Open Gov, prime prove tecniche per fare sistema contro i nemici della trasparenza

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Le premesse per fare bene e per cominciare a scardinare paradigmi ormai insostenibili nell’ambito della trasparenza ci sono. È però evidente che la strada da fare per raggiungere un’amministrazione (più) trasparente e per diffondere la cultura degli ‘open data’ e il loro valore, è ancora lunga. Un punto di partenza arriva dalla versione definitiva del Terzo Piano di Azione Open Government nell’ambito dell’Open Government Partnership.

18 Novembre 2016

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Alessandra Talarico

L’enorme patrimonio informativo generato dalle pubbliche amministrazioni ha un valore riconosciuto non solo in termini di conoscenza, ma soprattutto in termini di responsabilizzazione e rafforzamento delle possibilità di azione dei cittadini nei confronti della macchina pubblica.
La possibilità di utilizzare i dati sia per realizzare nuovi business che per il bene della collettività sono il motore che ha spinto diversi Governi – da quello UK (data.gov.uk) a quello USA (data.gov) – ed infine anche il Governo italiano (dati.gov.it) a mettere le informazioni pubbliche a disposizione di cittadini, associazioni e imprese, che hanno così libero accesso a dati un tempo difficilmente raggiungibili, con la possibilità di riutilizzarli, trasformandoli da patrimonio inerte a bene ancora più pubblico e prezioso.

In questa ottica, il Governo italiano ha da poco pubblicato la versione definitiva del Terzo Piano di Azione Open Government nell’ambito dell’Open Government Partnership.

Un Piano elaborato con la partecipazione dei rappresentanti della società civile, riuniti grazie all’istituzione di un Open Government Forum e che, non a caso, pone l’accento in particolare sulla “trasparenza, la partecipazione, la lotta alla corruzione, l’accountability e l’innovazione della pubblica amministrazione”.

Tra gli obiettivi del Piano, oltre a quello più ovvio di “accrescere la disponibilità e aumentare la capacità di fruizione ed elaborazione dei dati” non solo delle pubbliche amministrazioni, ma anche nell’ambito della mobilità e dei trasporti, della statistica, della scuola, delle smart city, c’è anche quello di armonizzare e rendere più chiare e semplici le modalità di pubblicazione dei dati da parte delle pubbliche amministrazioni “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo, da parte dei cittadini, sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”.
Sì perché ancora, nonostante diversi e precisi obblighi normativi, come si legge nello stesso documento pubblicato dal Governo, c’è ancora molta disomogeneità nel modus operandi delle diverse amministrazioni. Cosa che rende molto arduo il compito di chi, a vario titolo, intenda accedere ai dati pubblici “ per verificare l’andamento dell’azione amministrativa, l’efficace perseguimento delle funzioni istituzionali, le modalità di utilizzo delle risorse pubbliche”.

Al momento – stando alle informazioni reperibili su dati.gov.it dove,però, l’aggiornamento dei dataset è ferma dal 2015, ovvero da quando il nuovo portale è stato lanciato – sono 10.338 i dataset prodotti da 76 amministrazioni tra cui Dati Geografici e 695 Dati Statistici. Già soltanto dando un’occhiata superficiale a questi dati si possono notare alcuni dati abbastanza curiosi. Primo fra tutti che, il comune di Albano Laziale è tra i più attivi in termini di ‘apertura’ dei dati al pubblico. Batte Roma e Firenze per pubblicazione di dati legati al turismo, e anche Milano se si guarda a quelli della cultura. E’ la prima anche per i dati legati al settore sanità (dove Roma, per dire, non è neanche presente) e su mobilità e trasporti è l’unico comune a produrre dati oltre a Milano.
Guardando ai dati regionali, si evince innanzitutto la pressoché totale assenza di dati provenienti dal Sud Italia, fatta eccezione in qualche sparuto caso, per Puglia e Basilicata. Agricoltura e Cultura sono appannaggio delle Regioni del Nord, e anche i dati della sanità (anche se in questo contesto la Basilicata compare con 9 dataset). A livello nazionale, INPS e ISTAT sono gli enti più attivi. Quasi non pervenuti i ministeri.

È pur vero che imprese e cittadini sono ancora molto ‘tiepidi’ nei confronti dei dati messi a disposizione dalla amministrazioni, con richieste di accesso molto più basse rispetto al resto d’Europa, ma questo non può essere una scusante valida per ogni occasione.

Può risultare quindi positiva, ma in un’ottica di lungo periodo, l’intenzione – contenuta nel piano – di partire dalla scuola, equipaggiando “gli studenti italiani con tutte le competenze necessarie a una vera cittadinanza digitale, mettendoli al centro della pratica attraverso il lavoro in scenari reali e concreti come: monitoraggio civico degli investimenti pubblici attraverso open data, cura e valorizzazione dei beni comuni attraverso le tecnologie digitali, promozione del dialogo costruttivo in ambienti digitali, valorizzazione dei servizi pubblici digitali nazionali e locali, sviluppo di applicazioni di città intelligente”.
Ed è un bene che tra le novità di questo terzo piano Open Gov vi sia quella rappresentata dal coinvolgimento della società civile anche nell’attuazione e nel monitoraggio degli impegni delle singole amministrazioni, (anche se la sezione ‘Monitora’, che doveva essere attivata alla fine del ciclo di consultazione pubblica sul Terzo Piano di Azione Nazionale -16 Luglio – 31 Agosto – non è ancora attiva).

Le premesse per fare bene e per cominciare a scardinare paradigmi ormai insostenibili ci sono: come ha sottolineato il ministro Marianna Madia, il numero di azioni contenute nel nuovo Piano è stato quintuplicato rispetto a quello precedente e nell’elaborazione della strategia sono state coinvolte in modo attivo oltre venti amministrazioni pubbliche. Ed è da apprezzare anche la forte enfasi posta sul concetto di accountability, che potrebbe contribuire a un cambiamento concreto nella cultura delle amministrazioni pubbliche.

È però evidente che la strada da fare per raggiungere un’amministrazione (più) trasparente e per diffondere la cultura degli ‘open data’ e il loro valore, è ancora lunga e sarà molto arduo centrare il target senza mettere a sistema, in fase di attuazione, approcci e risorse in quella stessa ottica di collaborazione e assunzione di responsabilità che ha caratterizzato la realizzazione del piano.

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