‘U pisc puzza da la capa

Home Riforma PA ‘U pisc puzza da la capa

‘U pisc puzza da la capa![1]: partendo da questa colorita espressione dialettale, comprensibile credo in tutta Italia, continuiamo la nostra discussione sulle politiche del nuovo Governo per recuperare efficienza ed efficacia nella PA. Grande sintonia, almeno sugli argomenti, tra il dibattito che si è acceso sul nostro sito con decine di commenti e di repliche (se volete lo trovate sulla stessa homepage di www.forumpa.it) e i discorsi ufficiali: entrambi puntano il dito sulla dirigenza pubblica (‘a capa, appunto) e sul modo in cui viene scelta, come causa di molte inefficienze e insieme come fattore chiave di qualsiasi riforma.

Ne ha parlato ieri il Ministro Brunetta aprendo il 4° corso-concorso per dirigenti proposto dalla Scuola Superiore della PA. Nei prossimi giorni riporteremo il testo completo, ma il succo del ragionamento del Ministro è che nella amministrazione manca il “datore di lavoro”.

10 Giugno 2008

C

Carlo Mochi Sismondi

Articolo FPA

‘U pisc puzza da la capa![1]: partendo da questa colorita espressione dialettale, comprensibile credo in tutta Italia, continuiamo la nostra discussione sulle politiche del nuovo Governo per recuperare efficienza ed efficacia nella PA. Grande sintonia, almeno sugli argomenti, tra il dibattito che si è acceso sul nostro sito con decine di commenti e di repliche (se volete lo trovate sulla stessa homepage di www.forumpa.it) e i discorsi ufficiali: entrambi puntano il dito sulla dirigenza pubblica (‘a capa, appunto) e sul modo in cui viene scelta, come causa di molte inefficienze e insieme come fattore chiave di qualsiasi riforma.

Ne ha parlato ieri il Ministro Brunetta aprendo il 4° corso-concorso per dirigenti proposto dalla Scuola Superiore della PA. Nei prossimi giorni riporteremo il testo completo, ma il succo del ragionamento del Ministro è che nella amministrazione manca il “datore di lavoro”.Anzi per dirla meglio il datore di lavoro (la politica in primis) è del tutto deficitario, perché privo di quello che Brunetta ha chiamato, con espressione chiarissima, il “piede invisibile” del mercato, ossia la prospettiva del fallimento che è sullo sfondo per qualsiasi imprenditore lassista o anche solo distratto. A questo deficit si accompagna quello della dirigenza che, senza direttive politiche né valutazioni, senza premi né punizioni non è in grado di dirigere. Una volta corrette queste due anomalie e rimessi sui giusti binari sia il datore di lavoro che i dirigenti, facendo emergere il loro “conflitto di interessi” verso i cosiddetti fannulloni, il comportamento virtuoso dei dipendenti viene da sé, perché essi non sono certo peggiori di quelli che lavorano nel privato. 

La direttrice della SSPA, Valeria Termini, ha ribadito l’importanza della formazione per la creazione di una classe dirigente pubblica adeguata e ha confermato che il corso-concorso si è basato su procedure di selezione rigorose e trasparenti e che punterà a formare dirigenti dotati degli skill necessari per un’amministrazione moderna: la capacità di negoziazione, l’orgoglio dell’identità, la capacità di rivendicare e usare autonomia e responsabilità.

A queste considerazioni ha risposto, integrandole, Franco Bassanini che ha confermato come, a suo parere, il punto carente della riforma sia proprio la dirigenza e la sua valutazione. Bassanini, poi, ha messo in luce, come uno dei fattori chiave, l’accesso alla dirigenza stessa, che solo per una parte minoritaria avviene per regolare concorso pubblico e attraverso una selezione che sia, insieme, rigorosa e rivolta al più vasto numero  possibile di candidati. A suo dire siamo però assai lontani dall’obiettivo perché, se è vero che la formazione e la selezione è un elemento determinante, quel che accade è che al corso-concorso, serio e di qualità, si affiancano, invece, innumerevoli strade più o meno trasparenti per giungere alla dirigenza. Bassanini ha poi affermato con forza il suo dissenso rispetto al blocco del turn-over per i dirigenti: se vogliamo una nuova classe dirigente dobbiamo avere il coraggio di immettere giovani sulla base di una severa e trasparente selezione e di affidar loro posti di responsabilità, mandando via (solo dopo averli valutati però) dirigenti fannulloni ed incapaci.
È necessario dire di no a qualsiasi forma di spoil system e legare retribuzioni e carriera ad una oggettiva valutazione. Infine è indispensabile, per avere dirigenti in grado di dirigere, rafforzare la loro autonomia di budget e gestionale.

