Modello aperto per i servizi PA: da Agid un’opportunità per cittadini e imprese

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Il modello di Agid sceglie di percorrere la strada dell’apertura, con la
diffusione degli open data e l’apertura dei servizi tramite API,
consentendo così alle imprese di sviluppare un’offerta sempre più
personalizzata e basata sulle esigenze dei cittadini

3 Febbraio 2016

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Nello iacono, Stati Generali dell'Innovazione

L’approvazione del “Modello strategico di evoluzione del Sistema Informativo della Pubblica Amministrazione“, comunicata da parte del Comitato di indirizzo Agid, e presentato durante il recente convegno sull’Agenda Digitale italiana, con la partecipazione di Tim Berners Lee, è certamente un evento positivo e importante del percorso verso la crescita digitale del Paese. Previsto dallo Statuto Agid, è il passo necessario verso la predisposizione del “Piano triennale dell’Information and Communication Technology (ICT) nella Pubblica Amministrazione” che Agid deve effettuare nei prossimi mesi (nel testo del nuovo Cad che circola in rete la scadenza per la sua approvazione finale da parte del governo è il 30 settembre) e che fornirà un indirizzo vincolante per la trasformazione digitale delle amministrazioni e quindi anche per i loro acquisti.

È così fondamentale conoscerlo e approfondirne i vari elementi, per cogliere opportunità e rischi.

La struttura del modello

Il modello si articola su quattro livelli:

  1. infrastrutture fisiche (connettività, data center, tecnologia cloud);
  2. infrastrutture immateriali (sistema pubblico di identità digitale Spid, anagrafe unica Anpr, sistema dei pagamenti PagoPa, sistema di fatturazione elettronica);
  3. ecosistemi di interoperabilità (ecosistemi di settore basati su servizi applicativi come Scuola, Turismo, Sanità, …);
  4. Italia Login (framework di integrazione dei servizi della PA in un unico contesto coerente dal punto di vista di esperienza utente e usabilità).

Come sottolinea Stefano Quintarelli, deputato e presidente del comitato d’indirizzo Agid, “i punti più qualificanti a mio avviso sono cinque, che risuonano assieme: 1) l’integrazione delle app in un framework di accesso utente centralizzato; 2) l’introduzione della categoria delle infrastrutture immateriali; 3) la ripresa con forza della cooperazione applicativa realizzata tramite API; 4) la possibilità di accesso dei privati; 5) la definizione di ecosistemi per domini applicativi” .

Opportunità

La novità del modello, è infatti, certamente, nella definizione di una strutturazione organica dei diversi programmi avviati nel contesto della “Strategia di Crescita Digitale”, ma anche nella scelta netta di percorrere la strada dell’apertura, attraverso una spinta verso la diffusione degli open data, e soprattutto attraverso l’apertura dei servizi, tramite API, in modo da consentire alle imprese di beneficiare di un patrimonio di possibilità di integrazioni di servizi e dati utile a fare evolvere i servizi in modo sempre più personalizzato verso le esigenze dei cittadini.

Da questo punto di vista, così, si configura una nuova modalità di relazione tra le amministrazioni e tra pubblico e privato, basata su un ruolo pubblico che punta alla realizzazione delle piattaforme e delle condizioni abilitanti per lo sviluppo del digitale, entrando direttamente nella realizzazione dei servizi digitali solo per i servizi pubblici essenziali, ma preoccupandosi di creare soprattutto un contesto (tecnologico, metodologico e di standard) tale da favorire uno sviluppo creativo dei servizi la cui qualità, coerenza e interoperabilità abbiano però già dei requisiti noti da soddisfare.

Ancora Quintarelli: “con le Api e la decentralizzazione della realizzazione delle applicazioni, la PA diventa un terreno su cui i privati possono costruire servizi ” e in più “Agid avrà il compito di mantenere il registro delle API a beneficio degli sviluppatori. I servizi e le infrastrutture saranno realizzabili anche da privati, che potranno accedere al sistema pubblico di connettività e quindi alle cosiddette porte applicative, e per un dominio applicativo si costituiranno così degli ecosistemi di componenti di servizio ed applicazioni in grado di utilizzarle .”

La scelta fatta sull’apertura, basata anche sulla consapevolezza delle risorse pubbliche disponibili ma, soprattutto, dall’identificazione del ruolo pubblico come soggetto abilitante verso cittadini e imprese, punta ad una forte accelerazione nello sviluppo digitale di un Paese ancora molto arretrato in diverse aree.

