Cronache di un anno bisesto

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Sia la fine del mondo che stiamo aspettando, come dicevano i Maya, sia più semplicemente "L’anno che verrà" come diceva Lucio Dalla certo non vediamo l’ora che questo brutto anno bisesto-anno funesto che è stato il 2012 finisca e cominci un 2013 sperabilmente un po’ meglio. Difficile sottrarsi dal fare consuntivi e rendiconti: io proverò a raccontare a modo mio l’anno che finisce stilando qualche elenco, ma per evitare il "ne ultra crepidam" che i latini intimavano a calzolaio presuntuoso, rimarrò nel campo dell’innovazione della PA.

Vi propongo quindi tre elenchi. Se avete voglia di giocare con me, magari aiutatemi ad arricchirli.

21 Dicembre 2012

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Carlo Mochi Sismondi

Articolo FPA

Sia la fine del mondo che stiamo aspettando, come dicevano i Maya, sia più semplicemente "L’anno che verrà" come diceva Lucio Dalla certo non vediamo l’ora che questo brutto anno bisesto-anno funesto che è stato il 2012 finisca e cominci un 2013 sperabilmente un po’ meglio. Difficile sottrarsi dal fare consuntivi e rendiconti: io proverò a raccontare a modo mio l’anno che finisce stilando qualche elenco, ma per evitare il "ne ultra crepidam" che i latini intimavano a calzolaio presuntuoso, rimarrò nel campo dell’innovazione della PA.

Vi propongo quindi tre elenchi. Se avete voglia di giocare con me, magari aiutatemi ad arricchirli.

Elenco delle cinque cose del 2012 che hanno indebolito la mia speranza (ho fatto proprio fatica a limitarmi a cinque):

1.       La nuova burocratizzazione delle riforme, si chiamino anticorruzione o gestione delle risorse umane, con un potente arretramento dello spirito riformista, che nasce solo nella fiducia e non nella diffidenza verso qualsiasi autonomia.

2.      Una potente ricentralizzazione delle decisioni con la scusa che un federalismo, in realtà mai attuato e nato storpio, sia fallito o troppo costoso.

3.      La spending review, quando vuol dire tagliare senza discriminare, senza chiederci ogni volta cosa vale la pena di tenere o di potenziare e cosa si debba eliminare.

4.      Il pasticciaccio brutto delle riforme istituzionali, a cominciare dalla storia infinita delle province. Nato nella confusione, portato avanti tra leggi contraddittorie, morto senza gloria non in un campo di battaglia, ma in una palude parlamentare.

5.      La scarsa attenzione ai risparmi veri che nascono non dalla bufala dell’innovazione a costo zero, ma da una nuova architettura delle amministrazioni, a cominciare dai modelli organizzativi, per finire con i sistemi informativi in cui parole come cloud o data center consolidation rimangono appunto parole da convegno.

Elenco delle cinque cose del 2012 che hanno accresciuto la mia speranza:

1.      Le esperienze di partecipazione civica e politica che sono nate più meno spontaneamente nelle città e il nuovo interesse all’innovazione sociale.

2.      L’affermazione internazionale, in parte ripresa anche in Italia, del paradigma dell’Open Government. Con essa la spinta all’adozione in Italia di un Freedom of Information Act.

3.      Una maggiore, anche se ancora insufficiente, attenzione ai numeri e alle misure che, spinta anche dal movimento per gli Open Data, può aiutare l’accountability e il controllo sociale.

4.      La continuità nella tenace, a volte oscura e un po’ noiosa lotta per la semplificazione burocratica che, briciola dopo briciola, sta erodendo un sistema consolidato e sta affermando principi nuovi quali la misurabilità degli oneri, la proporzionalità degli adempimenti, la concertazione con gli stakeholders per degni i percorsi e le priorità.

5.      Il grande sviluppo delle tecnologie abilitanti, che ci permettono condizioni di maggiore libertà nel lavoro, nel tempo libero, nei nostri spazi di socializzazione e di divertimento e che possono far scrivere a me questo articolo e a voi leggerlo ovunque ci piaccia essere. 

Elenco delle prime cinque cose che vorrei vedere nel 2013:

1.      Un piano strategico per l’Italia digitale che abbia chiaro il progetto complessivo, il piano finanziario e le priorità, la governance e la catena di comando.

2.      Un maggior numero di giovani nella PA, perché vorrei che per la prima volta dopo decenni l’età media dei dipendenti pubblici cominciasse a calare (e, visto che ci siamo, diminuisse anche la percentuale di giuristi)

3.      Uno spazio di azione per le comunità intelligenti che usi la tecnologia come potente strumento che abilita alla coesione, alla partecipazione, alla trasparenza. Il tutto in un clima favorevole alla sussidiarietà orizzontale e ad un nuovo protagonismo dei cittadini attivi.

4.      Una grande attenzione alla programmazione dei fondi europei 2014-2020 per non piangere poi quando il latte è versato.

5.      La ripresa della spinta riformatrice basata sull’innovazione istituzionale per ridisegnare il perimetro dell’azione pubblica in un deciso sforzo di partnership tra pubblico, privato, terzo settore, forze sociali; sull’innovazione organizzativa che si centri sulla valutazione organizzativa e sulla misurazione degli outcome, piuttosto che su regole uguali per tutti in cui tutte le PA diventino Ministeri; sull’innovazione tecnologica che crei con una vera rete una community di sapere condiviso tra le PA, con il cloud le condizioni della collaborazione e dell’efficienza, con l’attuazione del CAD, gli open data e il paradigma del web 2.0 i prerequisiti della trasparenza, della collaborazione, della partecipazione. 

Che vi ritroviate o meno nei miei elenchi, voglio concludere con un sincero augurio a tutti e a ciascuno perché il prossimo sia un anno da ricordare cn un sorriso.

Ci si risente nel 2013, Maya permettendo!

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