Facciamo luce sull’XML, l’open Standard per l’interoperabilità documentale

Home PA Digitale Gestione Documentale Facciamo luce sull’XML, l’open Standard per l’interoperabilità documentale

Andrea Valboni – National Technology Officer MICROSOFT Italia

Il termine XML viene utilizzato sempre più di frequente quando si descrivono le caratteristiche di un progetto o di un sistema informativo, ma forse il suo significato non è altrettanto noto. Abbiamo chiesto ad Andrea Valboni di spiegarci l’utilità di questa specifica tecnica per le PA.

9 Gennaio 2008

Articolo FPA

Andrea Valboni – National Technology Officer MICROSOFT Italia

Il termine XML viene utilizzato sempre più di frequente quando si descrivono le caratteristiche di un progetto o di un sistema informativo, ma forse il suo significato non è altrettanto noto. Abbiamo chiesto ad Andrea Valboni di spiegarci l’utilità di questa specifica tecnica per le PA.

 

Ne sentiamo spesso parlare ma forse chiarire le idee ai non addetti può essere utile: cosa si intende quando si parla di xml e open standard?
Prima di entrare nello specifico dell’XML, è meglio concentrasi sulla definizione di open standard, un termine abbastanza ricorrente, ma forse di non altrettanta diffusa comprensione. Partiamo dalla definizione base: il concetto di standard. In sostanza uno standard è un paradigma codificato, un modello cui le persone fanno riferimento nel modo d’uso di determinate cose. Ad esempio la guida a destra o i colori del semaforo sono standard condivisi ed unanimemente accettati, oltre che sanciti dalle norme. Ora uno standard può entrare nell’uso quotidiano de facto, cioè grazie all’abitudine, alla praticità o alla predominanza di un prodotto su di un altro, come è avvenuto per il tasto destro del mouse o per alcuni strumenti di produttività come Word, oppure de iure, in quanto codificato ed approvato da organismi internazionali attraverso una sorta di contratto tra chi lo promuove e il mondo degli sviluppatori ed utilizzatori. Con riferimento a quest’ultimo caso, gli standard più noti sono il protocollo TCP/IP e lo standard HTML. Detto questo, lo standard può essere proprietario oppure aperto, ossia reso accessibile a chiunque in modalità non discriminatoria e questo dipende della scelta di chi lo promuove.

Uno standard aperto quindi non è necessariamente gratuito?
No, esattamente come per il software "open", non vi è sostanzialmente nessuna sovrapposizione tra standard aperto e gratuità. Così come esistono standard proprietari che non richiedono alcun fee da pagare per potere essere utilizzati, allo stesso modo ne esistono altri aperti, ad esempio alcuni standard ISO, che richiedono un contributo per poter essere utilizzati. L’apertura riguarda l’accesso senza nessun criterio aprioristico di esclusione. Al contrario se uno standard è proprietario chi ne detiene la proprietà intellettuale ha completa discrezione sulla concessione dell’utilizzo a terzi.

L’XML, dunque, uno di questi standard aperti?
Esattamente. È uno standard che, nato agli inizi degli anni ’90, nel tempo ha aumentato la propria importanza. Pensato inizialmente per la rappresentazione di dati strutturati (database), l’estrema semplicità che lo caratterizza ha consentito, nella seconda metà degli anni ’90, di estenderne l’utilizzo anche alla rappresentazione di dati non strutturati come l’informazione documentale che è molto più complessa di quella di un database. L’importanza di questo passaggio è stata notevole per il mondo dell’Information Technology, ma anche per il consumatore finale, perché ha permesso il passaggio da formati di rappresentazione testuali proprietari a formati basati su uno standard leggibile da chiunque, con una maggiore garanzia della conservazione del contenuto nel tempo e, soprattutto, con un allargamento enorme del mercato. L’XML evita, infatti, di dover usare un editor particolare per leggere un contenuto o per produrlo.