Insomma una rivoluzione meritocratica su cui tutti sembrerebbero essere d’accordo. Ma allora chi è contro? Apparentemente nessuno, dice ancora Brunetta, ma nella sostanza c’è, invece, chi,  attraverso connivenze trasversali, non ha capito che l’aria è cambiata e persegue ancora interessi particolari. Lui addita una parte “conservatrice” del sindacato. Voi che ne pensate?

Proprio sulle condizioni necessarie per dirigere si fonda il dibattito di un altro appuntamento che FORUM PA sta seguendo e che si svolgerà a Torino il prossimo 19 giugno organizzato dall’Andigel, l’Associazione Nazionale dei Direttori Generali degli Enti locali. Vi arriverà presto un invito dedicato. Per il momento mi preme mettere in luce la sintonia con i principi di fondo che tutti i commentatori e i politici oggi propongono e che sono musica per le nostre orecchie: autonomia, responsabilità, carriere meritocratiche, valutazione e misurazione dei risultati…
Ne siamo lieti, peccato che sono cose che ascoltiamo da anni!

La musica questa volta è davvero cambiata? Noi lo speriamo e aspettiamo con ansia qualche segnale, ad esempio il rispetto assoluto e trasparente dell’art. 97 della Costituzione che impone l’imparzialità della PA e  il concorso pubblico per merito per accedere alla PA e a maggior ragione alla sua dirigenza. Ce la faremo?

[1] Il titolo è quello di un commento di un nostro lettore che riporto integralmente qui:
Al di là delle statistiche, posso portare un contributo come ex funzionario pubblico, ridotto in pensione anzitempo per disperazione! Mi sono rimesso a fare la libera professione piuttosto che appendere la mia laurea al chiodo per far piacere al capo. Già, perché nella P.A., e non parlo solo per me, le professionalità ci sarebbero pure, ma vengono schiacciate da capi incompetenti, gente che fa carriera nei salotti o nelle anticamere dei politici e che possono privilegiare una corte di incompetenti, tanto l’impresa non fallisce mai, paga Pantalone! Il risultato dell’assenteismo si spiega anche così: la mancanza di motivazione. Premiati quelli che dicono di si, punito chi dimostra di nutrire un libero pensiero supportato solo dal suo senso morale e dalla sua professionalità. Ormai nell’apparato statale è difficile trovare qualche capo che sia sensibile ad uno solo di questi due temi: ciò che più importa è la capacità di vendere fumo. Giustissimo quindi puntare sull’82%, ma ricordiamoci…"’u pisc puzza da la capa!"
Mi permetto inoltre di far notare come l’Italia sia rimasto l’unico Paese di comunismo reale, quello che forse non si è conosciuto nemmeno nella Russia di Breznev. Non ci sono solo capi corrotti e incompetenti, ma un sindacato (senza distinzione di sigla) che mentre partecipa alla spartizione della torta, non difende "i lavoratori", come sostiene di fare, ma solo i fannulloni. Basta avere "la tessera" per godere dell’impunità. La gente non ha bisogno più di statistiche, sa benissimo come stanno le cose: la difesa partigiana di questi "lavoratori", la paga tutti i giorni alla richiesta di un qualsiasi servizio. Così l’interesse di parte finisce sempre per prevalere sull’interesse comune. Potrei scrivere tomi sulla mia esperienza pubblica, ma credo possa bastare così. Raddrizzare la canna viziata? Mah!… buon lavoro…buona fortuna.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!