Povera trasparenza, morta asfissiata!

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Tartassata dalla crisi, trascurata per un’urgente spending review, coinvolta in salvaRuby e altre amenità la trasparenza delle pubbliche amministrazioni versava già in uno stato comatoso, mostrando palpiti di vita solo in pochi illuminati enti locali. L’affastellarsi di norme, di specifiche, di commi che, ricordando quello che era già obbligatorio lo prescrivono nuovamente, ma con originali dettagli, la stanno uccidendo. Mentre moltiplichiamo le leggi, sempre più dettagliate e potenzialmente “decisive”, scopriamo candidamente che le norme che c’erano che, se applicate, avrebbero già cambiato il volto delle amministrazioni, rimangono ancora totalmente lettera morta. Volete delle prove? Vi suggerisco qualche lettura.

3 Ottobre 2012

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Carlo Mochi Sismondi

Tartassata dalla crisi, trascurata per un’urgente spending review, coinvolta in salvaRuby e altre amenità la trasparenza delle pubbliche amministrazioni versava già in uno stato comatoso, mostrando palpiti di vita solo in pochi illuminati enti locali (vedi i portali degli open data di Milano o di Firenze o di Bologna ad esempio). L’affastellarsi di norme, di specifiche, di commi che, ricordando quello che era già obbligatorio lo prescrivono nuovamente, ma con originali dettagli (come se reiterare le grida manzoniane fosse servito mai a qualcosa), la stanno uccidendo per asfissia o, se volete per bulimia. Quel che succede è emblematico: mentre moltiplichiamo le leggi, sempre più dettagliate e potenzialmente “decisive”, scopriamo candidamente che le norme che c’erano che, se applicate, avrebbero già cambiato il volto delle amministrazioni, rimangono ancora totalmente lettera morta.
Volete delle prove? Vi suggerisco qualche lettura. 

La prima è il testo, ottimamente commentato dall’Ufficio Studi del Senato in un ampio dossier, del disegno di legge anticorruzione. Non è questa la sede per un esame più approfondito di questo provvedimento che appare per tante parti (ineleggibilità dei condannati, concussione, estensione ai privati, ecc.) non solo opportuno, ma assolutamente necessario per provare a ridare credibilità al nostro tartassato Paese. Io appunto la mia attenzione solo sull’art. 3 del ddl e in particolare sui commi che parlano di trasparenza e di diritto di accesso (sono 1,2 e quelli dal 12 al 22) per ripetere che essi non fanno altro che specificare nuovamente quanto le leggi precedenti (vi risparmio il lungo elenco che trovate per altro descritto, non senza qualche involontaria ironia, nel citato dossier del Senato) avevano già sancito. Probabilmente qualcosa è detta meglio, forse qualche dettaglio è aggiunto, ma a fronte di qualche piccolo vantaggio abbiamo il macigno di aver legato di nuovo tutta la normativa ad una legge che faticosamente qualcuno cerca di portare avanti, ma che non siamo affatto sicuri che veda la luce in questa legislatura. Certo le leggi precedenti restano in vigore, ma il risultato è un aumento della confusione che aiuta le manovre dilatorie di chi ad applicare la trasparenza non ci ha mai pensato. Mentre speriamo che almeno la delega che il ddl (comma 21 dell’art.3) darebbe al Governo sulla pubblicità, la trasparenza e la diffusione dei dati sfrondi questa giungla, tagliando leggi ormai inutili e indicando pochi, chiari e ineludibili obblighi sulla base dei principi del “Freedom of Information Act”, veniamo infatti alla seconda lettura.

Nel sito della CIVIT, ente che, detto tra parentesi, sarà la chiave di volta della nuova lotta alla corruzione, troviamo una ricerca molto interessante su come alcuni ministeri hanno applicato la trasparenza. Non ve la riassumo perché vi consiglio di leggervela tutta, tanto è breve. In una parola? La situazione è molto, ma molto deludente. Se poi andiamo a guardare gli adempimenti di legge su aspetti particolari della trasparenza, sempre obblighi di legge, le giornate della trasparenza scopriamo che una metà degli enti monitorati non hanno adempiuto alla legge nel 2011 e che nel 2012 sono solo tre (su oltre sessanta enti) le amministrazioni che hanno svolto questa importante giornata di “apertura” ai cittadini. Discorso simile per altri adempimenti come la pubblicazione on line dei responsabili della privacy analizzata qualche tempo da ANORC.

La terza lettura viene dai giornali e ben la conoscete: con tutta questa trasparenza si sono potuti distrarre per usi personali decine di milioni di euro in più consigli regionali, per parlar solo di quelli, senza che le centinaia di commi obbligassero a esporre quanti soldi fossero stati distribuiti ai gruppi e come li avessero spesi. Forse c’è qualcosa da ripensare. 

Cosa impariamo da questo panorama abbastanza desolante: che l’unica cosa di cui non abbiamo bisogno sono nuove leggi. Sul tema la legge 15 del 2009 con i suoi principi generali, declinati nel decreto attuativo 150/2009 e specificata meglio dalla delibera n. 105 della CIVIT del 2010 era anche troppa grazia! Abbiamo invece bisogno come il pane di chi le leggi le faccia rispettare, di chi le accompagni con un’assistenza costante e tenace alle amministrazioni, di chi valuti oggettivamente i risultati e ne tragga le conseguenze anche in termini di merito dei dirigenti, non per intenti punitivi, ma perché non si può mantenere autorevolezza se si accetta di essere continuamente presi in giro.

Insomma ci confermiamo un Paese di attenti ingegneri, che mettono a punto con strumenti sofisticati bellissimi motori che rombano che è una meraviglia, peccato che si siano scordati la frizione e quindi il movimento non si trasmetta mai alle ruote e che rimaniamo così troppo spesso tristemente fermi. 

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