Datacenter PA: che è successo nel 2016 e che resta (tanto) da fare

Home PA Digitale Datacenter PA: che è successo nel 2016 e che resta (tanto) da fare

Ci troviamo alle strette finali, all’alba di un tanto atteso rilancio della strategia datacenter. Ma se non troverà seguito immediato, corre il rischio di essere superata dai fatti e in particolare dalle iniziative locali

5 Dicembre 2016

L

Luca Rea, Fondazione Ugo Bordoni

Siamo a fine anno e dopo un percorso lungo percorso di iniziative, dichiarazioni, leggi, finalmente si approda ad una svolta: razionalizzazione datacenter, c’è una strategia e c’è una capitolo di spesa.

Le iniziative si accompagnano al recepimento da parte della Commissione Europea del documento “Strategia per la crescita digitale 2015-2020” di recente disponibile sul sito di AGID. Nella Strategia vengono riportate in modo chiaro tutte le iniziative necessarie al rilancio dell’intero comparto Digitale della Pubblica Amministrazione; ciò che appare evidente, è che la razionalizzazione del patrimonio ICT è un passaggio fondamentale e propedeutico a tutte le altre iniziative.

Ripercorrendo a ritroso le azioni già intraprese dal governo e dall’Agenzia ci troviamo alle strette finali, all’alba di un tanto atteso rilancio che, se non troverà seguito immediato, corre il rischio di essere superato dai fatti e in particolare dalle iniziative locali.

Ripercorriamo i fatti che hanno caratterizzato il 2016 e che partono dall’anno precedente.


Questo articolo è uno degli approfondimenti raccolti nel FPA Annual Report 2016. La pubblicazione è gratuita, ma per scaricarla è necessario essere iscritti alla community di FPA. Scarica FPA Annual Report 2016.


a) Aprile 2015 – Aggiudicazione dei servizi SPC: dopo un iter molto travagliato finalmente viene pubblicato il listino SPC2 per i servizi di connettività rivolti alle Pubbliche Amministrazioni.

b) Dicembre 2015 – Legge di stabilità: si dà il via nei fatti alla razionalizzazione del comporto, mettendo le amministrazioni nelle condizioni di dover risparmiare essendo previsti tagli del 50% sulla spese corrente ICT nel triennio 2016-2017. Il vantaggio è lo stimolo all’efficienza, il rischio è che i tagli si trasformino in tagli ai servizi offerti ai cittadini.

c) Aprile 2016 – Regolamento Europeo (2016/679) sul trattamento dei dati personali e la libera circolazione dei dati: si gettano le basi per l’interoperabilità dei sistemi informativi delle PP.AA. e alla concreta possibilità di adottare servizi in Cloud.

d) Luglio 2016 – Aggiudicazione dei lotti 1 e 2 di SPC Cloud: viene reso disponibile alle Amministrazioni il listino dei servizi SPC Cloud; attraverso il listino è possibile cominciare un percorso di centralizzazione dei sistemi e degli applicativi.

e) Settembre 2016 – Testo del nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale: riferimento per tutto il settore Pubblico, getta le basi normative e, ancora in via di definizione, le regole tecniche per l’ammodernamento dei Sistemi Informativi nelle PP.AA..

f) Settembre 2016 – Decreto di Nomina del Commissario Straordinario per l’Agenda Digitale (Dott. Diego Piacentini): viene dato un nuovo impulso da parte del governo al settore ICT; il Commissario ha budget, autonomia, poteri, ma soprattutto idee molto chiare specie in materia di datacenter.

g) Ottobre 2016 – Dichiarazioni del Direttore Generale di AgID, Antonio Samaritani: presso il convegno Ernest Young di Capri 2016, il DG di AgID dichiara di avviare il processo di razionalizzazione dei datacenter a valere sul PON eGovernance per 50 milioni di euro in una prima fase e per ulteriori 40 milioni (da destinarsi alle Amministrazioni più piccole) in una seconda fase.

h) Ottobre 2016 – Testo definitivo, recepito dalla UE, della “Strategia per la crescita digitale 2014-2020”: già presentata il 3 marzo del 2015 assieme alla “Strategia per la banda ultralarga”, l’Italia incassa in estate il via libera dalla commissione.

