Smart cities e communities: l’innovazione nasce dal basso

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Una città smart non è solo una città dotata di tecnologie all’avanguardia, ma è una città che approccia in modo "intelligente" le diverse dimensioni che ne costituiscono l’identità: la dimensione economica, quella del capitale umano e sociale e quella della governance. Quanti e quali sono, quindi, i modelli di smart city che possiamo individuare? Gianni Dominici, Direttore generale di FORUM PA, ne traccia un profilo in questo articolo.

28 Marzo 2012

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Gianni Dominici

Sempre più spesso si sente parlare di Smart Cities e, più recentemente, di smart communities. Un tema che ha registrato un rinnovato interesse anche in seguito al recente bando pubblicato dal MIUR come prima iniziativa volta a finanziare idee progettuali per “Smart cities e communities”[1].

Ma quando una città è smart? Ovviamente il rischio maggiore è attribuire l’intelligenza alle sue dotazioni tecnologiche. Le reti e tutte le infrastrutture immateriali, il cloud computing, l’elettronica distribuita sono solo degli strumenti che devono essere finalizzati ad un obiettivo[2].

Andando quindi oltre la tecnologia sono tre le dimensioni principali di una smart city:

  • quella economica. Legata alla presenza di attività innovative, di ricerca, alla capacità di attirare capitali economici e professionali;
  • quella del capitale umano e sociale. Una città è smart quando sono smart i suoi abitanti in termini di competenze, di capacità relazionale di inclusione e tolleranza;
  • quella della governance. Da intendersi nell’adozione di modelli di governo improntati a dare centralità ai beni relazionali e attenzione ai beni comuni. Nella creazione di opportunità per favorire la partecipazione civica nella creazione di valore pubblico.

Assumendo questa prospettiva, il concetto di smart city si lega indissolubilmente a quello di innovazione sociale[3]. Le Smart cities sono le città che creano le condizioni di governo, infrastrutturali e tecnologiche per produrre innovazione sociale, per risolvere cioè problemi sociali legati alla crescita, all’inclusione e alla qualità della vita attraverso l’ascolto e il coinvolgimento dei diversi attori locali coinvolti: cittadini, imprese, associazioni.

La materia prima diventa l’informazione e la conoscenza e le città si possono qualificare nel modo in cui informazione e conoscenza sono prodotte, raccolte e condivise per produrre innovazione. Sia essa comunicazione finanziaria, economica, sociale o culturale le città sono sempre più nodi attivi dei flussi fisici ma anche, appunto, di quelli immateriali. 

Negli ultimi dieci anni, però, è drasticamente cambiato il modo in cui le informazioni vengono elaborate e trasmesse, grazie soprattutto allo sviluppo delle tecnologie di rete. Lo stesso spazio urbano è divenuto un luogo ibrido nel quale esperienza fisica ed esperienza virtuale si combinano insieme creando un sistema socio tecnico esteso basato sulla combinazione di luogo e network. Un’interazione continua tra luoghi fisici e flussi informativi resa ancora più intensa dalla recentissima diffusione delle applicazioni georeferenziate utilizzate dai moderni device (i cosiddetti Location Based Social Network)[4]. La fruizione della città diventa un’esperienza che non finisce a quello che è direttamente osservabile ma che viene arricchita da comunicazioni, annotazioni e segnalazioni che provengono dalle comunità in rete[5].

La stessa rappresentazione grafica della forma urbana si è arricchita di nuove informazioni con l”utilizzo delle cartografia on line che da rappresentazione simbolica dello spazio urbano si è arricchita in un primo momento aggiungendo alla rappresentazione geografica quella dei fenomeni sociali per poi portare diventare strumento di socializzazione delle informazioni territoriali.

Semplificando, a seconda della priorità data alle diverse forme di comunicazione e di partecipazione, si possono isolare i seguenti modelli di smart cities: 

La città delle reti o net city[6]. Le città sono centri flessibili in grado di relazionarsi sia alla propria popolazione sia ai flussi internazionali legati ai settori della finanza, dell’economia e della cultura con l’ambizione di fungere da collegamento tra globale e locale, di fare da cerniera di connessione fra la dimensione locale e quella globale. Da questa prospettiva, la città diventa lo strumento per mobilitare e valorizzare le risorse umane e le competenze che ospita ai fini della concorrenza globale. Per far questo deve essere per prima cosa "accogliente" ed essere capace di attrarre il capitale umano della classe creativa in settori innovativi e di ricerca[7]

La città aperta o open city[8]. È la città che dà priorità alla trasparenza del suo operato. La comunicazione delle proprie attività non è mediata ma è diretta: pubblicazione on line di tutti gli atti, trasmissione in diretta streaming delle sedute consiliari, acceso agli atti. E’ con l’adozione del modello degli open data che questo approccio ha trovato la massima espressione prima in alcuni paesi esteri e, recentemente, anche in Italia con le esperienze di Udine, Torino, Firenze. 

