Rafforzare le competenze digitali nella PA: tra sfide, investimenti e credibilità

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Il ritardo accumulato dalla nostra Pubblica amministrazione sui temi del digitale e, in particolare, le conseguenze di decenni di scarsi investimenti in formazione e competenze dei dipendenti pubblici, rischiano di condannare l’Italia a un futuro di bassa crescita da cui sarà sempre più difficile uscire. Il messaggio ormai è chiaro e l’intervento non più prorogabile: dobbiamo modernizzare la PA a partire dalle sue persone, se vogliamo riprendere un percorso di crescita sostenibile e duraturo. La buona notizia è che abbiamo a disposizione le risorse del PNRR. Per metterle a frutto servono però interventi di qualità e piani formativi di medio e lungo periodo

3 Dicembre 2021

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Elvira Zollerano

Responsabile FPA Digital School

Photo by Ferenc Horvath on Unsplash - https://unsplash.com/photos/4gKHjKG7ty4

L’importanza delle competenze della PA per il PNRR

La scarsa familiarità con le tecnologie e la cultura digitale che caratterizza il settore pubblico italiano sono evidenti nella cronica difficoltà che abbiamo nel tenere il passo con gli altri paesi avanzati europei. E dietro questa difficoltà, tutta italiana, anche nel correggere i suoi squilibri nell’attuazione delle politiche di digitalizzazione del paese, c’è il continuo calo dei già scarsi investimenti effettuati, sia in termini economici che culturali.

Si pensi che, prima dello scoppio della pandemia, il 98,9% dei dipendenti dell’amministrazione pubblica in Italia non aveva mai fatto un’esperienza di lavoro agile. Questo ha portato a gravi conseguenze anche nel momento in cui la spinta della situazione emergenziale richiedeva una risposta, se non immediata, quantomeno pronta ad affrontare una nuova modalità di organizzazione e gestione del proprio lavoro. Tant’è che l’utilizzo effettivo poi del lavoro agile in pandemia è stato solo del 30% in Italia, con livelli più bassi, di circa 10 punti percentuali, nel Mezzogiorno.

Questi ritardi sono evidentemente legati al calo degli investimenti, che ha rallentato i necessari processi di modernizzazione della pubblica amministrazione e delle infrastrutture. Se guardiamo all’investimento specifico sul cosiddetto “capitale umano”, i dati che emergono dalla nostra ricerca annuale sul pubblico impiego ci dicono che le PA spendono troppo poco per la formazione dei propri dipendenti: complessivamente 163,7 milioni di euro nel 2019, pari alla media di 1,2 giornate di formazione all’anno per ogni dipendente. E per lo più, in queste due mezze giornate circa, dedicate alla propria crescita professionale, viene proposto un tipo di formazione tradizionale, su materie tecnico-specialistiche connesse all’esercizio della propria missione istituzionale (45,2%) e giuridico-normative (30,9%).

Questi problemi rischiano di condannare l’Italia a un futuro di bassa crescita da cui sarà sempre più difficile uscire. L’Italia deve modernizzare la sua pubblica amministrazione e riprendere un percorso di crescita sostenibile e duraturo, rimuovendo gli ostacoli che l’hanno bloccata negli ultimi decenni. Ma in questo momento di grande crisi abbiamo a disposizione uno strumento, il PNRR, che rappresenta un’opportunità imperdibile di sviluppo, investimenti e riforme. Cosa fare, dunque?

In primo luogo, per rispondere in modo appropriato alle sfide che ci attendono, la pubblica amministrazione deve puntare sulle persone. Il valore delle persone e la conseguente necessità di accrescere le loro competenze sono centrali anche nel PNRR, dove si afferma esplicitamente che “Sulle persone si gioca il successo non solo del PNRR, ma di qualsiasi politica pubblica indirizzata a cittadini e imprese. Il miglioramento dei percorsi di selezione e reclutamento è un passo importante per acquisire le migliori competenze ed è determinante ai fini della formazione, della crescita e della valorizzazione del capitale umano”.