Ci si aspetta, pertanto, che lo sviluppo sui singoli ecosistemi sarà molto rilevante. Rispetto al turismo, ad esempio, Edoardo Colombo, già componente del TDLab del Mibact, sottolinea: “ Il turismo è un’economia mista che si è molto trasformata con l’avvento del digitale e che si distingue da qualsiasi altra perché composta da un mix pubblico e privato di prodotti e servizi di ricettività, trasporti, ristorazione, intrattenimento ed eventi e di fruizione dei beni paesaggistici e culturali. Per questo motivo è opportuno creare un ecosistema digitale condiviso tra le Pubbliche Amministrazioni, che devono definire gli standard necessari per realizzare i back-end d’offerta, e i Privati che, agendo in un mercato egemonizzato dalle online travel agencies, possono così creare una molteplicità di front-end segmentati per target e cluster ”. E ancora: “L’imminente arrivo dell’Identità Digitale e la disponibilità dei Nodi dei pagamenti sono un’opportunità straordinaria per abilitare servizi innovativi per quel cittadino temporaneo, sia italiano che straniero, che oggi visita il Paese frastornato da un eccesso informativo e da una confusione commerciale. È anche l’occasione per attuare un’opera di semplificazione della relazione diretta con il cliente/viaggiatore introducendo nuove modalità di accesso sicuro ai servizi e superando la semplice digitalizzazione dei processi consolidati ”.

La scommessa profonda, che si apre nel quadro dell’Open Innovation, formula spesso affermata nei convegni ma molto poco nella pratica, è di far sì che la scelta di apertura favorisca la nascita di meccanismi coopetitivi come quelli già sperimentati con successo nell’ambito di Expo. Ancora Colombo: “ Dopo una prima apparizione nel documento di Crescita Digitale oggi il turismo è finalmente protagonista del percorso di Agid verso l’API economy e Italia Login, e nella nascita della community digitale aggregatrice di conoscenza diffusa e di intelligenza collettiva che sta nascendo intorno a “IDEA” il marketplace di API realizzato dalla direzione Architetture Digitali per la PA di Poste Italiane e dal Cefriel. Un disegno che va in continuità con lo sviluppo dell’ecosistema E015 pensato e realizzato da Alfonso Fuggetta.

Il beneficio per i cittadini è evidente e potenzialmente enorme, per più elementi, come:

  • la possibilità di configurare e personalizzare i propri servizi;
  • la possibilità di indirizzare le proprie esigenze verso i privati spingendo verso un’offerta sempre più mirata;
  • la presenza di un quadro di riferimento che si propone di garantire usabilità e qualità dei servizi;
  • l’accelerazione sulla disponibilità dei servizi digitali che questo approccio consente.

Insomma, si compone concretamente il contesto utile per il pieno utilizzo dell’identità digitale , principale infrastruttura immateriale abilitante.

Rischi

Come in ogni grande programma, è utile anche identificare i possibili rischi, così da poter intraprendere azioni in grado di evitare che possano mettere in pericolo gli importanti risultati che si vogliono ottenere. Su un programma di questa portata, naturalmente, i rischi sono di varia natura e rilevanza. Credo sia utile sottolinearne due, correlati al tema culturale e organizzativo:

  • il basso livello di competenze digitali nei cittadini, e nel mondo del lavoro, sia pubblico che privato, ai diversi livelli professionali e di responsabilità. L’arretratezza italiana è notevole ed evidenziata da tutti gli indicatori internazionali, non è credibile che possa essere superata soltanto attraverso una disponibilità maggiore di servizi digitali, o con azioni di switch-off, né possiamo aspettare che le profonde innovazioni sulla scuola influenzino la popolazione, sempre più over-50. Bisogna avviare un quadro di interventi coordinato, capillare e significativo sulle competenze digitali, prevedendo l’ottimizzazione delle risorse che ci sono (in prevalenza europee, ma non solo), utilizzando il modello di intervento che già è disponibile, da cui si può partire. L’iniziativa della coalizione per le competenze digitali è un tassello importante di questo quadro;
  • la difficoltà delle amministrazioni, soprattutto quelle di minori dimensioni e risorse, di procedere senza accompagnamento in un percorso che prima di tutto è organizzativo e culturale , verso il compimento di una vera e propria trasformazione digitale . Accompagnamento che deve essere previsto e che consiste di linee guida, ma anche di supporto formativo e metodologico concreto e tangibile, rendendo magari le amministrazioni regionali e metropolitane nodi di supporto al cambiamento.

Al momento non si vedono ancora segnali forti di intervento su queste due aree di rischio. La definizione del piano triennale può costituire il luogo di riflessione per affrontarle con determinazione.

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