Tecniche di ripensamento dell’artigianato: il Digital Transformation Camp

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Promosso dal MUSE – Science Museum di Trento, in partnership con INDUSTRIO, l’incubatore di startup hardware sul territorio Trentino, e la PROM Facility di Trentino Sviluppo di Rovereto, il Camp propone un programma di ricerca e sviluppo open per sperimentare livelli di automazione digitale all’interno delle imprese artigiane. Il progetto è stato presentato a ICity Lab 2017. Ne parliamo con Sabina Barcucci, co-fondatrice del MUSE FabLab

2 Novembre 2017

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Patrizia Fortunato

A ICity Lab 2017, nel corso dell’incontro “Fare con la tecnologia: tecniche di ripensamento dell’artigianato”, sono stati portati alcuni progetti sperimentati all’interno dei laboratori di fabbricazione digitale (FabLab). L’attenzione è ricaduta sul progetto “Digital Transformation Camp” presentato da Sabina Barcucci [1], co-fondatrice del MUSE FabLab, uno tra primi fablab in Italia e il primo ad essere posizionato (nel 2013) all’interno di un centro di promozione scientifica e di un museo, il MUSE – Science Museum di Trento.

Promosso dal MUSE, in partnership con INDUSTRIO, l’incubatore di startup hardware, e la PROM Facility di Trentino Sviluppo di Rovereto, il Camp propone un programma di ricerca e sviluppo open per co-progettare prodotti e servizi in seno alla trasformazione digitale all’interno delle imprese artigiane.

“Un anno e mezzo fa – racconta Barcucci – siamo stati cofinanziati dalla Comunità europea per il progetto INTERREG FabLabnet che riguarda nove paesi dell’Europa Centrale. A livello transnazionale il progetto punta ad attivare un network di nove fablab con l’obiettivo di potenziare la capacità di innovazione dei nove stati europei (Austria, Croazia, Repubblica Ceca, Germania, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Italia); a livello locale il progetto punta a mettere a terra una serie di azioni pilota che vanno dalla semplice interlocuzione, scrittura di documenti programmatici, alla messa in opera di nuovi servizi basati sulla fabbricazione digitale (come il Digital Transformation Camp) che attivino delle filiere corte di produzione e spingano la produzione manifatturiera locale verso la competitività. Le azioni avviate spingono i fablab a creare delle connessione tra il mondo imprenditoriale, le istituzioni culturali, le comunità creative e di sviluppatori, i policy makers”.

Secondo un modello integrato nel quale i vari aspetti della filiera di produzione tradizionale finiscono per convivere con l’innovazione digitale, imprese dalla profonda caratterizzazione artigiana sperimentano livelli di automazione e traggono opportunità dall’ecosistema dell’innovazione locale. Vengono innestate reti tra stakeholders diversi, grazie a fondi europei Interreg, per la co-progettazione di servizi e beni in ottica smart city, un obiettivo ambizioso cui tendere.

Entriamo nel vivo dell’analisi del processo di costituzione del network operativo. Il MUSE, capofila del progetto, attraverso il MUSE FabLab, ha intercettato una serie di imprese manifatturiere, territoriali e artigianali, a conduzione familiare, sedimentate negli anni, che producono beni tangibili. A Trento dal 9 al 15 ottobre, in una settimana sono state proposte, con queste imprese, delle sessioni di co-progettazione per nuove manifatture urbane. Una settimana concentratissima che segna l’assimilazione di una visione produttiva complessiva. “Abbiamo coinvolto – dichiara Barcucci – il soggetto promotore e alcuni soggetti territoriali tra cui l’università di Trento, che ha introdotto da una parte una serie di strumenti e dall’altra ci ha ospitato in una sessione per il brainstorming sulle idee imprenditoriali innovative. Questo è il ruolo del Contamination Lab, laboratorio dell’Università di Trento dedito alla promozione della cultura imprenditoriale innovativa, che è diventato partner dell’iniziativa”.

Il Trentino è territorio coeso e smart, caratterizzato da una serie di network territoriali tra istituzioni, imprese e cittadini, che costantemente lavorano insieme. Il mondo imprenditoriale Trentino è molto spesso finanziato dal pubblico e questo aspetto è interessante per l’iniziativa “Digital Transformation Camp”. “Il modello di Smart city Trentino – afferma Barcucci – si basa meno sul paradigma della rivoluzione digitale e punta più sul partenariato pubblico-privato”. Le aziende hanno interesse a capire come generare un nuovo prodotto o servizio che integri in sé il tema tecnologico e allo stesso modo rispetti la natura tradizionale e artigianale interna al sistema produttivo, la catena dei valori che ciascuna azienda rappresenta sul territorio. Una transizione questa che richiede l’intervento sulla formazione.

“È stata fatta in primo luogo una lunga analisi dell’ecosistema di queste aziende e di tutti i sistemi di valore, insieme ad Andrea Cattabriga, presidente della società Slow-D e designer strategico, esperto in tematiche legate alla trasformazione digitale e manifattura urbana. La seconda fase delle attività consiste nell’andare a capire dall’analisi fatta come nella microfiliera produttiva di queste aziende si possa immaginare di generare un prodotto che si basi su una serie di asset tangibili e intangibili, già esistenti sul territorio e il più possibile già nelle mani dell’azienda. Per individuare output di prodotto che incrociassero business needs con user needs, abbiamo coinvolto – dice Barcucci – Daniele Pesaresi e ci siamo spostati all’interno della ProM Facility del Polo Meccatronica che è una specie di fablab avanzatissimo votato all’ambito produttivo più che alla prototipizzazione. A chiudere le attività di ricerca, un’analisi del business è stata accompagnata da Jari Ognibeni, fondatore di INDUSTRIO”.

La tecnologia entra a gamba tesa in contesti tradizionali, senza andare a snaturare il prodotto e la struttura organizzativa delle organizzazioni. “L’Innovazione futura dei contesti produttivi territoriali in realtà è interesse comune che non deve calare dall’alto, ma deve essere portato avanti come ecosistema di soggetti, ognuno dei quali ha un interesse differente: dal partecipante che ha interesse ad acquisire delle competenze per essere in grado di lavorare come soggetto innovatore all’interno del contesto aziendale, all’ufficio per lo sviluppo regionale che ha bisogno di persone che innovino per far crescere progetti innovativi all’interno della provincia di Trento, all’incubatore INDUSTRIO che si nutre a sua volta di nuove proposte per il proprio hub di innovazione hardware, alle aziende stesse che hanno interesse a ottenere nuove idee e nuovi segmenti di mercato su cui investire”.

Attraverso il coinvolgimento della comunità locale e l’attrazione di dinamiche innovative, si produce dunque un ambiente urbano vivo. Tutto questo è una forma di servizio complessa, risponde a un format “iper-avveniristico”.

[1] Project manager freelance su Milano e il Nord Est

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