicuramente la modalità elettronica se, a titolo esemplificativo, l’appaltatore utilizza la firma digitale oppure è possibile attuare uno scambio di lettere tramite PEC oppure si ricorre al MePA, il portale degli acquisti della Pubblica Amministrazione, attraverso il quale gli acquisti si perfezionano a mezzo contratti o ordini elettronici sottoscritti con firma digitale.

[4] La Circolare n. 58/E del 2008, con cui venivano illustrate le prime linee operative che gli uffici avrebbero dovuto seguire per la tassazione degli atti relativi al trasferimento delle quote di una SRL con firma digitale,  recita: “In attesa della predisposizione di un’apposita procedura telematica per la registrazione dei contratti in oggetto e per il relativo pagamento, l’imposizione dell’atto di trasferimento di quote di società a responsabilità limitata sottoscritto digitalmente deve aver luogo mediante presentazione ad un ufficio dell’Agenzia delle entrate del modello di richiesta di registrazione (Mod. 69), allegando allo stesso il supporto di memorizzazione (es: CD o DVD) dell’atto firmato digitalmente dai contraenti, unitamente ad un esemplare in formato cartaceo. Ai fini dell’individuazione del termine per la richiesta di registrazione, il documento informatico dovrà essere munito di marcatura temporale al momento dell’apposizione, a cura delle parti, dell’ultima firma digitale”. Con la circolare citata, poi, l’Agenzia delle Entrate invitava a far coincidere la data del contratto con quella della marca temporale, in modo da facilitare il relativo controllo dell’ufficio sull’avvenuto rispetto del termine.

[5] L’art. 23 del CAD così recita “Le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti e’ attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale se la loto conformità’ non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto, l’obbligo di conservazione dell’originale informatico”.

 

 

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