E se per caso il Governo durasse?

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Se per caso le agitate acque della nostra politica di bottega concedessero comunque a questo Governo un tempo ancora sufficientemente lungo per portare a casa qualche risultato, cosa vorrei che mettesse in cima alle sue priorità per quanto riguarda il government? Difficile gioco della torre perché le cose da fare subito sarebbero tantissime, ma ci provo indicando cinque sfide che hanno anche la pretesa di suggerire al Governo di essere coraggioso e di uscire dalla vaghezza, perché è tempo per una agenda concreta e realistica, che cambi radicalmente le aspettative e dia fiato alla parte migliore della PA. Cinque sfide quindi, che si possono mettere sul tavolo e vincere nel giro dei diciotto mesi che i più ottimisti indicano come tempo massimo di scadenza dell’attuale esecutivo. Eccole…

5 Dicembre 2013

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Carlo Mochi Sismondi

Se per caso le agitate acque della nostra politica di bottega concedessero comunque a questo Governo un tempo ancora sufficientemente lungo per portare a casa qualche risultato, cosa vorrei che mettesse in cima alle sue priorità per quanto riguarda il government?

Difficile gioco della torre perché le cose da fare subito sarebbero tantissime, ma ci provo indicando cinque sfide che hanno anche la pretesa di suggerire al Governo di essere coraggioso e di uscire dalla vaghezza (tanto non mi pare che abbia nulla da perdere), perché non è tempo per quella che Musil nel suo capolavoro chiama “azione parallela”[1], ma è tempo per una agenda concreta e realistica, che cambi radicalmente le aspettative e dia fiato alla parte migliore della PA. Cinque sfide quindi, che si possono mettere sul tavolo e vincere nel giro dei diciotto mesi che i più ottimisti indicano come tempo massimo di scadenza dell’attuale esecutivo. Eccole:

1. Geografia delle amministrazioni: meno enti, più responsabilità. Nessuno sa esattamente quante siano le unità locali che compongono la struttura periferica dell’amministrazione dello Stato: la Ragioneria generale indica 251 centri di costo; l’ISTAT nel recentissimo censimento delle istituzioni pubbliche parla di oltre 25.000 unità locali dell’amministrazione pubblica, difesa e assicurazione sociale obbligatoria. Lo stesso ministro della PA confessa di non sapere quante siano le società partecipate dalle amministrazioni pubbliche né quanti siano i dipendenti (pubblici) che vi lavorano. Forse c’è qualcosa che non va. La sfida numero uno è quindi di riorganizzare radicalmente:

  • La struttura periferica dello Stato;
  • Le strutture decentrate delle regioni;
  • L’insieme stratificato degli enti di area vasta spesso sovrapposti e comunque mai coordinati;
  • L’insieme delle aziende in house o partecipate dalle amministrazioni pubbliche.

Non è impossibile quindi porsi tre obiettivi quantificati e misurabili:

a) Chiusura entro il 2014 di 1.000 unità locali della organizzazione periferica dello Stato e loro accorpamento negli Uffici Territoriali di Governo;

b) Razionalizzazione e radicale riduzione di tutte le amministrazioni e enti di area vasta, tra cui le province;

c) Individuazione immediata e accompagnamento per tre anni di 20 territori pilota (uno per regione) che sperimentino unioni di comuni e intese di area tese allo sviluppo delle economie territoriali.

2. Gestione delle risorse umane nella PA: più giovani, più merito, più mobilità. Le cifre le ho date già troppe volte: i dipendenti pubblici non sono troppi, ma sono troppo vecchi, poco qualificati e mal distribuiti e inoltre la valutazione sia individuale sia organizzativa resta un mero adempimento formale. E’ necessario un deciso cambio di passo che potrebbe prendere la forma di tre obiettivi definiti:

a) Accompagnamento all’uscita (scivoli o prepensionamenti o incentivi) per un’importante fetta di personale pubblico più vecchio e meno qualificato (un 5% del totale non sembra una cifra esagerata), sia nello Stato sia negli EL e nelle Regioni, e parziale sostituzione (1 ogni tre) con giovani ad alta professionalità da assumere con concorsi completamente ripensati (esami attitudinali; verifica dei curricoli di studio; definizione di professionalità specifiche; valutazione dei periodi di soggiorno e studio all’estero; ecc. ) che permettano di avere alcune decine di migliaia di innovatori motivati e preparati e alcune centinaia di manager di alto profilo disposti a rischiare con contratti a termine basati sui risultati.
Il costo dell’operazione è del tutto sostenibile, l’impatto, se guidato da manager capaci, coraggiosi e creativi, sarebbe totalmente rivoluzionario;

b) Istituzione del ruolo unico della dirigenza pubblica in modo da permettere di default la mobilità tra amministrazioni, che ora interessa meno dell’un per mille dei dipendenti;

c) Definizione di incentivi alla mobilità e impegno a disincentivare la permanenza nella stessa amministrazione oltre un periodo fisiologico.

