EDITORIALE
Il Governo Draghi e la PA nei discorsi del Presidente
Pur se i discorsi con cui Mario Draghi ha chiesto la fiducia per il suo Governo al Senato e ha replicato al Senato e alla Camera sono stati necessariamente sintetici, e quindi svolti su temi e linee di azione generali, possiamo leggervi chiaramente alcuni passaggi chiave che riguardano la riforma della Pubblica Amministrazione. Vediamoli insieme
19 Febbraio 2021
Carlo Mochi Sismondi
Presidente FPA
Pur se i discorsi con cui Mario Draghi ha chiesto la fiducia per il suo Governo al Senato e ha replicato al Senato e alla Camera sono stati necessariamente sintetici, e quindi svolti su temi e linee di azione generali, possiamo leggervi chiaramente alcuni passaggi chiave che riguardano la riforma della Pubblica Amministrazione. Vediamoli insieme.
La prima indicazione è all’interno del paragrafo che il Presidente dedica al Mezzogiorno ed è abbastanza netta (tutti i neretti sono miei): “Per riuscire a spendere e spendere bene, utilizzando gli investimenti dedicati dal Next Generation EU occorre irrobustire le amministrazioni meridionali, anche guardando con attenzione all’esperienza di un passato che spesso ha deluso la speranza”. Qui ci sono almeno due aspetti degni di nota: la prima è che senza una amministrazione “robusta” non è possibile spendere bene, ossia portando i concreti risultati in forma di impatti reali che la Commissione ci chiede. È quello che noi diciamo da tempo e che è alla base del nostro Manifesto/Appello “Se la PA non è pronta” redatto con il Forum Disuguaglianze Diversità e con Movimenta. Se la PA non è pronta… le linee di azione del Recovery Plan sono scritte sulla sabbia. Il secondo punto da segnalare è che, a parere del Presidente Draghi, sino ad ora le amministrazioni meridionali sono state ben poco adeguate alle speranze e alle necessità dettate dalle prospettive di sviluppo.
Un ulteriore passo riguardante la PA è nel paragrafo dedicato agli investimenti pubblici ed è del tutto coerente con il primo: “Occorre investire sulla preparazione tecnica, legale ed economica dei funzionari pubblici per permettere alle amministrazioni di poter pianificare, progettare ed accelerare gli investimenti con certezza dei tempi, dei costi e in piena compatibilità con gli indirizzi di sostenibilità e crescita indicati nel Programma nazionale di Ripresa e Resilienza.” Mario Draghi ribadisce qui che non si può risparmiare sull’investimento nelle persone e nella loro competenza. A meno di non accettare che le amministrazioni non siano in grado di progettare, pianificare e rispettare i tempi accelerati che ora gli investimenti pubblici pretendono.
Quella dell’impoverimento dei saperi tecnici nelle amministrazioni, derivato sia dal blocco del turnover, sia, e forse anche maggiormente, dalla rigidità dei profili e quindi delle retribuzioni e degli inquadramenti, è una vexata quaestio, ma è necessario risolverla. Per farlo dobbiamo avere il coraggio, come detto più volte, di riprogettare da capo tutta la filiera delle assunzioni, mettendo in campo le nostre migliori risorse nel momento in cui vengono definiti i piani dei fabbisogni di personale, che non sono un adempimento burocratico necessario perché se no non sono possibili i rimpiazzi, ma devono invece diventare occasione di ripensamento delle missioni dell’ente al cospetto degli obiettivi strategici che il momento ci impone. Obiettivi concreti, condivisi e misurabili che avremo con chiarezza definito nei documenti ufficiali sia del PNRR sia della programmazione ordinaria dei fondi comunitari 2021-2027 che, conviene ricordarlo, ammontano a oltre 100 miliardi ulteriori rispetto agli ormai troppe volte citati 209 miliardi dei Next Generation EU.
E veniamo al terzo ed ultimo passaggio del discorso con cui il Presidente del Consiglio ha chiesto la fiducia al Senato relativamente alla PA. Qui siamo nel contesto delle riforme che devono necessariamente accompagnare, in una obbligata sinergia, gli investimenti previsti dal Piano. Leggiamo insieme le parole del Presidente: “L’altra riforma che non si può procrastinare è quella della pubblica amministrazione. Nell’emergenza l’azione amministrativa, a livello centrale e nelle strutture locali e periferiche, ha dimostrato capacità di resilienza e di adattamento grazie a un impegno diffuso nel lavoro a distanza e a un uso intelligente delle tecnologie a sua disposizione. La fragilità del sistema delle pubbliche amministrazioni e dei servizi di interesse collettivo è, tuttavia, una realtà che deve essere rapidamente affrontata.” Tre sono gli aspetti che questo breve passaggio mette in evidenza: che la riforma dell’amministrazione pubblica è urgente e necessaria; che durante la pandemia gli impiegati pubblici nella maggior parte si sono impegnati e che quindi, al di là delle becere esternazioni spesso lette sui social, non si è trattato di una vacanza; che comunque le amministrazioni sono ora in una condizione di fragilità.
