Per sbloccare i contratti l’unica strada è la riforma

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Puntuale come le rondini ad aprile è arrivata anche quest’anno la solita e un po’ trita sceneggiata dei sindacati di base che hanno invaso il palco inaugurale del FORUM PA 2015 al grido di “contratti, contratti”, accusando il Ministro Madia di aver mentito nel promettere uno sblocco nell’anno e urlando anche, come novità 2015, “Fuori i privati dalla PA!”. Nulla di nuovo quindi, tranne forse un po’ più di rabbia del solito e un granchio preso nel considerare gli sponsor di FORUM PA, manifestazione privata, come “pirati della PA”. Ciò detto non possiamo cavarcela con un’alzata di spalle, ma dobbiamo invece cercare di dare una risposta puntuale proprio sui contratti.

4 Giugno 2015

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Carlo Mochi Sismondi

Puntuale come le rondini ad aprile è arrivata anche quest’anno la solita e un po’ trita sceneggiata dei sindacati di base che hanno invaso il palco inaugurale del FORUM PA 2015 al grido di “contratti, contratti”, accusando il Ministro Madia di aver mentito nel promettere uno sblocco nell’anno e urlando anche, come novità 2015, “fuori i privati dalla PA!”.

Nulla di nuovo quindi, tranne forse un po’ più di rabbia del solito e un granchio preso nel considerare gli sponsor di FORUM PA, manifestazione privata,  come “pirati della PA”. 

Ciò detto non possiamo cavarcela con un’alzata di spalle, ma dobbiamo invece cercare di dare una risposta puntuale proprio sui contratti. A ciascuno la propria responsabilità, ma io dico che i soldi ci sono: serve solo determinazione nell’innovazione e nelle riforme.

Questione di soldi si è detto: i contratti non si rinnovano perché non ci sono i soldi e così la retribuzione del pubblico impiego è rimasta bloccata al 2010, contro un pur debole incremento del settore privato (0% nel pubblico ,+8,5% nel privato nei cinque anni). Il problema è che i soldi non ci sono e non ci saranno e se per caso qualcosa dovesse avanzare ci sono certamente priorità strutturali maggiori, in primis scuola e ricerca se non vogliamo veramente retrocedere in serie B, e congiunturali, come ad esempio la restituzione degli adeguamenti pensionistici.

L’unica strada è quindi quella creare risorse tramite l’innovazione e la riorganizzazione. La cosa non è affatto banale, ma non è impossibile: dobbiamo però avere idee chiare, progetti precisi e coerenza nelle scelte e nella governance. Non si possono infatti ottenere risparmi se non investendo prima e destinando con assoluta certezza le risorse, a mano a mano che si concretizzano i risparmi, all’implementazione dei progetti d’innovazione.

Potrei fare moltissimi esempi. Mi limito a tre campi: sanità, dematerializzazione, riorganizzazione degli enti che da soli basterebbero tranquillamente a reperire ben più dei 4-5miliardi necessari per lo sblocco contrattuale.

Partiamo dalla sanità: a FORUM PA 2015 in un convegno sulla sanità digitale si è evidenziato, riportando gli studi dell’Osservatorio sull’innovazione in Sanità del Politecnico di Milano, che risparmi dell’ordine dei 2 miliardi sono alla nostra portata solo nel campo della dematerializzazione dei referti, della cartella clinica elettronica e del famoso fascicolo sanitario elettronico, a questi si aggiungerebbero quasi 5 miliardi risparmiati dai cittadini in tempo, oneri e spese dirette, ma di questi non parliamo. Un risultato a portata di mano, ma come dice lo slogan di quest’anno di FORUM PA, #sipuòfarese si hanno piani e priorità precise, se il nuovo DG dell’AgID, Antonio Samaritani sarà messo in condizione di lavorare, se si fa esattamente il rovescio di quel che gridavano i nostri amici dei sindacati di base: si mettono in piedi serie, oneste ed efficaci partnership Pubblico-Privato.