3. Autonomia e responsabilità: per una PA più semplice e più efficace. Le regioni virtuose si vantano perché hanno speso il 57% dei fondi della programmazione 2007-2013 (il che vuol dire che quasi metà dei fondi sono stati sprecati); si susseguono grida manzoniane che impongono adempimenti su sicurezza, anticorruzione, trasparenza, performance, ma a questo palazzo di carta corrispondono ancora risultati miserrimi e ci tocca vantarci se siamo passati dal 72° al 69° posto nella classifica della corruzione. Ecco i miei due obiettivi per un anno di lavoro:

a) Obiettivo 100%: attrezzarsi e preparare professionalità, modelli organizzativi e processi per non sprecare neanche un euro della prossima programmazione 2014-2020. Vanno usate il 100% delle risorse sempre e ovunque;

b) Drastica riduzione degli adempimenti e dei piani (trasparenza, anticorruzione, performance, sicurezza, privacy, ecc.) da sostituire con rendiconti periodici e verifiche di compliance;

c) Individuazione, divulgazione e sostegno a 100 progetti eccellenti di sussidiarietà orizzontale, come esempio concreto di attuazione dell’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione.

4. Open government: per una PA accountable e aperta. La trasparenza della pubblica amministrazione si è tradotta nel mettere online gli stipendi dei dirigenti e nel predisporre piani: non siamo andati quindi oltre la trasparenza statica. E’ necessaria anche qui una svolta radicale. Propongo due obiettivi immediati:

a) Adozione del FOIA (Freedom Of Information Act) in Italia come principio guida per l’accesso agli atti, la partecipazione attiva e la trasparenza;

b) Radicale accelerazione della riforma della contabilità verso la contabilità analitica e economico-patrimoniale e introduzione dei bilanci riclassificati e dei rendiconti annuali ai cittadini secondo la “Carta di Belluno” (impegno per l’accountability);

c) Creazione di una task force dedicata (composta in maggioranza da esperti esterni all’amministrazione e indipendenti) per rinnovare radicalmente il procurement pubblico e la Partnership-Pubblico-Privata nei progetti.

5. PA digitale: meno carta, più valore ai cittadini e alle imprese. Nonostante tutte le promesse la digitalizzazione della PA latita e non si riesce ad intravedere il momento in cui le best practice potranno diventare pratica diffusa. Inoltre io credo che ci sia un deficit nell’uso del procurement pubblico di innovazione che non permette alla PA di comprare il meglio. In questo campo i miei obiettivi per l’anno che viene sono tre:

a) Individuare quattro grandi progetti nazionali (sanità digitale; e-welfare; giustizia digitale; cittadinanza digitale) e avere il coraggio di promuovere per questi concorsi di idee e di progettualità (beauty contest) a cui far partecipare il meglio dell’IT mondiale, prevedendo sempre ricadute positive sul sistema delle PMI innovative dei territori. I finanziamenti si devono poter trovare nella programmazione europea 2014-2020, al limite con un PON (Piano Operativo Nazionale) studiato ad hoc;

b) Operazione switch-off: definire dieci procedimenti o servizi, di grande rilevanza per cittadini ed imprese, in cui entro il 2014 la carta è definitivamente abolita e l’unico processo valido è quello digitale;

c) Abolizione in ogni provvedimento di innovazione della sciagurata dicitura “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” e sostituzione con un’analisi puntuale del ROI per ciascun intervento che quantifichi obiettivi precisi e verificabili di risparmio e di ritorno dell’investimento in tempi economicamente accettabili.

Se poi mi chiedete a quale di tutti questi quindici obiettivi non rinuncerei, quello che non butterei mai giù dalla torre, bè è il 2.a : il ricambio generazionale nella PA.

Perché se fare innovazione senza giovani è impossibile, tenere al palo tutto questo ben di Dio di intelligenze e di energia è criminale e non usarlo per il bene del Paese è sommamente stupido.



[1] L’azione parallela è un mio pallino:  nel capolavoro di Musil “L’uomo senza qualità” si tratta del comitato giubilare che deve preparare i festeggiamenti per il settantesimo anno del regno Francesco Giuseppe d’Austria nel 1918. E’ formato dalle più alte personalità spirituali e morali del regno. Il segretario dell’azione parallela è Ulrich l’uomo senza qualità. La musa ispiratrice del comitato è Ermelinda Tuzzi ribattezzata Diotima per la sua beltà spirituale. Diotima così spiega il senso del comitato:
"…l’Azione Parallela era un’occasione unica per tradurre in realtà il più grande e più importante ideale. – Dobbiamo e vogliamo attuare un’altissima idea. L’occasione si offre e sarebbe imperdonabile lasciarsela sfuggire! Ulrich chiese ingenuamente: – Ma lei ha in proposito un pensiero preciso ? No Diotima non l’aveva."  
Poi però venne la Grande guerra che spiazzò sia Francesco Giuseppe, sia l’azione parallela.

 

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