La città senziente o sentient cities[9]. Finalizzata prioritariamente a migliorare l’efficienza operativa e la sostenibilità dello sviluppo, la città senziente crea le condizioni infrastrutturali per produrre e gestire le informazioni sul suo funzionamento negli ambiti prioritari delle sue funzioni come la mobilità, le risorse energetiche, la qualità dell’ambiente. Esempi di questo approccio, tra i tanti, sono: il progetto Trash Track e Live Singapore del MIT, il progetto del politecnico di Torino. La raccolta delle informazioni non è solo delegata al diffondersi di nuovi strumenti urbani sotto forma di sensori ma nuovi progetti coinvolgono i cittadini i quali da fruitori o beneficiari diventano soggetti attivi nel monitoraggio della città. Un esempio di questo tipo è la sperimentazione portata avanti nella città di San Francisco con la tecnologia Citysense[10], che analizza i flussi dei movimenti urbani monitorando (in formato anonimo) i dati di posizionamento prodotti dai cellulari (ciascun cellulare invia in continuazione in modo automatico informazioni sulla sua posizione). Ancora più ambizioso il “Copenaghen Wheel project” [11] che prevede, tramite uno speciale accessorio di trasformare normali biciclette in veicoli elettrici in grado di raccogliere informazioni sul sistema urbano: inquinamento, traffico, condizioni delle strade che vengono inviate ad un centro di controllo che le elabora e le ridistribuisce in tempo reale[12] 

La città partecipata o wiki città. La comunicazione è orientata a favorire il coinvolgimento dei cittadini nella gestione della cosa pubblica. Dai primi esperimenti di e-democracy alle recenti esperienze di contest pubblici e di wiki- government i cittadini sono chiamati a diventare parte attiva nelle decisioni che riguardano la città. Esempi concreti di questo approccio sono le esperienze di Bologna[13] e Cagliari[14]

La città neo-bohème o città creativa. E’ la città che dà spazio alla comunicazione che viene dal basso in formato di produzione artistica, creando così le condizioni per la riqualificazione di aree urbane. I quartieri neo-boheme sono laboratori di ricerca e sviluppo per la produzione dell’economia dell’entertainment, dei media, della pubblicità, dei lavori legati all’estetica[15]

La città resiliente[16]. Il 4 novembre, a seguito dell’emergenza causata dal nubifragio a Genova, twitter è stato utilizzato dai cittadini stessi per dare informazioni di pubblica utilità e, a fronte delle difficoltà di sovraccarico della rete cellulare, per invitare le famiglie ad aprire l’accesso ai router wifi domestici così da mettere la comunicazione su internet a disposizione della popolazione in generale. L’ashtag utilizzato su twitter è stato rilanciato dalle tv, a cominciare da Rainews24, creando così una rete di comunicazione formale-informale a disposizione della cittadinanza. E’ stato un classico esempio di comunità resiliente in grado, cioè, di reagire a una calamità esterna condividendo informazioni. Una città resiliente è quindi una città che aiuta i cittadini a meglio comprendere i rischi del proprio territorio, soprattutto legati ai cambiamenti climatici, tramite la formazione e la sensibilizzazione, e a condividere le informazioni in caso di eventi minacciosi.

La città 2.0. E’ un’amministrazione che si mette dalla parte dei cittadini e che, con gli stessi, stabilisce una relazione di comunicazione bidirezionale perché è consapevole che nessuno meglio di loro può valutare servizi e progetti, segnalare eventuali criticità, manifestare esigenze e bisogni e fare proposte per soddisfarli[17]. Nella sua accezione più ampia i cittadini non vengono coinvolti solo tramite consultazione ma nella progettazione stessa dei servizi, è quello che comunemente viene chiamato il co-design dei servizi[18]. Esempi sono le esperienze di Fixmystreet[19], Are you safe, e, in Italia, di e-part e del comune di Udine[20]

La città come piattaforma o cloud city. Lo spazio urbano, con le sue strade, piazze, parchi è da sempre la precondizione per l’interazione sociale. Nella città come piattaforma la tecnologia diventa un elemento facilitatore dell’interazione, diventa software di connessione tra idee, iniziative, competenze ed esperienze diverse o, come dice Ben Cerveny[21], il sistema operativo della società civile in grado diCombine the reach of the cloud with the power of the crowd”[22]. C’è chi denota questa caratteristica come MAAS, Municipality as a Service [23] prendendo a modello l’approccio portato avanti dalla città di New York che tra le prime città al mondo ha esplicitato il suo modello di sviluppo digitale tramite un piano di sviluppo, la Road Map for Digital City[24], finalizzato a “create an ecosystem that enables both transparency and also economic growth”[25]

 Leggi l’articolo di presentazione di SMART City Exhibition

Diversi modi, complementari tra di loro, di essere smart ma con un’unica prospettiva comune di considerare la città, il suo governo e le sue tecnologie quale ambiente abilitante del capitale sociale, the enabling city[26], in grado – attraverso azioni positive di inclusione, di innovazione e di interazione – di sostenere una cittadinanza attiva, una smart communities, orientata a risolvere problemi condivisi e creare nuove opportunità sociali, economiche e culturali.