Ancor più promettenti sono le cifre di risparmi che si possono ottenere con la dematerializzazione di alcuni processi, ad esempio la fatturazione elettronica. Secondo le stime degli Osservatori del Politecnico di Milano questa consente alla Pubblica Amministrazione un risparmio di circa 17 euro per ogni fattura ricevuta, mentre per i fornitori della PA si stimano benefici compresi tra 6 e 8,5 euro per ogni fattura. Ma la completa Digitalizzazione del Ciclo dell’Ordine, con la piena integrazione e dematerializzazione dei documenti, porterebbe una riduzione del costo del processo compresa tra 25 euro e 65 euro a ciclo, dall’avvio dell’ordine alla chiusura del pagamento.

Complessivamente, l’introduzione della Fatturazione Elettronica consentirà un beneficio economico di circa 1 miliardo di euro l’annoper la Pubblica Amministrazione italiana, grazie alla riduzione dei costi di esecuzione delle attività, alla migliore accuratezza del processo, alla riduzione degli archivi di documentazione fiscale all’abbattimento dei tempi di esecuzione dei processi. Benefici a cui sono da aggiungere circa 500 milioni di euro di risparmi legati all’aumento di produttività delle imprese che fornitori della PA, per un beneficio economico complessivo pari a 1,5 miliardi di euro. I risparmi però potrebbero crescere fino a 6,5 miliardi di euro l’anno, se da questo primo step si riuscisse a raggiungere la digitalizzazione dell’intero ciclo procure to pay della Pubblica Amministrazione.

La riorganizzazione degli enti è un altro delle grandi incompiute delle azioni di riforma degli scorsi anni. Molto, moltissimo c’è da fare per disboscare le oltre sessantamila unità locali della PA (oltre 5mila solo gli uffici periferici dei Ministeri) e le quasi ottomila partecipate con 55mila cariche sociali. Difficile calcolare esattamente i risparmi, ma prendendo in esame solo la razionalizzazione degli spazi usate dalle PA Roberto Reggi, Capo dell’agenzia del Demanio che ha in capo questa azione, stima un risparmio di oltre un miliardo l’anno, e Cottarelli, in uno dei capitoli del suo studio sulla spending review, stima in almeno due-tre miliardi l’anno il risparmio derivato dalla razionalizzazione delle partecipate.

Potrei citare molti altri campi in cui l’innovazione potrebbe portare risparmi diretti e indiretti superiori a un miliardo, ma già in queste tre aree potremmo recuperare ampiamente i soldi per il rinnovo contrattuale e per il riconoscimento del merito. Per le prime due non abbiamo bisogno di nulla, tranne che fare le cose già decise e definite con normativa primaria e secondaria, per la razionalizzazione degli enti c’è una parte della “legge Madia” alla Camera che la definisce e c’è l’impegno del Ministro Madia, ribadito proprio a FORUM PA, di arrivare entro l’anno ai decreti attuativi.

Certo la frittata del risparmio non si può fare senza rompere le uova del privilegio e della difesa aprioristica delle posizioni acquisite, non si può fare senza coraggiose azioni che smantellino situazioni di comodo e singoli “egoismi” di enti figli di altri tempi e di altre logiche, non si può fare senza la constatazione che oggi un piano per la PA digitale è semplicemente “il” piano per la riorganizzazione delle amministrazioni, perché non c’è né ci potrebbe essere altra PA che quella digitale.

Tutto questo è alla nostra portata #sipuòfarese ne abbiamo il coraggio, se facciamo dell’innovazione l’obiettivo della nostra battaglia, se capiamo che questa si può ottenere solo con un sano mix tra pubblico e privato, se insomma non speriamo che la manna arrivi dal cielo e i soldi per i contratti da generici, fumosi e impossibili “tagli agli sprechi” mai definiti e soprattutto mai “nel mio giardino”. Insomma sul palco l’anno prossimo, se proprio devono venire a protestare, vorrei che i sindacati di base chiedessero a gran voce la fine dei privilegi, l’innovazione digitale, il disboscamento degli enti inutili, la realizzazione effettiva dei progetti mille volte annunciati. Così saranno sempre i benvenuti, le altre grida luddiste purtroppo lasceranno il tempo che trovano e saranno, come sempre, un gran regalo a chi vuole lasciare tutto com’è. 

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