Rispetto alla riforma annunciata non posso che ribadire quanto precedentemente più volte sottolineato: non ci serve una riforma epocale che rimetta in discussione tutto l’impianto normativo di precedenti riforme, da quella di Brunetta a quella di Madia per parlare solo delle più organiche degli ultimi anni, che non sono state mai neanche completamente attuate e quindi valutate nei loro effetti. Ci serve invece cura, accompagnamento, formazione, attenzione a tutte le realtà del territorio. La parola riforma va quindi trattata con misura e circospezione. Il che non vuol dire che non c’è bisogno anche di aggiustamenti normativi (pensiamo al tema della dirigenza), ma che non è lì il fulcro del futuro impegno. Perché, ed è l’altro corno della frase del Presidente, le amministrazioni sono fragili e questa fragilità non ha bisogno di una nuova corazza legislativa, quanto di rafforzamento.
Dopo la diagnosi che fotografa la fragilità delle amministrazioni, la cura è appena abbozzata: “La riforma dovrà muoversi su due direttive: investimenti in connettività con anche la realizzazione di piattaforme efficienti e di facile utilizzo da parte dei cittadini; aggiornamento continuo delle competenze dei dipendenti pubblici, anche selezionando nelle assunzioni le migliori competenze e attitudini”. Le dense parole di questo discorso, evidentemente limato più e più volte per non essere ridondante, accennano anche qui più temi: i necessari investimenti nel digitale (interpreto la parola “connettività”, in vero non troppo felice, come trasformazione digitale e interoperabilità, anche perché subito dopo si parla di piattaforme), la necessità di investire in formazione e quindi di invertire la sciagurata decrescita degli ultimi dieci anni negli investimenti in questo indispensabile impegno, l’attenzione nelle assunzioni che devono essere mirate a scegliere le migliori competenze, ma anche le migliori “attitudini”. Mi soffermo sulla parola “attitudini”. Leggendo sul dizionario attitudine è la “Predisposizione per una particolare attività mentale o fisica: vocazione, inclinazione, talento”. Qualcosa che mai i concorsi nozionistici, basati su prove preselettive e selettive a risposta multipla, spesse volte messe giù in forma non certo accurata, possono misurare. Per questo servono, e continuo con le parole del discorso, concorsi rapidi, efficienti e sicuri, ma anche, e qui ci metto del mio, completamente ripensati nel loro svolgimento e affidati a commissioni preparate, coraggiose, innovative.
Due ulteriori punti relativi alla PA li traggo non dal discorso della fiducia, ma dalla replica di Draghi alla Camera dei deputati. Sono inseriti nel contesto del tema della lotta alla corruzione, male endemico e gravissimo del nostro settore pubblico, e non solo. L’incipit è chiarissimo “Dobbiamo spostare l’asse degli interventi su un piano più sostanziale, puntando sui due cardini di un’efficace politica di prevenzione, trasparenza e semplificazione.” Anche qui si ribadisce che non sono le norme né l’affastellarsi degli adempimenti, dei piani, delle relazioni le armi migliori contro la corruzione e la malamministrazione, ma la trasparenza e la semplificazione. Su entrambi gli obiettivi c’è poi una ulteriore notazione. Per la trasparenza si dice che “La trasparenza della pubblica amministrazione è il presupposto logico. I cittadini devono poter far sentire la loro voce. È la base per la responsabilità. Quindi accesso alle informazioni, siano essi dati quantitativi o qualitativi. Questo consente ai cittadini di analizzare l’attività e i processi decisionali pubblici. Il tutto in un virtuoso rapporto di collaborazione tra istituzioni e collettività amministrate, che veda rispettato il principio del coinvolgimento attivo della cittadinanza nelle scelte e riesca ad alimentare e consolidare la fiducia nelle istituzioni, ma anche il necessario controllo sociale.” Sottolineo il tema della collaborazione, giustamente messo a fianco della più citata trasparenza, perché deve essere un impegno immediato del Governo, sin da subito, e deve riguardare anche la stesura del Piano e i singoli interventi, specie in considerazione del fatto che la maggior parte di essi coinvolgerà direttamente i territori e i loro cittadini.
Parlando di semplificazione, anche qui parole chiare: “La semplificazione dei procedimenti amministrativi serve per snellire e accelerare i processi decisionali pubblici. Sono proprio le farraginosità degli iter, la moltiplicazione dei passaggi burocratici, spesso, la causa inaccettabile di ritardi amministrativi, ma anche il terreno fertile in cui si annidano e prosperano i fenomeni illeciti”. Una frase questa che ci fa supporre una continuità e un maggiore investimento nell’impegno sulla semplificazione.
Tiriamo le somme. Riguardo alla PA il Presidente del nuovo Governo, a cui sono appese tante nostre speranze, ci dice: che il sistema delle amministrazioni pubbliche è indispensabile per le sfide che ci aspettano, ma oggi quelle amministrazioni sono fragili e questo non ce lo possiamo permettere; che vanno quindi irrobustite investendo nella formazione e nelle competenze, assumendo nuovi profili con lungimiranza e attenzione e orientando le assunzioni alle missioni strategiche che abbiamo davanti. Ci dice poi che trasparenza, semplificazione e collaborazione con i cittadini sono le strade da seguire.
Un buon inizio: su questa strada il Governo ci troverà accanto con le nostre iniziative e con onestà intellettuale, rispetto dei ruoli, passione civile.