Ma a che punto siamo? E soprattutto, a che punto è il piano triennale di AgID che dovrebbe dire alle Amministrazioni non solo le cose da fare, ma anche come farle?

Del piano in effetti siamo ancora in attesa, tuttavia l’opportunità di accedere al fondo PON eGovernace per finanziare la razionalizzazione del Patrimonio ICT, offre buone speranze per il prossimo anno.

Il problema vero è che una manovra tanto ambiziosa, quella di razionalizzazione dei CED, che scardina un sistema di gestori locali stratificato negli anni, necessita di un’azione incisiva che deve superare la logica degli annunci lasciando spazio alle Leggi e alle Regole Tecniche.

Come già annunciato dalla stessa Agenzia, il processo di razionalizzazione passa dalla riduzione significativa delle infrastrutture materiali e immateriali, che spinge a ragionare (così cose si legge tra le righe del CAD) in termini di Poli Nazionali. Dunque una semplificazione fisica e logica, che prevede l’individuazione di pochi centri (pubblici o privati), suddivisi su base territoriale, o su base “tipologia di Amministrazione”. Lo scopo è quello di accentrare i sistemi, garantendo gli stessi servizi a tutte le Amministrazioni e tutti i cittadini presenti sul territorio. Nelle Strategia per la crescita digitale, si parla di razionalizzazione/evoluzione in Cloud dei datacenter; si mira infatti, nei prossimi quattro anni, a migrare in Cloud il 70% del nostro Patrimonio ICT, oggi stimato attorno agli 11.000 datacenter.

Una svolta epocale data, per la quale ci domandiamo se sarà sufficiente il solo SPC Cloud, o se si renderanno necessarie nuove iniziative a vantaggio delle Amministrazioni proprio a partire dall’anno venturo.

Nel documento Strategia per la Crescita Digitale tuttavia gli obiettivi che si pone il Paese per i prossimi 4 anni sono decisamente ambiziosi. Non si tratta solo di razionalizzare i datacenter riducendo la spese, ma di una vera e propria rivoluzione dei servizi che origina, a sua volta, da una necessaria riduzione dei processi e non da ultimo, da un cambio di atteggiamento da parte dei cittadini e delle imprese. Una strategia trasversale, che impatta su tutto il settore, e coinvolge molteplici aspetti della vita delle Pubblica Amministrazioni.

La prima rottura con il passato prima che tecnologica deve essere culturale. All’interno della Strategia sono infatti previste differenti leve, anche economiche, che mirano al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea, primo tra tutti il concetto di inclusione. La digitalizzazione della PA e più in generale del Paese, dovrebbe essere infatti percepita da tutti, impiegati pubblici o cittadini, come uno strumento di semplificazione e che aiuta la gestione del quotidiano; molto spesso invece, la percezione dei servizi digitali è quella di un ostacolo che si somma ai mille già presenti nel panorama della nostra burocrazia.

Vediamo meglio quali sono gli obiettivi della Strategia per la Crescita Digitale 2014-2010 e come questi possono essere raggiunti tramite ulteriori iniziative:

mettere a sistema tutte le iniziative ICT, già avviate e di prossima realizzazione da parte delle PP.AA., determinando un rapido e progressivo abbandono dei servizi analogici;

garantire la crescita economica e sociale del Paese, attraverso lo sviluppo di competenze digitali per i cittadini e per le imprese;

rendere più efficiente il Paese, coordinando in materia unitaria la programmazione e gli investimenti pubblici in innovazione digitale e ICT.

