Documenti originali analogici unici tutti dematerializzabili? Un primo commento al DPCM 21 marzo 2013

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Lo scorso 6 giugno è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DPCM del 21 marzo 2013, con il quale il Legislatore è finalmente intervenuto sulla questione dei documenti analogici originali unici che aveva sollevato non poche perplessità, soprattutto riguardo alla loro esatta individuazione. Nell’ambito della collabiorazione con lo Studio legale Lisi presentiamo articolo di approfondimento e commento.

12 Giugno 2013

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Sarah Ungaro*

Articolo FPA

Lo scorso 6 giugno è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DPCM del 21 marzo 2013, con il quale il Legislatore è finalmente intervenuto sulla questione dei documenti analogici originali unici che aveva sollevato non poche perplessità, soprattutto riguardo alla loro esatta individuazione.

Tale Decreto, in effetti, indica sia le tipologie di documenti analogici originali unici per i quali permane l’obbligo della conservazione dell’originale cartaceo (e per i quali, dunque, non è possibile procedere alla conservazione sostitutiva), sia le particolari tipologie per le quali, in ragione di esigenze di natura pubblicistica, permane l’obbligo della conservazione dell’originale analogico oppure, in caso di conservazione sostitutiva, la necessità di autenticare la conformità all’originale ad opera di un notaio o di un altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, con dichiarazione da questi firmata digitalmente ed allegata al documento informatico ai sensi dell’art. 22, comma 5, del Codice dell’amministrazione digitale (D.lgs. n. 82 del 2005).

L’importanza del DPCM appena pubblicato è facilmente intuibile se si considera che, in attesa dell’emanazione di questo decreto, ai sensi del comma 6 dell’art. 22 del CAD, permaneva per tutti i documenti analogici originali unici l’obbligo della conservazione – o, in caso di conservazione sostitutiva, l’obbligo dell’autenticazione notarile (o da parte di altro pubblico ufficiale) – a garanzia della conformità all’originale, di fatto impedendo la dematerializzazione di quei documenti connotati da uno scarso rilievo pubblicistico.

Appare chiaro, infatti, che il DPCM in commento è utile altresì ad individuare un’ulteriore categoria residuale di documenti analogici unici, che non sono stati espressamente ricompresi in quelle appena menzionate, per i quali è dunque possibile mettere in atto un processo di conservazione sostitutiva senza che la loro conformità all’originale debba essere autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato con apposita dichiarazione firmata digitalmente ed allegata al documento informatico.

Inoltre, occorre precisare che, in base al disposto del DPCM 21 marzo 2013, le pubbliche amministrazioni mantengono comunque la facoltà di conservare, in originale analogico unico, documenti diversi da quelli stabiliti dal decreto.

Con l’entrata in vigore di questo decreto, – peraltro alquanto inaspettato in questo “fortunato” periodo di ritrovato interesse per le regole tecniche – l’obbligo generale di conservazione cartacea o di autenticazione della copia digitalizzata in caso di conservazione sostitutiva dei documenti analogici originali unici è dunque venuto meno, in quanto sono state individuate le particolari tipologie di documenti analogici originali unici interessati da questo obbligo ai sensi dell’art. 22 comma 5 del Codice dell’Amministrazione Digitale, elencate nella tabella A dell’allegato al decreto, ossia:

  • i documenti che è possibile dematerializzare e conservare digitalmente, garantendo la conformità all’originale attraverso l’autenticazione da parte di un notaio o di un altro pubblico ufficiale (ad esempio: decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, decreti ministeriali, interministeriali o ancora i titoli del debito pubblico);
  • documenti per i quali permane, invece, l’obbligo della conservazione dell’originale cartaceo (tra questi ultimi troviamo, a titolo di esempio, gli atti giudiziari, processuali o di polizia giudiziaria e gli atti notarili).

C’è da osservare che appare singolare la scelta del Legislatore di permettere la conservazione sostitutiva con dichiarazione di conformità all’originale da parte di pubblico ufficiale dei documenti “inerenti alla tutela della sicurezza dello Stato, dell’ordine e della sicurezza pubblica”, nonché di quegli “atti soggetti alla classificazione di segretezza e al segreto di Stato”, ma non degli atti notarili o degli atti conservati presso gli archivi notarili, per i quali permane espressamente l’obbligo di conservare l’originale unico cartaceo, senza la possibilità di procedere alla conservazione sostitutiva.

Ciò appare peculiare, sia in quanto in ogni caso è già consentito ai notai di rogare atti in formato digitale, e quindi ab origine dematerializzati, sia in ragione della ratio del comma 5 dell’art. 22 del CAD.

Se, infatti, alla luce delle esigenze di rilievo pubblicistico, determinati documenti analogici originali unici sono obbligatoriamente conservati in formato cartaceo oppure, se dematerializzati, devono essere oggetto di conservazione sostitutiva con dichiarazione di conformità da parte del pubblico ufficiale, non è facilmente intuibile la motivazione sottesa alla scelta di vietare la conservazione sostitutiva, imponendo l’obbligo di conservazione dell’originale cartaceo, anche per tipologie documentali di scarsissimo rilievo pubblicistico, come possono essere gli atti notarili aventi per esempio a oggetto risalenti compravendite immobiliari fra privati o costituzioni di società ormai estinte. In tal senso, l’innegabile rilevanza in termini di certezza delle transazioni giuridiche cui è preposta l’attività dei notai non sembra poter essere destinataria di maggiori tutele per esigenze di rilievo pubblicistico – attesa la ratio delle norme in commento – rispetto agli atti inerenti alla tutela della sicurezza dello Stato o agli atti soggetti al segreto di Stato.

Diversamente, dovrebbero considerarsi un paradosso giuridico le norme di cui agli artt. 23 bis e 23 ter, 47 bis e 47 ter, 52 bis e 57 bis della Legge Notarile (Legge 16 febbraio 1913 n. 89), introdotte dall’art. 1 del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 110, che impongono ai notai di munirsi di firma digitale per la redazione e l’autenticazione di atti contenuti in documenti informatici, ma soprattutto le disposizioni contenute ai successivi artt. 62 bis e 62 ter, che disciplinano la conservazione degli atti notarili informatici e stabiliscono che “il notaio per la conservazione degli atti di cui agli articoli 61 e 72, terzo comma, se informatici, si avvale della struttura predisposta e gestita dal Consiglio nazionale del notariato nel rispetto dei principi di cui all’articolo 60 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82” e che “nella struttura di cui al comma 1 dell’articolo 62-bis il notaio conserva anche le copie informatiche degli atti rogati o autenticati su supporto cartaceo”, attestandone la conformità all’originale.

In conclusione, c’è da aggiungere che, nonostante tale decreto sancisca la possibilità di dematerializzare e conservare digitalmente la quasi totalità delle tipologie dei documenti amministrativi originali analogici unici, ci troviamo, di fatto, ancora nella perdurante attesa della pubblicazione delle nuove Regole tecniche sulla conservazione, in assenza delle quali si corre il rischio di non assicurare una corretta conservazione a questi e altri documenti, mettendo così a repentaglio i nostri dati e la nostra memoria. C’è da augurarsi, perciò, che questa lacuna venga colmata al più presto.

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* Digital & Law Department – Studio Legale Lisi www.studiolegalelisi.it

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