Il Fascicolo Informatico d’Impresa è pronto. Come si usa? Lo scopriamo a FORUM PA 2018

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L’Italia è, insieme ai Paesi Bassi, l’unico Paese europeo ad
avere un Fascicolo Informatico d’Impresa attivo su piattaforma nazionale. Il 22 maggio, all’interno
di FORUM PA 2018, Unioncamere organizza un incontro per raccontare alle PA a
cosa serve e come può essere utilizzato questo strumento, indispensabile per
rendere concreto il principio “once only”, secondo cui le amministrazioni non
dovrebbero chiedere a cittadini e imprese informazioni già in precedenza
fornite.

3 Maggio 2018

M

Michela Stentella

Dopo un anno e mezzo di lavoro e una prima fase sperimentale, l’infrastruttura tecnologica che sta alla base del Fascicolo Informatico d’Impresa è pronta e funzionante. Ora bisogna presentarla alle amministrazioni e spiegare perché e come utilizzare questo strumento realizzato dalle Camere di Commercio. Questo avverrà per la prima volta in maniera ufficiale il 22 maggio prossimo al FORUM PA 2018, all’interno di un convegno a cura di Unioncamere. “Si tratta di un prodotto destinato alla PA tecnologicamente maturo, solido, sicuro e a norma – sottolinea Andrea Sammarco, Vice Segretario Generale di Unioncamere – Abbiamo fatto una sperimentazione di 4 mesi con circa 200 imprese, soprattutto delle province lombarde, che hanno visionato il fascicolo e hanno commentato e segnalato alcuni aspetti. Nell’incontro organizzato al FORUM PA vogliamo ora affrontare con le pubbliche amministrazioni i temi della formazione e della gestione del fascicolo informatico: a cosa può servire, come può essere utilizzato, come è l’accesso, come può essere interrogato”.

Come funziona il Fascicolo Informatico d’Impresa? Le PA vi possono accedere attraverso “verifichePA”, un ambiente web a loro dedicato, già attivo da tempo con 10mila PA già registrate, dal quale era possibile fino allo scorso anno accedere esclusivamente ai dati contenuti nel registro delle imprese. Dall’ultimo trimestre del 2017 nello stesso ambiente è consultabile anche il Fascicolo Informatico d’Impresa. Attraverso il codice fiscale o la denominazione dell’impresa il funzionario della PA abilitato può interrogare il fascicolo dell’impresa in questione, dove trova 9 classi in cui sono state organizzati documenti in formato digitale e conservati a norma (per esempio la documentazione tecnica che è quella più densa, poi autorizzazioni, certificazioni, documenti finanziari, e così via) con l’indicazione del procedimento amministrativo di cui il documento ha fatto parte. “Questo è molto importante – sottolinea Sammarco – perché la qualità e il valore legale dei documenti presenti nel fascicolo è sancita proprio dal fatto di essere stato parte di un procedimento amministrativo svolto con una PA e ora concluso”.

I documenti presenti all’interno del Fascicolo sono stati quindi valutati, verificati e resi di valore legale dalla PA e questo è un passaggio necessario, perché su questo si aggancia il principio “only once” sancito dall’Europa, un principio di trasparenza ma soprattutto di semplificazione dei rapporti tra PA e cittadini/imprenditori secondo il quale ogni volta che questi forniscono un’informazione che li riguarda alla PA questa informazione non deve essere più richiesta perché già detenuta.

Ma come si rende concreto questo principio in un Paese come il nostro, in cui la PA è un complesso articolato e differenziato in livelli territoriali che supera i 20mila soggetti, dalle scuole agli enti locali alle province alle camere di commercio alle amministrazioni centrali? “Bisogna prima di tutto fare in modo che ci sia uno switch off dall’analogico al digitale altrimenti il fascicolo informatico non ha senso – ribadisce Sammarco – quindi il primo passaggio è avere una PA digitale. Il secondo passaggio è convincere le PA che piuttosto che mantenere una faticosa e costosa frammentazione del patrimonio informativo che riguarda la singola impresa è opportuno far convogliare queste informazioni nel fascicolo. L’istituzione del fascicolo è peraltro prevista per legge: a novembre 2016, il decreto legislativo 219 che ha riformato le Camere di Commercio, ribadisce che queste hanno il compito di formare, quindi, creare e gestire il fascicolo informatico d’impresa a beneficio di tutte le pubbliche amministrazioni”.