Agli obiettivi si affiancano poi gli strumenti già disponibili, tra questi:

Sistema Pubblico di Connettività ed SPC Cloud (listini);

fondi Strutturali (PON FESR, POR FESR).

Certamente il nuovo Sistema Pubblico di Connettività rappresenta un enorme passo avanti per le Amministrazioni in termini di velocità di connessione e di piattaforme disponibili.

L’SPC infatti costituisce l’infrastruttura di accesso per le Amministrazioni, requisito minimo per la crescita digitale e necessario a tutte le iniziative di carattere ICT. La connettività disponibile tramite il nuovo SPC non riguarda solo gli impiegati dello Stato, ma sarà condivisa e accessibile anche ai cittadini che vivono i luoghi pubblici (scuole, ospedali, uffici comunali etc). La connessione sarà inoltre accessibile tramite autenticazione SPID, innescando così un circolo virtuoso che avvicina i cittadini e Amministrazioni.

Il tema centrale rimane tuttavia la disponibilità e la facilità d’uso degli applicativi, in altri termini quello che può essere definito come il “gradimento” del servizio. Un sistema troppo complicato infatti, seppur sviluppato rispettando tutti i requisiti di interoperabilità, compatibilità, sicurezza, corre il rischio di non essere adoperato perché farraginoso o semplicemente perché troppo difficile da usare.

La domanda di servizi on line rimane inoltre condizionata dalla diffusione dell’utilizzo di Internet che è ancora a livelli significativamente bassi, specie se paragonati con le medie Europee; aumentare la diffusione di Internet (vedi WI-FI Pubblici) non può che giovare ad aumentarne l’utilizzo e di conseguenza incentivare il processo di digitalizzazione del comparto ICT.

Un ulteriore diverso che potrebbero essere a supporto del processo di Digitalizzazione, è quello di ripensare i processi ex novo, senza cercare di trasporli dal passato; ciò però implica di avere la forza di imporre i servizi digitali senza rappresentarli, come avviene oggi, solo come un mezzo alternativo a servizi già esistenti. In questa direzione una spinta importante può arrivare dal legislatore. È noto infatti, che i processi di adozione dei servizi online della Pubblica Amministrazione, sono fortemente condizionati dal loro livello di obbligatorietà.

Un altro strumento fondamentale (di cui si parla poco), oltre alle leggi, è costituito dall’insieme di progetti regionali, nazionali, locali, finanziabili con i fondi della Comunità Europea.

L’Italia purtroppo non brilla per le modalità con cui vengono sfruttati questi fondi, almeno così ci insegna la storia della vecchia programmazione 2007-2013, tuttavia i fondi strutturali europei costituiscono uno strumento fondamentale per innescare il processo di digitalizzazione del Paese.

Le piattaforme abilitanti infatti (ANPR, SPID, Sanità Digitale, Scuola Digitale, etc), possono essere in buona parte finanziate anche tramite progetti PON/POR (Programmi Operativi Nazionali/Regionali) a valere sui fondi Comunitari e non solo con risorse dello Stato. Tali iniziative sono infatti previste nelle singole Agende Digitali Regionali e nell’accordo di Partenariato notificato a Bruxelles. Il punto vero è che i fondi esistono, ma di progetti concreti sui temi ICT, e più in particolare sulla digitalizzazione della PA, ancora se ne vedono pochi, salvo nelle realtà eccellenti del Territorio.

La messa in campo di nuove iniziative a favore della digitalizzazione, che partano dalle Amministrazioni stesse, oltre a quelle già portate avanti da Governo e Agenzia, sebbene sia una strada percorribile e forse l’unica, purtroppo stenta ancora partire. Le premesse tuttavia, anche se con un po’ di ritardi accumulati, sembrano ancora buone, non ci resta che sperare in uno “sprint” di iniziative locali e centrali, governate da un’unica regia, e di recuperare il terreno perso.


Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!