Per che tipo di servizi si utilizza l’XML?
Il vantaggio di poter rappresentare sia dati strutturati che informazioni destrutturate con un’unica forma di linguaggio offre grosse potenzialità perché permette di creare dei contenitori all’interno dei quali poter inserire dati di diversa provenienza (data merge), integrando ad esempio testi con dati di banche dati, tutti procedimenti che in precedenza venivano effettuati attraverso appositi programmi che richiedevano un’altissima competenza e molto tempo. Il vantaggio dell’XML, dunque, è quello di poter offrire delle applicazioni più ricche, che riescono a dare all’utente finale output più rispondenti alle richieste dell’utente, in una parola più utili. Inoltre se generare un documento in formato Word ’98 era molto complesso, perché bisognava costruirsi un insieme di librerie e di oggetti di una certa complessità oggi generare un documento Word 2007 o Open Office (entrambi basati su una sintassi XML) da una qualunque applicazione è estremamente più facile. Infine non solo si abbassa la soglia di ingresso per chi vuole sviluppare applicazioni, ma si aprono una serie di strade effettivamente nuove, date proprio dalla possibilità di fondere insieme informazioni provenienti da fonti diverse.

Se non ho capito mele si tratta di una tecnologia ormai consolidata; non ci sono dubbi, quindi, sul fatto che sia uno standard da prender in considerazione?
Per quanto mi riguarda non ci sono assolutamente dubbi: l’XML sta progressivamente divenendo lo standard di riferimento, in modo particolare per tutto il mondo della Pubblica Amministrazione che ha delle esigenze in più rispetto al business privato. La PA, infatti, deve garantire, nei confronti dei cittadini, l’utilizzo di formati che non siano pregiudiziali rispetto all’utilizzo dello strumento, e l’adozione di standard aperti, specie per quando riguarda le informazioni strutturate e testuali, favorisce sicuramente una politica di neutralità tecnologica. A dire il vero gli standard documentali attuali costruiti sopra XML soffrono ancora della propria giovinezza e devono consolidarsi su alcuni aspetti; ma sul lungo periodo non vi è dubbio che l’utilizzo di standard aperti garantirà un incremento di interoperabilità tra i vari sistemi, abbassando i costi dello sviluppo e della manutenzione delle singole applicazioni.

Ma le pubbliche amministrazioni sono pronte per un eventuale passaggio a questo standard?
Chiaramente bisogna prevedere un periodo di migrazione dai formati proprietari, ancora molto utilizzati, ai formati aperti. Inoltre esistono consistenti "storici" di basi documentali e di dati in formati non XML che richiederanno un periodo di transizione piuttosto lungo. Ovviamente il processo verrà facilitato nel tempo dall’utilizzo di strumenti che, sempre più frequentemente utilizzano questo come il formato di default. Per quanto riguarda lo storico ed il materiale di archivio credo che la maggior parte della mole di informazioni potrebbe essere convertita utilizzando delle utilità che quasi in automatico li traducono nei nuovi formati senza bisogno di una ri-programmazione da zero. Naturalmente c’è bisogno di un punto di cesura col passato nel quale si stabilisca che i formati XML devono essere preferiti a quelli proprietari, altrimenti lo "storico" continuerà a crescere accumulandosi. In questo senso la normativa è già abbastanza avanti e sia nel Codice della PA digitale che in diverse linee guida a livello europeo viene indicato il formato XML come la strada da seguire per andare verso la standardizzazione dell’informazione nel campo documentale.

Tra standard c’è anche una sorta di battaglia però… Questo influisce sulla reale interoperabilità tra sistemi che ne sceglieranno uno piuttosto che un altro?
In tutti processi di standardizzazione c’è un momento di corsa o confronto. In questo caso lo scontro maggiore riguarda lo standard Open Document Format (ODF) derivato da Open Office, e l’Office Open XML (OOXML), derivato da Ms Office. Il dibattito è piuttosto acceso, ma a mio giudizio i maggiori problemi sono di tipo ideologico più che tecnico. Gli standard documentali riconosciuti da ISO, infatti, sono già tre (HTML, PDF, ODF) ed il fatto che ne possa esistere un quarto (OOXML) non dovrebbe essere un problema, anche perché la politica di ISO non è mai stata quella di limitare l’utilizzo di standard su una determinata area, ma di lasciare al mercato la scelta su quale utilizzare o prediligere. Dal punto di vista ideologico, invece, il pregiudizio risiede nel fatto che l’OOXML sia di derivazione Microsoft, un pregiudizio che credo sia da abbattere se davvero si vuole spalancare le porte ai formati aperti, facendo abbandonare anche a Microsoft quelli proprietari e dando garanzia di migrabilità del pregresso documentale.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!