Il tema delle competenze dei dipendenti pubblici assume un ruolo centrale nella Missione 1 del Piano e nel capitolo dedicato alla prima delle Riforme orizzontali, quella dedicata appunto alla PA. L’investimento prevede risorse per 489,9 milioni di euro e ha come obiettivo il rafforzamento delle competenze del personale nella pubblica amministrazione attraverso un approccio innovativo che prevede, tra altri strumenti di pari importanza e utilità, un’ampia offerta di corsi online massivi sia per riqualificare le persone che per professionalizzarle.

Percorsi di formazione omogenei e di qualità

Puntare sulle persone significa investire sicuramente sui dirigenti, sui responsabili di procedimento e su tutte le figure chiave per la transizione al digitale, abilitando percorsi di carriera che passino per una formazione continua e professionalizzante. In modo uguale, anche se non sostanziale, bisogna puntare però anche sulla creazione di una base di conoscenza comune, di una cultura comune del digitale, che permetta a tutti i dipendenti pubblici, di ogni livello, di fare propri gli obiettivi, gli strumenti e le tecnologie abilitanti per la transizione al digitale, oltre che le linee attuative e gli adempimenti a cui si è soliti puntare.

Per rispondere a questa esigenza, lo strumento più immediato che abbiamo a disposizione per creare piani formativi adeguati è il Syllabus “Competenze digitali di base per la PA” del Dipartimento per la funzione pubblica, che può rappresentare la linea di indirizzo da seguire, dato che le cinque aree di competenza in cui è strutturato permettono di maturare la conoscenza di base richiesta a un qualsiasi dipendente pubblico per poter svolgere in modo adeguato il suo lavoro quotidiano in questo contesto.

IL Syllabus è uno strumento completo e allo stesso tempo complesso. Costruire percorsi formativi rispondenti a tutti gli obiettivi di apprendimento previsti significa lavorare in maniera meticolosa sul piano dei contenuti e sui singoli oggetti didattici. Costruire percorsi di alta qualità significa dare valore e credibilità alle azioni formative, sia per chi investe, sia per chi viene coinvolto in un percorso che deve innanzitutto essere capace di trasferire la validità e la serietà dell’azione di investimento che l’ente fa sulle persone coinvolte. Ben vengano le iniziative gratuite di disseminazione, mirate per lo più all’engagement, ma è evidente che non bastano!

Proprio per rispondere in maniera adeguata a un obiettivo così sfidante, soprattutto sul livello di qualità, i percorsi offerti dalla FPA Digital School sono stati pensati come una vera e propria scuola, il cui anno accademico prevede la fruizione di un percorso totalmente on line articolato in 11 corsi per le 5 area di competenza, per un totale di circa 130 ore di autoapprendimento per ogni livello di padronanza, dunque per ogni anno accademico. Per ogni competenza acquisita è rilasciato un Open Badge che la certifica, più un Open badge complessivo per chi avrà concluso l’intero percorso formativo. L’Open Badge permette ai partecipanti di portare con sé la certificazione delle competenze sul proprio curriculum digitale e su tutte le principali piattaforme e-learning.

Con FPA Digital School siamo in una posizione di osservatori privilegiati, la nostra “scuola” è nata proprio per costruire una piattaforma comune in grado di offrire percorsi di elevata qualità e aderente a un framework condiviso, in particolare sulle competenze digitali, ma anche sulle competenze trasversali e professionali. Negli ultimi due anni abbiamo prodotto circa 900 learning object, organizzati in oltre 90 corsi strutturati, che hanno visto già il coinvolgimento di circa 50.000 dipendenti pubblici in formazione, dei quali sono in via di rilascio per ognuno open badge personali di attestazione delle competenze acquisite.

Parliamo di numeri importanti, ma ancora minimi rispetto alla platea di persone che lavorano nella PA e per la PA.

