Monitoriamo la trasparenza reale: oltre la norma, servono mentalità e competenze

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Sul tema dell’accesso
ai dati e della trasparenza, Vittorio Alvino, presidente di Openpolis ci
racconta cosa vorrebbe dal nuovo governo.

28 Febbraio 2018

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Michela Stentella

Il tema della trasparenza e del diritto di accesso è essenziale per avviare una trasformazione e un cambiamento all’interno della PA. Perché questo possa realizzarsi, tuttavia, è necessario da un lato un attento monitoraggio sull’applicazione della norma, dall’altro un cambiamento culturale interno alle amministrazioni che devono rappacificarsi col mondo digitale nel quale viviamo. Il grande tema all’orizzonte è investire in competenze e personale affinché le amministrazioni e i poteri pubblici siano non solo produttori ma anche utilizzatori di dati, a tutto vantaggio della propria attività di governo che sempre più si baserà sulla capacità di analizzare le informazioni. Ecco come Vittorio Alvino*, presidente di Openpolis, vede i prossimi passi in materia di trasparenza.

Cosa riprendere e sviluppare: accesso civico, FOIA e adesione all’Open Government Partnership

“A partire dal 2013 sono stati fatti una serie di interventi che hanno innovato effettivamente la normativa in materia di trasparenza e hanno introdotto obblighi nuovi. A partire dal Decreto Legislativo n. 33 (che ha riordinato la disciplina in materia di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni) e arrivando al FOIA introdotto dall’ultimo governo, il panorama è radicalmente mutato. Prima l’unico riferimento era la Legge 241 del 1990, che si basava esclusivamente sull’interesse legittimo come presupposto per avere accesso agli atti della PA. Questo è uno sforzo che va riconosciuto, pur presentando ancora dei limiti. In particolare, esiste ora anche in Italia qualcosa che può essere paragonato a un diritto di accesso generalizzato come avviene in altri paesi. Questa è un’apertura, una novità, un elemento certamente positivo, un punto di partenza che va salvato.

L’altro aspetto positivo, da riprendere, è che sulla spinta del FOIA è stato riaperto anche il capitolo Open Government Partnership, iniziativa internazionale a cui il nostro Paese aderisce e che punta a ottenere impegni concreti in termini di promozione della trasparenza e di sostegno alla partecipazione civica. Una pianificazione di attività e obiettivi che l’Italia e in particolare il Dipartimento della Funzione pubblica in passato aveva fatto in maniera per lo più burocratica e formale. Dopo l’approvazione del FOIA, invece, il ministro Madia ha voluto tentare un maggiore coinvolgimento e investimento in questo percorso. C’è stata sicuramente una discontinuità rispetto al passato: prima del 2016 era una farsa, c’era un finto coinvolgimento della società civile e un’elencazione di finti obiettivi. Con il nuovo approccio, diverse amministrazioni e associazioni hanno partecipato ai tavoli, anche se i risultati sono quantomeno controversi. Noi come Openpolis abbiamo contestato soprattutto il fatto che questi tavoli non siano stati utilizzati davvero per far incontrare domanda e offerta di dati, ma per lo più è stato chiesto alla società civile di confrontarsi con obiettivi già definitivi dalle amministrazioni e con decisioni già assunte. Tuttavia un processo è stato comunque avviato e non dovrebbe essere sprecato, ha ancora grandi limiti ma dovrebbe essere tenuto in piedi magari portando delle modifiche, delle aperture che noi auspichiamo fortemente.”

Cosa vorrei per il 2018: monitoraggio sull’applicazione della norma, cultura e investimenti interni alla PA

“Ritornando al tema del diritto di accesso e del FOIA, quello che ora bisogna sviluppare è un attento monitoraggio della messa in pratica di queste nuove opportunità che si offrono alla cittadinanza e a chi fa informazione. La previsione di una norma è la prima condizione, ma per poi tradurre questa norma in effettivo accesso a dati e informazioni c’è bisogno di un controllo generalizzato sull’adempimento di questi obblighi, che deve essere effettuato innanzitutto dalle stesse amministrazioni. Per esempio, se parliamo dell’obbligo a pubblicare dati dobbiamo chiederci: viene rispettato? E, quando viene rispettato, i dati sono pubblicati nelle sezioni dedicate all’amministrazione trasparente? E ancora, sono completi, aggiornati e attendibili? Per quanto riguarda il FOIA è altrettanto importante monitorare, seguire e documentare come le amministrazioni si comportano rispetto a quest’obbligo. Nella norma sono previste infatti una serie di limitazioni ed eccezioni, la cui interpretazione può anche tradursi in una negazione del diritto di accesso. Chi, come, quando e perché nega il diritto di accesso generalizzato? Questo è un punto essenziale per capire a che punto siamo effettivamente, se i diritti introdotti dalla norma in pratica vengono rispettati o negati.

Oltre che da un attento monitoraggio, la norma andrebbe poi accompagnata da un cambiamento culturale che porti le amministrazioni a vedere nella pubblicazione dei dati non un obbligo ma un‘opportunità per conoscere se stesse e lavorare meglio. A questo si lega la necessità di investire per acquisire al proprio interno competenze tecnologiche (informatici, statistici, etc) che siano in grado di valorizzare i dati che le amministrazioni stesse producono. Il tema culturale di fondo è infatti anche un tema strategico: in un mondo in cui si producono sempre più dati, questi vengono controllati sempre di più da grandi corporation che ne traggono conoscenza e li utilizzano per mettere i poteri pubblici in una condizione di sudditanza. Questo è un grande tema all’orizzonte: investire in competenze e personale per mettere le amministrazioni e i pubblici poteri nella condizione di essere non solo produttori ma anche utilizzatori di dati, a vantaggio della propria attività di governo che sempre più si baserà sull’opportunità di analizzare le informazioni.

Da dove partire? Credo che una possibilità sia utilizzare esempi concreti e dimostrazioni pratiche di come la capacità di lavorare attraverso i dati porti vantaggi diretti, di come questo approccio possa migliorare, semplificare e creare nuove opportunità per le stesse pubbliche amministrazioni”.


*Aquilano, laureato in scienze politiche, presidente di Openpolis. Quindici anni di esperienza con le nuove tecnologie della comunicazione e un forte interesse per i processi sociali e politici. Poi, finalmente, Openpolis, per realizzare il sogno di fare con la politica quello che Wikipedia ha fatto con la conoscenza e cioè renderla accessibile e modificabile con il contributo degli utenti.

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