Scarica le slide proiettate alla conferenza stampa di presentazione

Come sempre, quando si tratta di sostenere i processi innovativi in grado di modernizzare le pubbliche amministrazioni e i territori italiani, anche noi di FORUM PA cerchiamo di fare la nostra parte. In questo caso con due iniziative concrete, la prima, in ordine cronologico è "La Giornata PA e Smart Communities" organizzata nell’ambito del prossimo FORUM PA che si terrà a Roma dal 16 al 19 maggio. La seconda, ancora più ambiziosa, è l’organizzazione di un evento, insieme a Bologna Fiere, dal titolo SMART City Exhibition e che si terrà, appunto a Bologna nei prossimi 29-31 ottobre: una grande occasione non solo per parlare di smart city con i principali attori nazionali ed internazionali ma anche per toccare con mano le iniziative concrete portate avanti dalle diverse realtà urbane[27].

 


[1] Vedi il servizio sul sito di FORUM PA

[2] Tra le altre riflessioni vedi Alfonso Fuggetta, Com’è Smart la Cittàwww.lavoce.info, 13 marzo 2012

[3] Sul tema dell’innovazione sociale vedi il dossier curato da Chiara Buongiovanni: Il vaso di Pandora della Big society e i nuovi modelli di pubblica amministrazione, FORUM PA Saperi

[4] Eric Gordon, Adriana de Souza e Silva, Net Locality: Why Location Matters in a Networked World, Wiley-Blackwell, 2011

[5] Tra i progetti più interessanti di utilizzo della tecnologia per integrare l’esperienza urbana vedi i progetti Yellow Arrow, il Murmur project e, in Italia, le attività di Urban Experience

[6] Guarda ad esempio le considerazioni di Manuell Castells su The Network Society. From Knowledge do Policy. Washington, DC, Johns Hopkins center for Transatlantic relations, 2005 e le considerazioni dello stesso autore sulle Global City in The Rise of Network Society, British Library Cataloguing in Pubblication Data, 1996

.[7] Rimane un punto di riferimento, in merito all’attratività di una città, il lavoro di Florida: Richard Florida, L’ascesa della nuova classe creativa. Stile di vita, valori e professioni, Mondatori, Milano, 2003. In Italia l’approccio di Florida è stato applicato da colei che in quegli anni era la sua allieva, Tinagli. Vedi Irene Tinagli, Talento da svendere. Perché in Italia il talento non riesce a prendere il volo, Gli struzzi editore, 2008.

[8] Vedi Chiara Buongiovanni, Lo stato trasparente. Linked open data e cittadinanza attiva, FORUM PA portal, 2012

[9] Vedi Mark(Editor), Shepard Sentient City: Ubiquitous Computing, Architecture, and the Future of Urban Space , MIT Press (MA), 2011. Vedi anche il sito sentiencity.net. Vedi inoltre, Chiara Buongiovanni, So Smart, so Sentient, so Social. E’ la nostra città di domani?, FORUM PA Saperi.

[10] Vedi la pagina del progetto

[11] Vedi il sito del progetto

[12] Un progetto italiano interessante in questo ambito è “Pandora, un organismo vivente a Marghera” finalizzato a creare un edificio intelligente

[13] Diverse sono le iniziative di consultazione pubblica portate avanti dalla municipalità di Bologna, tra le ultime questa

[14] L’iniziativa di Cagliari nasce dal basso come stimolo all’attività del nuovo sindaco Massimo Zedda

[15] Richard Lloyd, Neo-Bohemia: Art and Commerce in the Postindustrial City. New York. 2006.

[16] Interessante da seguire su questo tema le attività di Elena Rapisardi sul suo blog fondatrice, tra le altre cose, del network Open Resilience, intervistata su FORUM PA Saperi da Michela Stentella.
Da segnalare anche Social media for emergency managers can’t start when the emergency does così come il progetto Notify NYC
Interessanti anche le iniziative nate sulla base della piattaforma open source Ushahidi

[17] Tra le iniziative più recenti promosse dalla Pubblica Amministrazione italiana segnaliamo quella della regione Lazio

[18] Su questo tema consulta su FORUM PA Saperi gli atti del webinar Dare voce ai cittadini: dall’ascolto al co-design dei servizi,

[19] Vedi la recente intervista di David Osimo a Tom Steinberg

[20] vai al sito del progetto

[21] Confronta www.themobilecity.nl

[22] Vedi qui

[23] vedi qui

[24] La versione in PDF della Road Map è disponibile qui

[25] Promotrice di questo approccio è Rachel Sterne, chief digital officer della città che in questa intervista descrive le sue ambizioni: New York City Sees Its Future as a Data Platform

[26] Guarda il bel progetto The enabling City e il relativo libro scaricabile gratuitamente. Un’interessante intervista alla promotrice, Chiara Camponeschi, si trova su FORUM PA Saperi

[27] Tra le ultime iniziative a livello territoriale confronta il resoconto SGI: ‘Non c’è smart city senza smart people’. Da Genova l’invito a investire sui giovani, innovare dal basso e fare sistema

 

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