Il fascicolo risponde ad esigenze di semplificazione, di trasparenza e open government (rendendo un grande patrimonio informativo accessibile a tutta la PA), di risparmio perché si evita di conferire gli stessi documenti a più PA, di efficientamento perché le PA devono effettuare sul campo meno verifiche e controlli di tipo formale e documentale.

Ogni impresa può accedere al proprio fascicolo tramite il “cassetto digitale dell’imprenditore”, che tramite un’applicazione mobile first mette a disposizione tutto il patrimonio informativo detenuto dalle Camere di Commercio e quello consegnato alla PA. È questo il luogo dove la PA restituisce all’imprenditore quello che sa di lui e che lui può eventualmente riutilizzare, perché è possibile scaricare i documenti presenti in formato digitale.

In questo momento sono presenti nel sistema 800mila fascicoli con 5 milioni e mezzo di documenti informatici. Sono tanti o sono pochi? “Se consideriamo che in Italia risultano attive 4 milioni e 200mila imprese sembrano ancora una parte minima o comunque insufficiente per considerare il progetto in uno stato di avanzamento significativo – risponde Sammarco -. Abbiamo però stimato che le imprese che entrano in contatto con la PA per qualche adempimento sono meno di 2 milioni. Se questi sono i numeri di riferimento, ecco che 800mila fascicoli diventano una cifra considerevole. Da notare che abbiamo fascicoli da tutte le province italiane, anche se con consistenze diverse, ma senza il classico divario nord-sud. Il fattore che discrimina la consistenza dei fascicoli è piuttosto la maggiore concentrazione, in alcune aree, di imprese più dinamiche e attive nei rapporti con la PA, per esempio intorno ai grandi centri urbani o intorno ai distretti, sia nel nord che nel sud Italia”.

“Il fascicolo informatico d’impresa – aggiunge Sammarco – rientra pienamente nell’Agenda digitale italiana, perché stiamo parlando di un grande contenitore di dati e informazioni che, anche se ha l’impresa al centro, in realtà riguarda 10 milioni di cittadini, un sesto della popolazione italiana. Tra l’altro per accedere bisogna possedere SPID, come per tutti i servizi della PA, oppure la CNS per le imprese che già la avevano ottenuta dalle Camere di Commercio”.

Un altro richiamo importante è all’Agenda per la semplificazione 2015-2017, che si era molto concentrata sulla standardizzazione della modulistica per decine e decine di adempimenti. Questa modulistica cartacea trasformata in “compilazione digitale” è proprio la base del patrimonio informativo che sta confluendo nel fascicolo informatico d’impresa e che nel 70% dei casi proviene proprio dai SUAP.

“C’è un rapporto molto stretto tra l’ottimale funzionamento digitale dei SUAP su tutto il territorio e l’alimentazione del fascicolo – sottolinea infatti Sammarco – La norma dice che tutti i SUAP conferiscono documenti digitali alla Camera di Commercio che li deposita nel Fascicolo Informatico d’Impresa. Il problema è che questa operazione non sempre avviene. Noi proponiamo due tipi diversi di soluzioni: i Comuni e le amministrazioni possono lavorare in collaborazione con le Camere di Commercio usando lo stesso sistema informatico e scambiandosi quindi documenti che, alla fine dell’adempimento, finiscono in automatico nel fascicolo senza aggravio di lavoro per la PA. Altrimenti le PA, che comunque per legge devono alimentare il fascicolo, possono usare loro sistemi e devono poi riversare autonomamente i documenti il che comporta un certo carico di lavoro. Questo è il limite che non ci consente oggi di avere la copertura al cento per cento”.

Insomma un percorso che va ancora sviluppato. L’incontro del 22 maggio a FORUM PA 2018 vuole essere il primo passo in questa direzione.

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