Piani formativi per rendere attuabile la transizione al digitale: le buone prassi

Tra le lezioni apprese possiamo dire che abbiamo imparato, insieme ai dirigenti e ai responsabili che hanno promosso queste iniziative, che non bastano interventi sporadici o attivati solo in risposta a urgenze del momento. Servono piani formativi di medio e lungo periodo. È fondamentale adottare delle visioni e pianificare le azioni formative che permetteranno di raggiungere obiettivi specifici di rafforzamento delle competenze, ma anche più generali di attuazione della transizione al digitale delle proprie amministrazioni, avendo cura di non trascurare nessun ruolo e nessuna persona chiamata a rendere realizzabile, con il proprio lavoro quotidiano, questo salto culturale e organizzativo.

Alcune delle amministrazioni che possiamo annoverare tra le buone pratiche, tra le decine che hanno già avviato questo processo di trasformazione, c’è sicuramente Roma Capitale. Con Adele Tramontano, Direttrice delle Scuola di Formazione Capitolina, sono stati già pianificati percorsi di formazione continua sui temi del digitale per tutti i 12mila dipendenti del Comune. Hanno concluso con successo a ottobre il primo anno di formazione sul livello base delle Competenze digitali per la PA e siamo già pronti a partire con il livello intermedio entro il mese di dicembre.

Caterina Graziani, Responsabile Transizione digitale del Comune di Firenze, ci racconta in prima persona la loro esperienza: “A inizio 2020, prima dell’inizio dell’emergenza sanitaria, in qualità di RTD del Comune ho proposto all’Amministrazione un piano di formazione del personale relativo alle competenze digitali, per accrescere nei dipendenti la consapevolezza dei processi di cambiamento in atto, aumentare la conoscenza delle regole di contesto e, quindi, accompagnare ed agevolare il percorso di innovazione a cui sono chiamate le Amministrazioni pubbliche. L’emergenza sanitaria ci ha costretto a ritardare l’avvio del piano e a rimodularne le modalità di svolgimento, puntando su soluzioni interamente fruibili on line. Abbiamo, quindi, deciso di avvalerci della soluzione di FPA Digital School, sviluppata in coerenza con l’iniziativa del Dipartimento della Funzione pubblica Syllabus-Competenze digitali per la PA ed interamente erogata in modalità e-learning”. Questa esperienza ha avuto un ottimo riscontro, come spiega Graziani: “A fine 2020 abbiamo attivato il percorso formativo sulle competenze digitali di base, coinvolgendo oltre 2100 dipendenti dell’Ente. Ad oggi circa la metà dei dipendenti ha completato l’intero percorso formativo e il feed back è stato positivo, sia perché la necessità di lavorare da remoto ha fatto crescere l’attenzione per certi temi e il desiderio di essere più consapevoli e informati in merito all’utilizzo delle tecnologie nello svolgimento del proprio lavoro, sia per l’appropriatezza dei temi trattati, sia per la facile fruibilità dei moduli. La crescita delle competenze digitali basata sulla formazione erogata diventerà, tra l’altro, presupposto per l’accesso al lavoro agile. Infatti nel P.O.L.A. approvato dall’Amministrazione è previsto quale condizione propedeutica per l’accesso al lavoro agile il superamento di un test per la verifica delle competenze digitali di base o, in alternativa, la frequenza dei corsi sulle competenze digitali promossi dall’Amministrazione con superamento dei relativi test”.

Parole d’ordine: qualità e credibilità

In conclusione e per riepilogare, dunque, le amministrazioni pubbliche oggi hanno a disposizione:

  • risorse economiche a cui poter attingere
  • esperienze e buone pratiche da poter replicare
  • dirigenti “traghettatori di innovazione” a cui potersi ispirare

Le amministrazioni (e gli amministratori) devono ancora impegnarsi a:

  • costruire piani di formazione di medio-lungo periodo per abilitare la transizione al digitale del proprio ente
  • avviare percorsi di formazione di qualità, inseriti in un piano sistemico di sviluppo
  • investire sulle persone puntando sulla propria credibilità

In poche parole, le parole d’ordine devono essere: qualità e credibilità.

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